
Giornata di pioggia. Un grigiume, quindi il tempo ideale per riflettere, rimuginare, corrucciarsi, bere il tè e prendere decisioni seguendo il proprio cuore. O meglio, così dovrebbe essere, se solo non fossero decisioni che uccideranno il cuore a chi ti ti vuole bene, oppure a te.
Non c’è via di mezzo, quando si tratta di scegliere la propria felicità.
Dopo una notte semi-insonne di tachicardie e male al petto – l’ansia sta tornando a tratti, mi sa che sta cercando di dirmi qualcosa -, trovo l’email di una ragazza che mi segue da un po’. Il fatto che l’abbia intitolata “Pensieri per una mente pazza” mi fa pensare che la mia reputazione sul web è delle migliori: un bel modo per cominciare la giornata!
Leggendola, scopro di non essere la sola a trovarmi a un bivio, un bivio singolare:
Posto fisso sì o no?
“Ciao sono Erica… seguo sempre le tue avventure ed ho bisogno di dire delle cose a te. Già ci siamo sentite un anno fa, dovevo partire, ma per una serie di cose sono rimasta dov’ero. Quindi, PER FARE LA BRAVA, ho fatto un concorso in Italia come operatore socio-sanitario, vinto con un buon piazzamento. Una di quelle cose che da un lato appagano, dall’altro mi chiudono il respiro. Cose che si fanno per i genitori, posto fisso… ormai hai 40 anni… non puoi stare a far la rom a vita… allora accetti. Sono tornata a Maiorca, dove mi ero trasferita dopo la fine (turbolenta) di un amore. Ora: qui lavoro con uno stipendio bassissimo… 100mt dal mare… respiro… senza pressioni… fino a ieri: “Le comunichiamo che sarà assunta A TEMPO INDETERMINATO in un ospedale” nel freddo… umido… triste… Piemonte. Posto fisso… per i prossimi 20 anni fino alla pensione. …ed a me? Mi si chiude lo stomaco, non dormo la notte e l’idea di finire in un posto PER TUTTA LA VITA mi angoscia. Secondo te…… sono pazza? Ho l’impressione che se tornerò, la mia mente si appiattirà… niente più stimoli se non le settimane di ferie… mi viene l’ angoscia. La vita e’ davvero il posto fisso?”
Cosa fare quando ciò che vuoi va contro le aspettative della tua famiglia?

Io ed Erica facciamo parte di quella nutrita schiera di persone che farebbero tranquillamente le rom tutta la vita, se solo non fossero ancora legate alle aspettative che i genitori hanno su di loro: un invisibile cordone ombelicale che le corrode dentro.
Emma Bonino, in un video su CorriereTV, ha detto: “Tagliate i lacci che impediscono alle donne di crescere: il mio era mio padre. Non osavo dirgli quello che volevo, non era quanto lui si aspettava”.
– Ma sei pazzo? C’è gente là fuori che farebbe di tutto per avere un posto fisso, e tu ci sputi sopra.
– Tienti stretto il tuo lavoro! Poi non troverai più niente e farai la fame!
– Lasciare il posto fisso è da folli! Cadresti dalle stelle alle stalle! Guarda che oggigiorno un contratto a progetto è il meglio che tu possa trovare, ferie, permessi e mutua non pagati, ti possono licenziare quando vogliono ma almeno ti assicurano la vita e ti versano un minimo di contributi seppur molto ridotti all’osso. La tua intenzione è degna del migliore kamikaze e del masochismo più scellerato! Dammi retta,sii realista, metti da parte le ambizioni, riversale e incanalale nel privato o in tutto ciò che può realizzarti al di fuori della carriera lavorativa, non cadere dalla padella alla brace, tu col tuo posto fisso devi ritenerti un privilegiato, vai fiero della fortuna, che almeno tu hai in pugno!
Queste conversazioni le scovai in rete qualche anno fa, e le tenni sul mio computer prima di prendere il mio primo anno di aspettativa. Ancora non mi ero (sono) licenziata, ma sapendo che il momento fatidico prima o poi arriverà (ci siamo quasi), le tenni per ricordarmi che io, invece, le mie ambizioni non le avrei mai messe da parte. Mai.
Ci si prospetta una vita sempre uguale fino a settant’anni, ma il problema non è una vita sempre uguale, bensì una vita che non vogliamo, che mal si adatta a ciò che noi siamo, allo stile di vita che vorremmo crearci.
I tre pareri riportati sono il frutto della paura; della mancanza di coraggio; o di personalità diverse da Erica, me e tanti altri che stanno vivendo in bilico tra il posto fisso e una vita di incognite, ma senza catene. Non sono da condannare: semplicemente, il lavoro stabile non è per tutti. C’è chi ama il tempo indeterminato, e chi no. Chi è il normale? Entrambi: capito questo, non c’è più nessuno da criticare.
Sarebbe giusto dire “Vai! Tenta! Vedrai che troverai la tua strada!” a chi viene l’orticaria al solo sentire la parola “fisso”; e dire “Ti vedo felice nel tuo lavoro a tempo indeterminato: che bello, hai trovato ciò che cercavi!”. Poi dare la benedizione, e amen.
INVECE NO.
Ci sono sempre un padre arrrabbiato, una madre apprensiva o un amico intollerante a minare le nostre già minate aspirazioni.
La nostra mentalità è stata plasmata dall’ambiente in cui siamo cresciuti. Questo ci porta a prendere decisioni che siano conformi a ciò che ci risulta familiare, che delimita quindi una zona di comfort dalla quale è difficile uscire, nei momenti di cambiamento.
L’origine dell’ansia – così come dei malesseri psicocomatici – va vista come un tentativo di ribellione della nostra vera natura a queste consuetudini. E’ come se dicesse: Ma tu non sei questo! Cambia! Trasformati! Reinventati! Trova il tuo spazio nel mondo!
E’ doveroso quindi liberarsi degli schemi mentali, per lasciar fluire chi siamo davvero. Rincorrere un sogno è doveroso, se vogliamo fare ciò per cui siamo venuti al mondo. Siamo venuti al mondo perchè siamo ottimi impiegati statali, in fondo ci piace e coltiviamo le nostre passioni nel tempo libero? Benissimo, facciamolo. Ma se sentiamo che un posto fisso ci sta stretto al punto che siamo diventati spenti, malaticci e senza entusiasmo, allora è giunto il momento di progettare una svolta. Tanto, la pensione in Italia non la vedremo più.
Lo scoglio sono loro: i genitori. Che spesso hanno aspettative diverse dalle nostre, e si aspettano cose che non possiamo o non vogliamo più fare. Quella dei miei genitori, poi, è la generazione del posto fisso, non posso pretendere che la pensino come me. Però è importante fare un tentativo ed essere più forte delle loro aspettative.
Non giudichiamoci sempre al ribasso: se ce l’hanno fatta altri, ce la possiamo fare anche noi.
Come scrive Lauretta di aygitana, “Quanto ci si mette ad annullare un volo e restare. Quanto ci si mette a dire un sì o un no. Quanto ci si mette a prendere finalmente il volo”.
Nel 2017 ho lasciato il posto fisso per inseguire i miei sogni. Seguire l’istinto significa avere l’onestà di volersi ascoltare, di non prendersi in giro.
Lasciate i vostri qui sotto: cosa ne pensate?
Lascereste un posto fisso per inseguire un sogno e le vostre passioni?
138 Comments
cara Sunday oggi mi trovi in uno stato d’animo diverso dal solito;come ben sai io sono decisamente dei vostri ed ho anche la fortuna di avere genitori che mi lasciano totalmente libera di scegliere la mia vita…ma. dopo un anno e mezzo di “libertà” che vorrei tanto continuasse nonostante non sia ancora riuscita a realizzare appieno i miei sogni,nonostante tutto questo dicevo,si sta facendo strada in me una consapevolezza tanto triste quanto vera: non posso continuare ad avere una indipendenza economica in questo modo. se non trovero’ soluzione a questo io sarò costretta a tornare al mio odiato posto fisso .non ti dico l’orrore che provo all’idea ma è altrettanto stressante presumere di vivere una vita nelle ristrettezze economiche di ora.insomma,il problema per me non è tanto posto fisso sì – posto fisso no ma quantita’ di soldi necessaria per vivere dignitosamente e con un po’ di attenzione al futuro. a questo che mi rispondi ?io navigo nel buio …
Ciao Patty, quando finirà il tuo periodo di aspettativa? Quanto tempo hai ancora?
In effetti se le tue condizioni economiche non sono ancora stabili nè tantomeno vicine al dignitoso, è dura continuare sulla strada intrapresa. Magari potresti pensare di tornare per un anno, mettere da parte altri soldi e poi ripartire: la legge te lo consentirebbe?
Il punto però è: sei sulla strada della realizzazione di ciò che avevi progettato, almeno un po’? Ci sono speranze di realizzarlo, o no? Se tu lo realizzassi, riusciresti col tempo a uscire dalla ristrettezza economica, o ti sei accorta che non sarebbe così?
Cara Sunday, la beffa è proprio che sono vicina al sostentamento dignitoso ma essere vicini non è essere autonomi. Io il 24 marzo 2015 dovrò o rientrare o licenziarmi , non ho altre alternative. Certo tra liquidazione e un po’ di liquidità ancora esistente potrei cavarmela ancora per qualche anno ma ho 40 anni e devo iniziare a pensare anche a situazioni un po’ più in là rispetto all’oggi. Che faccio se ho bisogno di rifarmi un dente, se devo cambiare macchina (che serve per andare a lavorare), se il fisico non mi sosterrà più come ora ? Ho dovuto mantenere mia mamma l’anno scorso mentre attendeva di iniziare a percepire la minima (490 euro) …che farò io che non ho figli nè avrò pensione? Il B&b è sfumato anche quello per una mera questione di soldi. Insomma, c’è poco da fare, molto gira intorno ai soldi. Anche il luogo più bello ed esotico diventa una gabbia se non hai di chè vivere. L’unico traguardo raggiunto al momento è il trasferimento in sardegna che se dovrò tornare in veneto fallirà pure quello… Insomma, lavoro da dipendente ce n’è poco e quel che c’è pagato male e non dà comunque prospettive future, il lavoro autonomo senza una buona base di liquidità non si riesce a realizzare. Purtroppo il mio background bancario mi impone riflessioni realistiche e spietate. Se l’azienda “pattylafiacca” ha più uscite che entrate e non ci sono prospettive di inversioni di tendenze a breve , l’azienda “pattylafiacca” dovrà chiudere i battenti ! Non mi arrenderò fino al 23 marzo 2015 e nemmeno dopo a dire il vero però sto imparando amie spese che entusiasmo, passione , preparazione e sacrificio non bastano.Almeno nel mio caso.
Cara Patty, ho voluto riflettere un po’ sulle tue parole. Domande:
1. Non c’è una sede della tua banca in Sardegna dove potresti chiedere il traferimento? Almeno potresti lavorarci per un anno e continuare a guardarti intorno (nel senso del tuo progetto, non di bighellonare ammirando i panorami 😉
2. Pensare di aprire il B&B altrove, fuori dall’Italia, aggiustando quindi il tiro? (credo di avertelo già chiesto sul tuo blog, ma non ricordo cosa mi avevi risposto… forse il freno imposto dal tuo boyfriend?). Oppure Sardegna o niente?
3. Se per aprire un’azienda “pattylafiacca” concreta e il B&B richiedono troppi soldi (l’Italia è un incubo), hai mai pensato di aprirti un tuo sito web e crearti una entrata alternativa? Del tipo infoprodotto: di cosa sei esperta, nel settore bancario? Dare delle risposte online alle domande che di solito la gente viene a chiederti/chiedere in banca. Corredato da una serie di video da vendere online con le tue personali dritte.
….(sospirone)…mi spiace rubare spazio nel tuo prezioso e positivo posticino; se divento troppo pesa la chiudiamo quì eh?!
In breve 1= no la mia banca esiste solo nel nord italia, nessuna speranza di trasferimenti (mandati comunque cv a tutte le banche sarde, sarebbe in ogni caso un modo per potermi intanto stabilire qui definitivamente).2= il mio compagno d’estate lavora in Costa Smeralda, abbiamo fatto tanto per riunirci, se me ne andassi saremmo di nuovo divisi.Opzione che comunque non ho ancora scartato del tutto anche se ormai non ho più liquidità per comprare nulla nemmeno in Burundi. 3= alternative? E’ più di un anno che tento di portare avanti 3-4 progetti ( http://maisoncreativa.blogspot.com e https://www.etsy.com/it/shop/LeCreAttive ) … di competenze ne ho a bizzeffe ma al momento mi hanno fatto guadagnare non più di 1.000 euro in un anno. Sono aperta a ulteriori suggerimenti , che ho fatto che non va? perchè nulla si muove? che posso fare?
Ma no, che dici? Non rubi lo spazio: lo spazio del mio blog è di tutti, aperto a pensieri positivi ma anche a chi ha bisogno di ispirazione/incoraggiamento nei periodi bui (me compresa): non saremmo umani ci andasse sempre tutto bene.
Quindi: l’opzione seconda scelta direi che sarebbe se una banca locale ti assumesse, per prederti del tempo. La prima scelta sarebbe il B&B, ma se non potresti manco aprirne uno in Burundi, la vedo dura, almeno nel breve termine. Ho guardato i due siti: il primo andrebbe implementato e legato a una campagna super sui social network per farti conoscere: la stai già facendo? Il secondo è molto carino, però temo che la concorrenza sia tanta, in quel campo di vendita. Quindi o ti apri un sito parallelo a Etsy in cui promuovi i prodotti anche da lì, o non so…
Secondo me, puntare sulle competenze bancarie con un infoprodotto mirato non sarebbe male. Per esempio: tutte le domande cui vorrebbe avere risposta la gente sui mutui o altre cose (io non me ne intendo, odio le questioni bancarie 😉 ), magari per vivere al meglio il momento di crisi. Cerca una nicchia di gente bisognosa di risposte. Il segreto è la nicchia. Potresti creare un sito giovane e dinamico, un forum, con te come figura di riferimento, bella/giovane/sveglia etc etc.
Però forse non hai voglia di utilizzare le tue conoscenze bancarie?
… ti ricordo che il 18 febbraio 2013 mi avevi scritto in un commento “(…) una gran quantità di lacrime e dei risvegli mattutini con attacchi di ansia che la dicono molto chiara in merito alla giornata da affrontare”. Pensa anche a come stavi prima, però. Non credo che tu abbia molta voglia di tornare a stare come allora…
Sunday, mi viene da morire all’idea.
Ciao Patty, ti capisco, vorresti utilizzare altri tipi di competenze e non quelle bancarie, per avviare un altro tipo di attività che magari per ora è poco più di un hobby ma ti appassiona molto di più.. Però come dice Ely se non la promuovi la tua attività nessuno ti verrà mai a cercare, perchè c’è troppa concorrenza. Devi riflettere attentamente su cosa sai fare bene, su cosa vorresti fare, e su cosa ha bisogno la gente; perchè a volte è più utile trovare un compromesso. Magari utilizzare le tue competenze bancarie senza andare in banca a lavorare, anche se in partenza non ti sembra una buona idea, potrebbe invece essere il punto di svolta.
La gente è letteralmente affamata di notizie disinteressate su cose di cui non capisce nulla e le cerca sul web. Pure io quando mi sono licenziata pensavo che non avrei più fatto la grafica, e pure adesso ho di nuovo volgia di mollare tutto. Ma la realtà è che è questo, quello che so fare bene, quindi o m’invento qualcos’altro e ci lavoro duramente, oppure cerco piuttosto una maniera diversa per veicolare la mia professionalità pluridecennale nel campo della grafica e della comunicazione. Una maniera che magari potrebbe anche essere molto più utile alla gente che cerca informazioni e che sa va in banca non se la fila nessuno oppure cercano di rifilargli qualche patacca che conviene solo alla banca stessa.. scusa per lo sproloquio! ciao Claudia 🙂
Ops…abbiamo finito lo spazio “risposte”… ultima possibilità di reply qui sotto…intanto ringrazio te e Mafalda per questo brainstorming ! Per le questioni bancarie la cosa è molto delicata (aldilà del fatto che non mi piace): bisogna stare più che attenti in questo settore perché bisogna essere titolati (broker/consulenti) , sostenere esami e qualificarsi altrimenti si può rischiare la denuncia, un po’ come in campo medico. Per l’altro discorso non sto qui a tediarvi ma ho fatto un supermega corso di MediaMarketing per cui ho sponsorizzato ben bene sui social le ” attività” e tra l’altro, anche in loco ho contattato praticamente tutte le agenzie immobiliari, le attività di ricezione turistica e infine ho tenuto una riunione di presentazione presso una federazione italiana di mediatori immobiliari (davanti a 50 persone!!!!) per presentare a Cagliari il mio progetto. Risultato: un lavoro effettuato gratis (solo se avverrà la vendita dell’immobile) e zero telefonate manco per chiedere informazioni. Penso che l’isola dove sono limiti un po’ le possibilità di movimento, siam ancora anni ’80 nel bene o nel male. Ve la faccio breve breve perché giustamente mica vi potete fare carico dei miei crucci però credete che le vie percorribili mi sembra di averle tentate tutte! qualche soddisfazione ma tant’è. Ti ricordi Sunday che mi hanno intervistata per l’Unione Sarda quando il mio blog è stato letto da 21000 persone in un giorno ?! Ecco, nemmeno quello mi è servito a nulla, anzi , a farmi una nuova amica (che ora è andata a vivere a Lipari- noi donne avventurose…) e basta. Qui non c’è interesse né voglia di modernità e dove c’è non ci sono le disponibilità economiche… Sapete che c’è? Perché non facciamo un Post su questo tema? Il re-inventarsi, le realtà italiane europee modiali ecc….
Mi spiace molto per tutto. E’ evidente che, come dici tu, la Sardegna sia ancora indietro. Capisco che tu voglia rimanere là per questioni di cuore, altrimenti potresti rivedere i tuoi progetti in un’altra regione/città/Paese.
Il re-inventarsi è una questione molto delicata. Magari un giorno ne faccio/facciamo un post…
Sono d’ accordo col ” viviamo la nostra vita, troveremo la nostra strada”, sto cercando di farlo ma mi rendo conto che a volte, come dice patty la fiacca, si è costretti a tornare al posto fisso per avere un’ indipendenza economica! Questa è anche la mia più grande paura, sono sicura di voler girovagare e sono pronta a lavorare duro per riuscire a farlo ma a volte la fortuna non è dalla nostra parte e allora cosa si fa? Si torna a casa da mamma e papà?Non lo so…preferisco pensare che una soluzione la si possa trovare sempre!
Ciao Erika: innanzitutto complimenti per il tuo sito, è originale, la grafica è super, andrai lontano! 😀
Anch’io sono pronta a lavorare duro per non dover tornare a un posto fisso che mi toglierebbe il respiro. Qualcuno mi ha scritto privatamente dicendo “Se sei così infelice ed hai un’alternativa per vivere, lascia il posto ad uno /a non pazza né insofferente ai superiori”. Mah, io non sono insofferente ai superiori, mai stata. Però preferisco costruirmi un’alternativa al lavoro a tempo indeterminato, se possibile.
Tornare da mamma e papà mai: vista la mia esperienza finora, una soluzione si trova sempre, sai? La situazione di Patty è più delicata e particolare in quanto lei ha un sogno nel cassetto molto grande, e non è in aspettativa per accettare lavori in giro per il mondo.
Tu, intanto, continua così! Dal tuo blog vedo che sei lanciatissima e piena di entusiasmo!
Forse un mattino andando in un’aria di vetro,
arida, rivolgendomi, vedrò compirsi il miracolo:
il nulla alle mie spalle, il vuoto dietro
di me, con un terrore di ubriaco.
Poi come s’uno schermo, s’accamperanno di gitto
alberi case colli per l’inganno consueto.
Ma sarà troppo tardi; ed io me n’andrò zitto
tra gli uomini che non si voltano, col mio segreto.
e ancora:
Ho visto abbastanza. Ho avuto la visione in tutti i cieli.
Ho avuto abbastanza. I suoni delle città, nella sera, nel sole pieno e sempre.
Ho conosciuto abbastanza cose. La vita si ferma – O suoni e visioni!
Una nuova partenza verso nuovi amori e nuovi suoni.
Andre! Che bello leggerti e sapere che (da quanto colgo) anche per te la speranza è l’ultima a morire. Vedrai!!
E grazie per aver condiviso quelle parole profonde, che mi danno da riflettere.
Cara Elisabetta è già un po’ che ti seguo e ti ammiro per il tuo coraggio, per il tuo spirito, per la tua sana follia. In tutte le foto sei lo specchio della felicità, è palese che hai fatto la scelta giusta. Vorrei farlo anche io ma la paura è tanta..anche se, come dicono i saggi: “l’ azione vince la paura”…
Ciao Melania! Sì, l’azione vince la paura, è proprio vero! Restiamo paralizzati finchè non mettiamo il primo piede fuori della porta. Poi è tutto un andare, e non ci si ferma più.
Cerco sempre di essere felice, anche se questo non è un periodo dei migliori per me, in quanto la scelta DEFINITIVA (licenziarmi) non l’ho ancora fatta. Però quando partii due anni fa feci la scelta più giusta che potessi fare. Grazie per le tue parole! E vedrai che anche per te verrà il momento di fare quel primo passo che ti cambierà la vita.
Grazie Eli di avermi segnalata, te ne sono riconoscente, credo che non è umano rinunciare alla vita stessa in nome di un lavoro solo x accumulare contributi, io i miei soldi preferisco guadagnarmeli diversamente, xké non ci accorgiamo che siamo incatenati ai nostri stessi confort che ci richiedono sacrifici, si dà un prezzo a tutto e la vita vera perde valore, è il modello che la società impone, ma chi la forma la società? Se la maggior parte della gente vive nell’ incoscienza e gli va bene tutto come sta basta avere la tv, l’auto bella e andare al cinema al sabato sera, capite bene che ogni discorso sensato sfuma x questo tipo di umanità. Non voglio peccare di presunzione è semplicemente il mio parere.
“Rinunciare alla vita solo per accumulare contributi”, “incatenati dai nostri stessi comfort”: mmh, hai espresso bene i concetti, la prossima volta prima di scrivere un post ti consulto 😉
Sono d’accordo con tutto ciò che hai scritto, e se la maggior parte delle persone vive nell’incoscienza, è bello che ci siano persone che hanno voglia di andare controcorrente. Il mondo si cambia così: a piccoli passi.
Grazie Eli che hai apprezzato, la cosa migliore x farci capire chi siamo davvero è scrivere la scaletta delle priorità che x ognuno è diversa ma leggendola ci conosciamo di più e rivediamo i nostri punti d vista nonché d partenza. Da che punto guardi il mondo tutto dipende no?! 🙂
Sai che non ho mai scritto una scaletta delle mie priorità? Le ho in testa, ma mai le ho scritte. Bella idea: domani lo faccio, così da ricordarmi da dove sono partita e dove sto andando. Thanks! 😀
Poter essere di aiuto per quanto possibile è il mio scopo nella vita. Come fai anche tu.
Brava Laura! 😀 😀
ciao Eli Sunday, so perfettamente cosa intendi quando parli delle aspettative dei tuoi genitori. Per me e’ stata la stessa cosa, loro erano il mio principale scoglio, Mi ricordo ancora l’ansia che avevo quando 9 mesi fa circa mi sono seduta sul divano davanti a loro e ho sputato il rospo.. Mi tremava la voce, Sapevo che stavo per dare loro un grande dolore, visto tra l’altro che io ero la seconda figlia che mollava tutto per andare via.. nemmeno un figlio “normale” su due, pensa un po’! Ma sapevo anche che quella era l’unica decisione che potevo prendere.
Non quella giusta, proprio l’unica.
Sorpresa delle sorprese: dopo lo sconcerto, i pianti, i “ma non puoi essere come tutte le ragazze normali” i miei si sono quietati e ora che mi vedono felice lo sono anche loro. Anche se vorrebbero ancora avermi a casa.
A luglio torno in italia per qualche mese, ma poi ripartiro’.. ormai faccio fatica a immaginarmi di nuovo in quel contesto. Ma per me in un certo senso e’ piu’ facile, visto che non ho nessun posto fisso a cui rinunciare. Di soldi ancora ne girano pochi, ma per fortuna esistono posti al mondo dove la vita costa molto meno cara che in italia 🙂
un abbraccio a te e a tutti i coraggiosi che decidono di essere felici!
p.s. chiedo venia per l’ortografia, ma la tastiera thai non contempla gli accenti 😉
Leggere il tuo commento mi conforta, Simona: tu sei una di quelle che ha mollato tutto e ce l’ha fatta.
E’ vero: spesso non si deve prendere la decisione giusta, ma l’unica possibile.
Anche i miei hanno cambiato atteggiamento nell’ultimo anno, pure mio padre che era lo scoglio duro della situazione. Però non credo proprio che nè lui nè mia mamma immaginino che io stia meditando di licenziarmi dalla scuola. Lì sarà un dramma.
In bocca al lupo per tutto, e restiamo in contatto!
ps. Perdonata per gli accenti: una volta in Birmania mandai una mail da un internet pubblico a un’amica, mail che poi fece il giro di tutti i suoi amici, tanto era illeggibile 😉
Ciao Eli, io il posto fisso ed indeterminato ce l’avevo e l’ho lasciato, era il 2002, dopo 16 anni di lavoro dipendente ero esaurita. Sul momento non avevo un progetto alternativo, ma almeno c’era il reddito di mio marito, è stata una decisione presa insieme. Dopo qualche mese che pensavo e riflettevo con calma, ho deciso di aprire partita iva e continuare con il mio lavoro che mi piace, ma lavorando in un modo a me più congeniale.
É stata la scelta più importante della mia vita, dico sul serio, ma bisogna avere un progetto alternativo, un altro reddito in famiglia, oppure dei risparmi da parte, insomma un “paracadute”. Altrimenti per forza che i genitori si preoccupano, se non vedono nulla di concreto in alternativa (non so se sia questo il tuo caso, che non hai un progetto alternativo).
Il fatto è però, che dopo circa 12 anni, sono di nuovo qua che rimetto in discussione tutto, per motivi diversi, e credo di aver capito una cosa: una volta che uno inizia ad andare per la sua strada, e dice no all’esaurimento, alla malattia (perchè a questo ti porta vivere in un modo che non fa per te), poi le decisioni non è che sono già belle che prese per il resto della tua vita. Ci saranno altri cambiamenti ancora, e necessità di prendere altre decisioni, ed è giusto che sia così. Ma se uno non comincia rimarrà per sempre attaccato al suo palo, andando avanti a forza di medicine o altro per non pensare e “resistere”.
Noi adesso dobbiamo prendere quest’altra decisione, siamo in due io e mio marito e la decisione difficile stavolta dovrebbe prenderla lui, cioè lasciare a sua volta il posto fisso (e molto ben pagato…)., ed un progetto alternativo ce l’abbiamo già.
Si vive una volta sola e tutto può anche finire da un momento all’altro, come mi ha insegnato il mio recente incidente che ancora mi tiene inchiodata ad una sedia a rotelle dopo 2 mesi!!! abbiate cura di voi stessi e spiegate bene ai vostri cari che cosa volete fare, senza rompere con loro, perchè le persone care sono importanti.
Ciao Eli in bocca al lupo
Grazie Mafalda per lo splendido messaggio e la testimonianza che hai lasciato qui. Dovremmo tutti farne tesoro. Anch’io avevo detto no alle malattie (gastrite cronica, reflusso gatrico…) quando ero partita. E’ vero: i farmaci servono per farci resistere. Ma la vita non deve essere una resistenza!
Hai ragione, non bisogna rompere con i propri cari: i miei continuano ad essere un punto di appoggio affettivo e morale, sia quando sono via che quando torno; e nonostante i musi, non hanno mai smesso di esserci.
L’alternativa, l’anno scorso ce l’avevo, ed è la stessa di quest’anno. Non posso però dire di essere soddisfatta: fare la guida turistica in Oman, da settembre, sarebbe solo un lavoro per potermi mantenere viaggiando e scrivendo, ma non mi fa alzare la mattina e dire “Sono felice! Era quello che volevo!”. Il mio obiettivo è scrivere, ma ancora non l’ho raggiunto. Però certo, i miei genitori sapendo che avrei un’entrata, non si sono lamentati, perchè sono più tranquilli.
Mi hai fatta riflettere sul fatto che non si raggiunge affatto una stabilità, una volta fatta la scelta: io lo scorso inverno ho passato mesi a rimuginare sul fatto che non ero ancora arrivata a niente, che dovevo insistere ancora, e reinventarmi una strada.
Io sono da sola, quindi non ho altri appoggi economici. Quando partii, avevo dei risparmi da parte, non troppi, ma abbastanza per sostentarmi almeno sei mesi nel sud-est asiatico. Però mi hanno scritto un paio di ragazze che sono partite con pochissimi soldi da parte, e ce l’hanno fatta lo stesso. La forza sta in te, nelle motivazioni che ti fanno scegliere una vita più libera.
Fammi poi sapere tu e tuo marito che scelta avete fatto.
In bocca al lupo anche a te, e rimettiti presto: mi spiace sentire che ancora sei sulla sedia a rotelle.
Grazie! 🙂
Stamattina mi è capitato tra le mani un libro letto anni da dell'”analista selvaggio” Georg Groddeck, “Il libro dell’Es”. In un passo dice: “Se una lieve indisposizione non basta a risolvere o rimuovere il conflitto, l’Es ricorre a disturbi più gravi, alla febbre che ci costringe a casa, alla polmonite o alla rottura di una gamba che ci inchiodano a letto.(…) La malattia ha uno scopo, quello di risolvere un conflitto”.
Ecco. Risolto il conflitto, ti auguro di buttare la sedia a rotelle alle ortiche e ripartire grintosa più che mai.
Il famoso conflitto di cui parla anche il dottor.Hamer nel libro: medicina sottosopra, consiglio vivamente la sua lettura. Alla fine è la disposizione mentale che se negativa provoca le malattie.
Sono andata a leggermi di cosa parla questo libro, sembra molto interessante: lo leggerò! Grazie per avercelo segnalato, Laura: e sono d’accordo con te che le malattie nascono prima nella nostra mente.
È proprio vero, cogliere l’attimo finché ne abbiamo la forza e il tempo xké nn s sa km evolve il futuro. Noi siamo fatti d presente ed è ora ke s deve decidere. Complimenti x la forza d’animo 🙂 auguri di stare bene su tutti i fronti
Ciao ELY, le sensazioni e le idee di cui parli su questa pagina mi rispecchiano alla grande! Ho appena lasciato un posto fisso, dopo 8 anni…. scelta premeditata da tempo, a cui ho pensato molto, ma fino a ieri avevo sempre ascoltato chi mi diceva “tieniti stretto il tuo lavoro che c’è tantissima gente disoccupata e non troverai più un posto fisso a breve in italia”.. ma oggi è il giorno giusto, sono appena rientrato da un viaggio fatto da solo, dove ho trovato il tempo di pensare a me stesso e a chiedermi cosa veramente voglio dalla mia vita….ebbene si, decisione presa… lascio un posto fisso per inseguire la mia felicità e quello che veramente voglio…
evvai, un altro! non posso farne a meno, quando sento che qualcun altro ha deciso di smarcarsi mi gonfio, letteralmente, di felicità!
IDEM! 😀
EVVIVA! Che gioia leggere parole come queste: trasmettono il profumo della libertà, degli spazi aperti, e la gioia di poter trovare la propria strada. Sei coraggioso, ti faccio i miei complimenti Alessandro. Hai gà un’alternativa al posto fisso? Raccontaci!! Mica vorrai lasciarci in sospeso così, eh? 😀
Devo finire alcuni esami per completare la laurea in economia, iniziata da lavoratore, mi sono dato come obiettivo un anno per laurearmi, e penso che ce la farò! Voglio completare il corso di studi per non avere più vincoli in Italia e poter partire tranquillo! Appena finiti gli studi la mia prima destinazione sarà l’Australia, dove farò un working holiday visa (1 anno), avendo meno di 30 anni! Non mi sono mai sentito così motivato, ora sento che sto facendo quello che voglio veramente! 😀
Bravo Alessandro, fai bene a finire gli studi in modo da avere una laurea nel cassetto che un giorno potrebbe tornarti utile. Se hai meno di 30 anni approfitta del working holiday visa australiano: l’avrei fatto anch’io avessi avuto la tua età quand’ero partita!
Non cè sensazioe più bella del senitire di stare per fare ciò che davvero si vuole 😀 In bocca al lupo!
[…] “Voglio lasciare il posto fisso: Sono pazza? No: Hai il cuore nomade” del blog “Too happy to be homesick” […]
Navigando fra blog sono arrivata qui. … mi sono rivista tanti anni fa..
Ho fatto la vagabonda per circa 6 anni dopo la laurea, grazie ai mie nonni e alla contingenza economica favorevole degli anni 80.
Partivo sull’onda dell’emozione destata da una fotografia o di una chiacchierata con qualcuno o semplicemente puntando il dito sul mappamondo… (sì proprio sul mappamondo) … tornavo raramente (5 volte in 6 anni) talvolta per nostalgia talvolta per necessità pratiche. Il mio viaggiare era leggero, non cercavo una vita alternativa, volevo solo conoscere, conoscere e conoscere ma con una convinzione ben precisa: non sarebbe potuto essere per sempre!!!
Perché si invecchia, perché a volte ci si ammala, perché vagabondare a volte è fuggire a se stessi e perché alla fine tocca comunque stabilirsi in un posto e fare i conti con le necessità pratiche.
Sono stati anni bellissimi ma irripetibili, chi oggi sceglie una vita di vagabondaggio deve avere le “spalle forti”, magari una buona assicurazione sanitaria e dei discreti risparmi ben amministrati, certo ci si può sempre arrangiare con “lavoretti temporanei” che magari in cambio ti danno vitto e alloggio ma sappiate che anche per questi oggi, nel mondo, c’è una spietata concorrenza perché la vita “on the road” è diventata difficile e a volte pericolosa.
Quando mi sono fermata, ho trovato un posto fisso, anche ben retribuito, perché allora era più facile e me lo tengo stretto felice della routine che ne deriva e consapevole di aver visto un mondo che forse non esiste proprio più!!!
Quindi il mio consiglio è: se non avete vinto la lotteria abbracciatevi il lavoro che avete trovato e cercate di rendervelo interessante!!!
E’ molto interessante il tuo commento, Alice, punge un po’ sul vivo e aiuta a riflettere. Infatti – da ieri che l’hai postato – ho riflettuto.
Il racconto del tuo vagabondaggio descritto all’inizio del commento mi ha ricordato il mio girare per l’Asia di un paio di anni fa, quando anch’io puntai il dito sul mappamondo più di una volta. L’hai descritto in modo suggestivo: mi sembrava di vederti! E anche di rivedere me. Concordo con te: prima o poi occorre fermarsi da qualche parte, sempre che non si riesca a trovare un lavoro particolare che permetta di viaggiare spesso (è possibile, qualcuno ci riesce anche, soprattutto chi si crea un business online). Credo che chi scelga di partire sia sempre una persona dalle spalle forti, altrimenti non troverebbe il coraggio di mettersi on the road. E la strada fa poi da sè una selezione naturale: c’è chi non è abbastanza forte e se ne accorge solo viaggiando, e decide magari di tornare indietro, o sceglie poi una strada meno difficile.
I lavori/lavoretti temporanei (come possono essere, in molti casi, anche quelli dell’insegnamento dell’inglese all’estero), da ciò che leggo e incontro sulla mia strada, ho notato che sono di solito il calcio d’inizio per dare una svolta alla propria vita: poi, camminando, si comincia a capire cosa si vuole davvero, e solo allora si va alla ricerca del lavoro giusto, adatto alla propria personalità. Sì, credo che il mondo che hai visto tu non esista proprio più, sei stata fortunata! Non so se alla fine tu abbia trovato un posto fisso in Italia o altrove, ma sono felice che tu abbia poi trovato una realtà che ti abbia dato serenità dopo tanto girovagare.
Permettimi però di dissentire dall’ultima frase del tuo commento: io credo che se una persona ha un posto di lavoro che la fa stare male, sopravvivere e non vivere, e per nulla adatto a ciò che è, è giusto e doveroso che si metta alla ricerca di altro. Credimi, non è facile rendersi interessante un lavoro, quando il tuo corpo ti urla ogni mattina che non fa per te. Voler lasciare un lavoro a tempo indeterminato non credo sia un capriccio: è un’esigenza. Viaggiando ho capito che le porte si aprono, se le vuoi aprire: per me, in un anno, si sono aperte le strade per ben tre lavori.
Grazie per aver lasciato qui la tua preziosissima opinione ed esperienza!
Cara Eli, il commento di Alice è di sicuro interessante e riflessivo…ma credo che persone come te, me e molte altre non decidono di vagabondare solo per il gusto di conoscere il mondo ma anche per quella punta d’irrequietezza che ci accompagna sempre e che talvolta ci trova impreparate e ci fa soffrire quando sostiamo più di un certo periodo in un posto, facendoci rinascere di nuovo la voglia di ripartire. Io sono tornata come sai da poco dal Portogallo, quando ero là non avevo voglia di fuggire, da quando sono tornata questa voglia è quasi quotidiana. So che posso non essere capita, ma credo sia una questione di animo, di sangue, che vuole sempre stare in movimento e teme la staticità, la routine…e il posto fisso. Forse andando avanti nel cammino della vita potremo cambiare idea (anche se spero di no) ma la nostra essenza volenti o nolenti è questa. Bisognose di andare sempre come zingare, come nomadi, inventandoci la vita giorno per giorno. Io non so cosa faccio durante la giornata, spesso lo scopro solo un secondo prima, magari grazie a una telefonata, a qualcosa che leggo, a una persona che viene a trovarmi. La vita credo sia tutto fuorchè stabile e equilibrata. Piuttosto è come un bell’astratto su cui incontri moltissime curve e il mare quando meno te l’aspetti ti porta tra le onde. Scusate la poesia, ma in fin dei conti cosa significa vivere davvero?!
Leggendo tra gli articoli del tuo blog, credo che io e te la pensiamo in maniera molto simile! Adattarci ad un mondo che non ci appartiene e accettare un posto fisso non è quello che voglio nella vita; ne ho rifiutati ben 4 negli ultimi 6/7 mesi e spesso scelgo la strada più difficile da percorrere che è anche quella che mi regala più soddisfazioni! Quindi quello che suggerisco di fare quando tutto quello che ci circonda comincia ad andarci stretto è avere il coraggio di rinunciare a quello che fino a quel momento abbiamo creduto fosse giusto e inseguire i nostri sogni 🙂
Ciao Gianluca! Anch’io ho rifiutato, in questi tre anni, alcune proposte di lavoro a tempo indeterminato o almeno molto lunghe, che mi avrebbero legata. Non è mai facile rinunciarci, ma se si hanno dei sogni come i nostri, è indispensabile farlo, anche gradualmente, ma poi bisogna scegliere.
Sempre seguire le proprie passioni!
its TRUE
😀 Glad you agree with me!
I ALWAYS WITH YOU I MEAN AGREE HE EH HEEE HE
ah ah!
Ciao a tutte.. Leggendo qua e la ho trovato questo articolo, mi rispecchia in pieno.. Conduco una vita che definisco di cacca.. Il lavoro lo odio, non mi fa stare tranquilla .. Vivo nell ansia.. E la cosa si è accentuata da quando sono tornata dalle ferie.. Non mi riprendo più .. In più viaggio x andare a lavoro (1 ora ) e viaggio x andare dal mio ragazzo.. La nostra è una storia a distanza .. Ci vediamo una volta a settimana da quando ho vinto questo maledetto concorso e sono stata trasferita.. Prima vivevamo assieme.. In pratico vivo bene solo quando quella volta a settimana vado da lui e non a lavoro .. Sto seriamente pensando di mollare tutto e andare all estero.. Il mio ragazzo vorrebbe molto.. La famiglia mi ostacolerebbe perché il mio è il cosiddetto posto fisso statale irrinunciabile da 1600 euro al mese.. Ed io.. Mi sento in trappola..
Ciao Sara, che situazione! Capisco molto bene come ti senti, sia la sensazione di essere intrappolata in un lavoro che non ti va bene, ma è fisso e dunque fa contenta la famiglia, sia quella di stare bene solo quando vai via da lì e non lavori. Il lavoro è una cosa che ci riempie gran parte delle giornate della nostra vita: se viene vissuto come un peso insopportabile, bisognerebbe avere il coraggio di fare luce dentro di sè e vedere come cambiare le cose. Pian piano, ma senza aspettare un decennio di logorio interiore.
So che c’è chi ti direbbe che 1600 euro al mese al giorno d’oggi… e il posto a tempo indeterminato… ma se la cosa comincia a pesare, non ci sono soldi che tengano: ne va della tua salute. Giusto?
Quindi, mi sembra di capire che il tuo ragazzo verrebbe con te. Cosa fa lui? E’ anch’egli intrappolato in un posto fisso che non lo soddisfa? So che la famiglia ostacola queste cose, perchè appunto come dici bene tu, il posto statale nella loro concezione è “irrinunciabile”. In realtà, non lo è: nessun lavoro è irrinunciabile, se ci fa stare male.
Whatever we are waiting for – peace of mind, contentment, grace, the inner awareness of simple abundance – it will surely come to us, but only when we are ready to receive it with an open and grateful heart.
“Make someone happy, then you’ll be happy too.”
Ciao a tutti,
Cara Sunday grazie per gli spunti, le riflessioni e l’esperienza che hai condiviso, per chi attraversa un periodo di riflessione, e si stente ad un bivio, confrontarsi è di fondamentale importanza.
Mi spiace tanto per Pattylafiacca, ho visitato il suo blog e mi è piaciuto tantissimo, leggere le sue parole di sconforto mi rattrista, sinceramente.
Io FACEVO parte della schiera “posto fisso e tranquillità”, convinta di poter ottenere soddisfazioni al di là del lavoro. Peccato che questo famigerato posto fisso l’abbia trovato in un posto che non mi piace. Non dico che faccia schifo, ma io non riesco più a viverci.
Dopo l’università sono “scappata” dalla Sardegna senza nemmeno aver tentato di trovare lavoro, tutti non facevano che dire “non c’è lavoro” tanto vale ho fatto i bagagli e sono partita. Dopo dieci anni però, le cose sono cambiate. Ho iniziato a non dormire, ho perso il sorriso, ho avuto qualche episodio di ansia, non sopporto l’idea di alzarmi e andare in ufficio.
Voglio tornare in Sardegna, intanto cerco lavoro ma sono sincera, non penso di trovarlo. Ho pensato di mettere su una piccola attività, in questi mesi devo valutare le condizioni economiche, e poi si vedrà.
MA, trasferimento equivale a lasciare il posto fisso, dopo 7 anni, di cui gli 4 mi sono sembrati tripli, a 33 anni (non a caso gli anni di Cristo=calvario emotivo).
Ah, in questo progetto è incluso il trasferimento insieme al mio fidanzato, che mi appoggia, e questo mi rende stranamente ancora più ansiosa perché se dovessi fallire, trascino pure lui.
So solo che questa non è la vita per me, e devo assolutamente darmi una possibilità, dopo una vita da “brava ragazza che accontenta tutti, tranne se stessa”.
Un abbraccio a tutti quelli che hanno avuto il coraggio di buttarsi, e a quelli che ci stanno pensando.
Michela
Brava Michela! Non farti troppo influenzare dalle mie parole ma vai avanti con i tuoi progetti !!! L’unica cosa che mi permetto di consigliarti è di lasciare perdere la ricerca di un lavoro da dipendente qui in Sardegna: non sono dignitosi sotto molti aspetti e non hanno prospettive. Se hai un tuo progetto però … buttati ! In bocca al lupo e fammi sapere se torni in sa Sardinia . A sibiri
… però fatti pure influenzare dal coraggio e la tenacia di Patty, che come lei ce ne sono poche.
Ciao Michela, grazie per aver lasciato qui la tua interessante testimonianza.
Io credo proprio che tu sappia già ciò che devi fare: quando la vita diventa un calvario emotivo, bisogna provare a dare una svolta. Posto fisso e tranquillità non sempre coincidono con benessere emotivo. Se il luogo o le persone o altri fattori ci rendono la vita e quel lavoro insopportabili, è inutile tergiversare: perdere il sorriso e cominciare con attacchi d’ansia sono i sintomi che avevo anch’io prima di partire qualche anno fa.
Se il tuo fidanzato ti seguirebbe nel tuo progetto, vuol dire che lo approva e ne vuole fare parte, anche dell’eventuale fallimento. Se tu lo trascinassi, invece, sarebbe diverso. Provateci! La brava ragazza che accontenta tutti tranne che se stessa è sul punto di morire. Una nuova Michela sta nascendo: lasciala venire fuori nel suo splendore, che la vita è troppo corta per viverla senza il desiderio di alzarsi al mattino e spaccare il mondo col sorriso e gli occhi luminosi.
In bocca al lupo e fammi poi sapere, ci conto!!
Grazie per le vostre parole di incoraggiamento!
Pattylafiacca credo tu abbia perfettamente ragione, trovare un posto da dipendente è quasi impossibile, quello che c’è è mal pagato, io ci provo lo stesso, lo scopo sarebbe trovare anche un part time all’inizio come entrata aggiuntiva.
In realtà, dopo il lungo periodo che sto passando, di lavoro dipendente non vorrei nemmeno sentirne parlare! Non mi diverte “sputare dove mangio”, ma se questa vita mi riduce così, semplicemente non è vita.
Eli Sunday a novembre/dicembre potrò constatare di persona se avrò la possibilità economica (maledetti soldi) per iniziare il mio, anzi il nostro progetto. Il mio fidanzato è entusiasta all’idea, ed è pure più ottimista di me sulla fattibilità economica. Lui è sempre stato “allergico” al posto da dipendente, e a distanza di molto tempo, sono riuscita a capire cosa prova. Prima di questo calvario emotivo per cui stare in ufficio per me è diventato un incubo, non avevo mai preso seriamente in considerazione l’idea di avere un mio progetto, ero una persona da “posto fisso”, l’alternativa mi sembrava troppo rischiosa e azzardata.
Ma le persone cambiano, la vita, le esperienze, il tempo mi hanno cambiata: ho dovuto riconoscere il fatto che per 6 anni ho cercato, invano, di adattarmi ad un posto, a persone, ad un lavoro che non mi piacciono. Ho aperto gli occhi quando ho capito che non dormire bene per mesi, ormai anni, non era causato da semplice stanchezza, ma da un malessere emotivo profondo (che poi, nemmeno essere stanchi per sei anni, è normale).
Immaginate la mia trepidazione da qui a novembre/dicembre?!? Solo l’idea di cambiare vita mi da energia, ma l’idea non mi basta, io voglio cambiare! Voglio alzarmi la mattina e sapere che faccio qualcosa per me, che mi dia soddisfazione, per la quale valga la pena fare sacrifici, e farlo in un posto che mi piace e circondata dalle persone che mi piacciono.
A chi mi dirà “sei pazza a lasciare un posto fisso” …..non risponderò nemmeno! Perché se uno non ci è passato non può capire (come me anni fa), e se ci è passato, una cosa del genere non te la dice!
Ed eccomi qua.. nella tua stessa situazione.. in un certo senso almeno.
Mi ritrovo a voler lasciare il mio posto fisso (da infermiera) non perchè mi faccia schifo il posto fisso, ma perchè dove mi trovo adesso non ho più stimoli, passioni.. mi sento costantemente in gabbia e in conflitto con me stessa ed i colleghi.. La mia occasione è quella di raggiungere il mio compagno nella sua città, volendo comunque mantenere (per ora) la mia indipendenza: appartamento mio insomma (per la convivenza se ne parlerà più avanti). Per una serie di ragioni che non sto a spiegare, mi sono trovata in conflitto coi datori di lavoro e questo ha ampliato il mio desiderio di uscire da questa gabbia e trovare un’altra strada altrove. Insomma è proprio crisi.. Quando sei in crisi ti dicono fermati, non fare colpi di testa, poi te ne penti.. e lo capisco.. ma io so bene da dove nasce la mia crisi.. e dopo aver tirato avanti per qualche anno, adesso sono al limite. Lo so bene che lasciare un posto fisso e partire per una città nuova non è semplice.. il lavoro non te lo tirano dietro.. e passare dal fisso al.. boh.. chi lo sà.. non è il massimo della vita in questo periodo.. ma se non lo faccio adesso, non so se avrò più il coraggio di farlo in futuro.. E la famiglia che mi da della pazza, la gente intorno pure, ma cosa faccio? Mi autodistruggo continuando a farmi del male qua? Non sono masochista.. Eppure ho paura.. le voci attorno a me mi mettono in difficoltà.. e non so davvero cosa fare. Voglio andarmene, ma se avessi già la certezza di un impiego, almeno metterei a tacere quelle voci.. quei giudizi.. che in questo momento mi stanno martellando.
Accetto consigli.. ma non ditemi di rimanere dove sono.. perchè ne ho sentite già troppe di uscite come quelle.. 🙂
Ciao Maya!
Perché dovrei consigliarti di rimanere dove sei, quando il tuo cuore ti sta dicendo che sei al limite e hai bisogno di un cambiamento? Lungi da me! 😉
Ormai ti senti in gabbia, e non sarebbe un colpo di testa, l’hai detto bene anche tu: tu sai da dove nasce il tuo malessere, la tua crisi, e solo tu sai cosa ti farebbe stare meglio. Ne puoi uscire solo ascoltandoti e prendendo una decisione in merito a ciò che hai sentito.
Capisco la faccenda del licenziarsi e del buttarsi senza una rete protettiva sotto.
Domanda: poiché hai un posto a tempo indeterminato, non hai la possibilità di prenderti un anno di aspettativa o sabbatico? Così, prima di licenziarti, vedi se riesci a trovare un’alternativa lavorativa a questo posto che ti sta soffocando.
Bella l’idea di rimanere indipendente nel tuo appartamento, se è quello che vuoi. A maggior ragione, però, devi poi trovare un modo per mantenerti.
Hai dei risparmi da parte? L’alternativa è cominciare a pensare a un cambiamento di carriera, a un lavoro che sogni di fare, o anche solo l’infermiera ma altrove, se ti piace quello. E cominciare a metterne le basi mentre ancora sei lì, per poi licenziarti quando vedi che ce la puoi fare con le tue gambe.
Purtroppo è impossibile prendere aspettativa o anno sabbatico.. Ci ho provato ma la mia azienda (pubblica) non me lo permette. Ho provato cercando anche dei cambi, ma la mia azienda ha bloccato tutto inventando scuse a carico di chi mi avrebbe sostituito (tutte bugie, ma in ogni caso mi ritrovo comunque con le mani legate perché loro hanno l’ultima parola su tutto). Ho un’unica possibilità: licenziarmi.
Ho le mani legate su tutto.. Mi sento in gabbia.. ed ora ci si mettono anche i colleghi a creare situazioni assurde che minano i nostri diritti..giuro..mai e poi mai avrei creduto di vivere una situazione di questo genere! Come gruppo siamo alla frutta…….
A volte la vita ci sorprende con situazioni assurde che non ci saremmo mai aspettati, purtroppo. La nostra reazione a queste determinano poi la qualità di ciò che faremo in seguito. Anno sabbatico o no, ho proprio l’impressione che tu debba prendere una bella decisione…
Ho paura che tu abbia ragione.
Sto decidendo che strada prendere: se continuare con la mia professione ma in autonomia oppure cambiare completamente lavoro.
Per quanto cerchi di prendere tempo (dandomi comunque una data stabilita per dire STOP), non passa giorno che, al lavoro, non capiti qualcosa che mi porti a dire BASTA.
Evidentemente è proprio Destino che questo capitolo si chiuda!
E’ difficile mettere la parola fine a qualcosa: che sia una relazione o un lavoro, anche quelle che ci hanno fatto più soffrire sono difficili da chiudere. Ma sai che liberazione, dopo?
Ciao Maya! Non so come ho “intercettato” questo bellissimo blog …ma essendo una convinta junghiana del “nulla è a caso” sono certa ci sia una ragione. Così come deve esistere un motivo per il quale, tra i tanti commenti, mi sono fermata sul tuo. Anch’io sono un’infermiera e da circa 12 anni lavoro per il SSN. Amavo la professione e in quasi vent’anni di lavoro non ho mai rimpianto nulla di ciò che ho fatto, anche se troppo spesso ho messo a repentaglio la mia vita per quella degli altri e non per eroismo…ma per egoismo! Per sentirmi viva dovevo sentirmi utile, anzi, fondamentale! Oggi, come tutte voi, sono arrivata al bivio del “domandone”…: lascio il posto fisso ed emigro o resto e mi accontento di ciò che ho? Be! Noi conosciamo meglio degli altri il significato di “precarietà” e non certo in riferimento al posto di lavoro! Ho 45 anni e uno stato di salute “non performante”; ho lasciato la trincea dell’emergenza e mi attendono circa 22 lunghi anni di attività ambulatoriale. Depressione, burn out, attacchi di panico, fobia sociale e quant’altro, fanno di me qualcosa di molto diverso da un individuo “sano” …Questa strada sarebbe quella giusta da percorrere per celebrare il dono della vita? Perchè siamo così brave ad esortare gli altri a vivere e per noi stesse non abbiamo risposte o soluzioni risolutive? Ho provato a parlare con me stessa come farei con un paziente. Oddio!!! Sono il caso più complesso che mi sia mai capitato! Voglio vivere e metto in atto quotidianamente un copione suicida. Questa è un atteggiamento schizoide, mi dico! Invece no. E’ solo istinto di conservazione, amor proprio, necessità di affermare la propria esistenza senza dover necessariamente trarre forza dalle altrui condizioni di bisogno. Il paragone con gli altri, con la sofferenza degli altri è una scusa che non può reggere in eterno per mettere in secondo piano noi stesse e…tirare avanti. In questa fiction ci si muore e non da eroine. Per amore della professione ho chiuso una storia d’amore di vent’anni, non ho visto crescere mia figlia, mi sono ammalata e ora sono qui a torturarmi se è giusto o no vivere cercando LA Vita, fuori dalle corsie, dai pronto soccorsi, dalle camere operatorie…..fuori dalla sterilità emozionale che la divisa ci impone. Scusa il lungo sfogo ma avevo bisogno di comunicare a chi può capire il mio dolore e la mia delusione per aver dato tanto credendo di ricevere non a livello materiale ma umano…ricchezza interiore da investire per la vecchiaia. Niente. Non ho niente. Non chiederò l’aspettativa prima di presentare le dimissioni. Farlo peggiorerebbe la mia sofferenza. Il cordone, a mio avviso va tagliato di netto…..così si nasce!….. Rischiamo sempre per qualcun altro. Credo sia doveroso rischiare anche per noi stesse. Buona vita!
Simona! Sai che le cose non avvengono mai per caso? Infatti, il tuo commento arriva in un momento in cui IO ho bisogno di sentirmi dire, ripetere certe cose. Grazie!
Hai ragione, il taglio netto è necessario, io che ho preso aspettativa mi rendoconto che non ha mai fine, che poi rimandi non vuoi deludere la famiglia, a alla fine non ne esci più e non sei spronata a fare altro, a dare il meglio di te per trovare la tua strada.
Fammi sapere com’è andata! In bocca al lupo con un forte abbraccio dall’Oman.
[…] Voglio Lasciare il Posto Fisso: Sono Pazza? No: Hai il Cuore Nomade di Eli Sunday Siyabi […]
Bramo davvero tantissimo quel senso di liberazione. Devo riuscire a zittire totalmente quella parte di me che ancora ascolta le parole degli altri (giudizi inevitabili e discussioni che ne verranno). Ma ho deciso, se riesco a viverla il più serenamente possibile, di tenere duro fino a dopo le ferie.. E poi.. E poi si Taglia!
Liberarsi dall’ascolto dei giudizi/critiche/pensieri degli altri richiede tempo perché fa parte dell’educazione che ci impongono fin da piccoli, ma non è impossibile 😉 In bocca al lupo Maya!
No che non sei pazza! L’ho fatto pure io circa 6 mesi. Lasciare un indeterminato per l’incertezza. Mai scelta fu più felice! Qui racconto il mio percorso: http://www.danieladelli.com/contratto-a-tempo-indeterminato/
Che meraviglia la tua pagina e la tua storia! Grazie Daniela per la tua testimonianza qui. Si può davvero scegliere di essere felici.
Si può scegliere di essere felici.. Anzi no! Si DEVE scegliere di essere Felici!
Mi trovo nel mezzo di guerre intestine: ragione, paura, istinto e spirito.. Quattro voci che stanno tutte urlando le loro ragioni ed io, in un angolino, rimango attonita nel sentire le loro opinioni, i loro pretesti, i vari suggerimenti.. E le loro bugie. Ascolto e sono confusa.. Mi scoppia la testa.. Mi sento tremare dentro.. Voglio scegliere ma non oso farlo perché ho il terrore di sbagliare! Ci sono troppe voci fuori dal coro che stanno mettendo bocca su ciò che è solo mio. Come si fa a non ascoltare più quelle stupide vocine malefiche? Io voglio essere libera di fare la mia scelta senza sentirmi addosso il peso schiacciante del giudizio di chi mi sta attorno.. Perché ci penso già fin troppo bene io a mettermi i bastoni tra le ruote…
Non voglio essere negativa, non voglio dare questa immagine di me, ma anche il solo esprimere “verbalmente” la mia attuale frustrazione, forse può aiutarmi a dire: Basta! Fregatene di tutto.. Fai realmente i tuoi conti e vai!
Guarda questo video… https://www.youtube.com/watch?v=Jel5_zcijHE
Nessuna mia parola in questo momento potrebbe aiutarti a decidere, perché dentro di te la risposta giusta la sai già. Seguila.
Fregatene.
Vivi la vita come la vuoi tu. Tutti meritiamo di essere felici, non di vivere la vita misera che gli altri vorrebbero per noi.
Ciao Eli, io sono ormai una pentola in ebollizione con il coperchio sopra. E davvero non so più che pesci pigliare! Ho il posto fisso, prendo bene, mi mantengo da solo, ho tutti i comfort, posso andare in vacanza, conosco tanta gente. Ma … da qualche tempo (o anno!) odio questo posto fisso dove non puoi crescere, non puoi provare stimoli, non ti puoi fidare in fondo di nessuno e regna la rassegnazione e la raccomandazione. E tutto questo si ripercuote anche a livello di strane malattie, apatia e mancanza di stimoli e di autostima. E questo non sono io! Vorrei viaggiare, ritornare un pò a Londra dove ho vissuto e ripartire senza programmare molto. Ma ho paura di rimanere al verde, ho 36 anni adesso e sono indipendente (economicamente). Passo 40 ore alla settimana nella totale apatia perdendo capelli e vitalità ma con la sicurezza? O mi imbarco sulle montagne russe riacquistando stimoli anche dalle difficoltà? Cosa mi consigli di fare dal tuo punto di vista personale? Un abbraccio! PS. non posso chiedere l’ aspettativa :-/
Ciao Ivan!
Capisco come ti senti. Le pentole in ebollizione prima o poi fanno saltare il coperchio, e quando questo salta, escono le malattie. “Questo non sono io!” ti urla il tuo cuore. Esci allo scoperto da sta maledetta pentola e prova a reinventarti. Se sei indipendente economicamente ce la puoi fare. Metti da parte più che puoi, risparmia sulle cose non importanti (cene fuori, vestiti, macchina) e preparati ad affrontare l’ignoto con qualche euro da parte, non troppo, 5000-6000 euro possono bastare. I capelli sono sintomo proprio di uno stress cronico che DEVI ARRESTARE.
Montagne russe? Certo! Però, non sono forse montagne russe anche come stai vivendo ora?
Un abbraccio anche a te! E leggi “Mollo tutto – e faccio solo quello che mi pare” di John Williams.
Grazie mille per la risposta! Intanto mi sono segnato il libro. Pensa te che oggi si è licenziata la ex-“cocca” della boss, avrei tanto voluto essere io. Anche se lo ha fatto per andare a svolgere lo stesso lavoro da un’altra parte è comunque un cambiamento. Ti farò sapere 🙂 Intanto good luck con tutto!
Allora il prossimo sarai tu, no? Se è ciò che desideri, fa’ che tutto si muova in quella direzione 😉 Un abbraccio! E grazie!
Ciao! E’ da tanto tempo che ormai non sto più bene qui, sia a casa (vivo ancora con i genitori) sia a lavoro.
I miei non mi fanno mancare nulla e non parlo in termini economici ma di affetto. Purtroppo però, sulla soglia dei 27 anni mi sento stretta, triste, demotivata, sola.
Lavoro in un posto che non mi permette nemmeno di vivere. Nonostante il contratto a tempo indeterminato, nonostante il full time, non vedo stipendio da mesi. Non riesco a mettere da parte nulla, non riesco a fare ciò che voglio (mi basterebbe avere una casetta in affitto, niente più).
Da circa un anno penso di trasferirmi fuori, tentare nuove strade. Ma non ho in mano un titolo, non ho esperienza e non ho i soldi necessari per affrontare un trasferimento.
Questa situazione mi fa stare da schifo… Sto sempre male, sto in ansia e la notte mi sveglio di soprassalto con il cuore che batte fortissimo.
Non so come cambiare le cose! Il mio ragazzo non lavora, non ci sono prospettive, ho paura.
Paura di non farcela più.
Mi sento dire sempre “Vabbè ma anche se non ti pagano comunque un lavoro ce l’hai! Sei fortunata!” ma io non la penso così. A che serve lavorare, fare sacrifici anche solo per raggiungere il posto di lavoro, senza avere nulla in cambio?
Ogni tanto mi arriva qualche acconto dello stipendio e dato che non bastano per nulla ho deciso di spenderli in mini viaggi, almeno non mi rinchiudo in casa a piangere.
Mi manca il coraggio, oltre la disponibilità economica, di fare un biglietto di sola andata e cavarmela da sola. Non ho appoggio da nessuno e sola non ci riesco. Vorrei solo svegliarmi e riuscire a fare qualcosa per me stessa… Scusa lo sfogo, ma non so con chi parlare.
Fede! Hai fatto bene a sfogarti qui. Non sono d’accordo con chi dice che almeno un lavoro ce ‘hai: è inconcepibile, infatti, che lo stipendio non arrivi con regolarità, e che comunque ti faccia sentire “stretta, triste, demotivata, sola”. Mica è una vita questa! Hai 27 anni, il mondo e le possibilità davanti. Provaci! Il tuo ragazzo non verrebbe con te?
Puoi provare a vedere se nei tuoi mini-viaggi non trovi qualcosa all’estero: provare non costa nulla, no? Un posto a tempo indeterminato ma che rende depressi è come avere un bel giardino fiorito ma circondato da sbarre. NO WAY.
Eli, le tue parole mi confortano e mi fanno sentire meno “pazza”, sola e ingrata nei confronti del mio lavoro. GRAZIE, con il cuore, davvero!
Un bacio xx
🙂
Ciao a tutte… io sono Ema un ragazzo di Roma e voglio mollare tutto e partire.
Ho 37 anni, da sempre ho lavorato in negozio come venditore, store mangere e ora supervisor… una buona posizione che ora però mi sta stretta.
Assieme a tante cose, il lavoro attuale mi da insoddisfazioni enormi, sono sempre nervoso, ansioso e mi sto chiudendo a riccio.
questo perchè da anni penso e desidero andarmene su al nord, a Stoccolma o Copenaghen … con tutto quello che comporta (le conosco già le città) per reinventarmi. So che devo affrontare mille problematiche (lingua, clima e cultura) ma qui a Roma … mi vedo finito! Non ho una lira al momento se non una liquidazione di 576 anni di lavoro che mi potrà permettere uno start up e il tamponamento per qualche mese …
secondo voi sono pazzo?
La mia motivazione più grande è STACCARE e TROVARE UNOS TILE DI VITA CALMO, SERENO E DI QUALITà.
Un abbraccio
sorry… la liquidazione sopra citata è di 5/6 anni
Pazzo? Ma figurati, Ema: sei normalissimo!
“Sono sempre nervoso, ansioso e mi sto chiudendo a riccio” sono motivazioni più che valide per ricominciare da un’altra parte. Non è sempre facile, ma se quelle città che hai citato ti ispirano, se ti piacciono e vuoi provarci, perché no? Magari all’inizio non farai il lavoro dei tuoi sogni, ma quello verrà pian piano. L’importante è scrollarsi di dosso questa sensazione di non vivere più.
Stacca, prova. Cos’hai da perdere, se non quell’ansia che ti sta uccidendo dentro? Segui il tuo cuore, lui sa.
Salve ,complimenti a tutti voi innanzitutto…mi presento sono eduardo anch’io 33 anni e con un posto fisso statale da 11!un lavoro nel settore sicurezza che non mi è mai piaciuto,un lavoro che svolgo solo per accontentare i miei che vedono il posto fisso una certezza,una sicurezza,mi ritengono fortunato. ..ma io muoio dentro…non mi piace indossare un divisa accettata a 22 anni per scelta di leva e ora a 33 non me la vedo più. …non vado d’accordo con i miei colleghi …non mi piace l’ambiente dove la crescita professionale è pari a zero ,dove la monotonia dei discorsi dei miei colleghi mi uccide tutti i giorni. ..un settore che non mi piace …sono vigliacco accetto solo la sicurezza in questo lavoro…sto pensando di andare a vivere a barcellona dove posso vivere la mia vita …ma la paura anzi le paure sempre le stesse :come affronto i miei i quali sono molto all’antica. …2 paura di non riuscire a trovare lavoro per mantenermi. …..grazie per tutti i vostri post mi fanno sentire meno solo e meno “alieno” degli altri
Ciao Eduardo! Non sei affatto alieno: sei normale come tutti noi che abbiamo accettato un lavoro che non faceva per noi, o che magari faceva per noi all’inizio, ma oggi non più perchè siamo cambiati. Non si può restare le stesse persone tutta la vita. Si cresce e con la crescita si cambiano gusti, abitudini e si scoprono pian piano le proprie vere passioni.
Per informazioni su Barcellona prova a scrivere a Christian che vive là: christian.ricci75@gmail.com lo trovi su Google+ https://plus.google.com/u/0/+ChristianRicci/posts
Prova!
Ho letto tutto, tutti i commenti…. e ora tanta confusione!
Anche io posto fisso statale da 6 anni… potrei chiedere l’aspettativa ma siamo in carenza di organico quindi so già di aspettarmi un No come risposta.
Tutti mi dicono ‘ma sei matta?!?’, e tutto quello che già tutti voi sapete.
In realtà, il mio vero ostacolo è l’impegno che ho preso decidendo di condividere la mia vita con il mio cane e i miei gatti.
Ho la responsabilità della loro vita, loro non mi possono dire se preferiscono starsene qui, nè possono capire il grande cambiamento che vivranno…. Non voglio nemmeno affidarli ad altri solo per permettermi il lusso di scappare.
Qui posso permettermi di dare loro una bella vita, casa con giardino in campagna, lunghe camminate ogni giorno.
Per me loro sono i miei affetti, dovrei / vorrei andarmene portandoli via con me. Ma il timore di non riuscire più a dar loro la vita che si meritano, mi blocca.
(dico solo che per fortuna non ho un findanzato, altrimenti avrei molto probabilmente uno scoglio in più!)
Ciao Stufa! Ma che bel nome hai scelto 🙂
Se sei un’insegnante, l’anno sabbatico ti spetta di diritto, non è a discrezione del Dirigente scolastico. E se chiedi aspettativa e non te la concede, puoi sempre fare ricorso.
Mi parli però di cane e di gatti, e quindi il discorso ovviamente cambia. Forse i gatti portarseli dietro è difficile, ma il cane lo puoi portare, ho conosciuto una ragazza in Oman che viaggiava appunto col suo bel cagnone.
Forse potresti chiedere a qualcuno di guardarteli mentre sei via magari per 6 mesi…
Ciao a tutti,
sono capitata in questa pagina cercando su google “è giusto lasciare il posto fisso?” perchè è questa, alla soglia dei miei 30 anni di cui 3 anni e mezzo di lavoro a tempo indeterminato, da un mesetto non riesce più a schiodarsi di testa.
Io sono una delle poche “fortunate” persone ad aver trovato lavoro nel proprio settore subito dopo la laurea. Il lavoro diciamo che mi è quasi capitato in mano… Non avrei mai pensato di cercare lavoro a Milano, in una città che non me ne vogliano chi la ama, ma non riesco proprio a mandar giù, e in un’industria, quella della moda, così lontana a me eppure si è presentata questa occasione, avevo necessità di lavorare ed essere indipentente e quindi ho accettato. Il primo anno, a tempo determinato, l’ho preso come un’occasione per imparare. Nonostante i propositi di prima, ho provato a metterci entusiasmo, a prenderla come esperienza e a farmi rendere interessante quel lavoro. Poi son passata a tempo indeterminato, le cose già non andavano, le aspettative che avevo si erano disilluse, iniziavo a sentirmi male fisicamente e mentalmente e vivevo solo nell’attesa del week end, nella mia città natale e con le persone che mi volevano bene. La vita qui era/é alienante. Con i miei 1300 (prima 1200 euro) al mese, non posso permettermi che un posto letto in camera doppia, in un appartamento in condivisione con altre persone. Faccio straordinari non pagati quasi ogni giorno e la mia gionata tipo è solo un intervallarsi di lavoro/ore di sonno senza svaghi o passioni. Da anni dico:mando cv per cercare altro, ma la forza e il tempo alla fine mi viene sempre meno. E quindi non l’ho fatto ma ora mi trovo nella situazione di aver toccato il fondo. Mi sto ammalando e non ho più la forza di stare qui. Non ho prospettive di crescita, il lavoro non mi appassiona e lo stress che vivo mi fa titubare sulle mie capacità. Ho quindi deciso di mollare tutto e andare a fare un anno con il working holiday in australia, per ritrovare passione nella vita, per ritrovare me stessa. Ma l’ansia mi divora. È giusto fare questo passo ora, lasciare senza la certezza di un altro lavoro? Fuggire per tornare e lasciare un buco di un anno nel mio cv da grafico? Ritornare per accettare contratti farlocchi quando ora potrei giocarmi come controproposta il tempo indeterminato nei posi dove (forse) potrei fare dei colloqui?
Da un lato vorrei poter “vivere” questa pazzia ma ho paura che la mia scelta sia solo dettata dall’esaurimento. I miei amici e i miei parenti mi appoggiano, ma la mia parte razionale mi dice che le persone normali nella mia situazione non farebbero così.
Che fare?!
Ciao Ansia,
ho letto la tua storia tutta d’un fiato e mi viene da dirti solo una cosa: “Hai fatto bene”. Non perché appoggio tutte la gente che fa pazzie, ma perché dal tuo commento si evince che proprio non ne puoi più, che sei alla frutta e quindi non mi sembra giusto che tu debba ancora forzare te stessa a sopportare un lavoro che on ti fa stare bene, neanche fisicamente.
Quindi, se hai presto questa decisione, credo che tu l’abbia ponderata e voluta. Hai senza dubbio ascoltato il tuo cuore. Tutto il resto è solo la ragione che cerca di farti cambiare idea, ma il cuore ha già parlato, anzi, urlato, che non è il lavoro che fa per te.
Tra l’altro le persone che ti conoscono ti appoggiano nella tua scelta di andare in Australia e provare a staccare per un anno.
Le “persone normali” non esistono: esistono solo persone che fanno la loro vita, ognuna diversa, seguendo ciò che le fa sentire bene, felici, a proprio agio.
Non mi preoccuperei di cosa e sarà di te tra un anno: un’esperienza lunga all’estero di quel tipo ti aprirà porte, orizzonti e relazioni che non puoi neanche immaginare, ora, perché frenata dai timori. E poi, in quanto grafico, troverai anche da lavorare col tuo laptop da nomade digitale.
In bocca al lupo per il tuo viaggio, e se vorrai, torna qui a farci sapere com’è andata.
Un abbraccio forte! 🙂
(Ri)Ciao Eli, l’ho fatto 🙂 Ho venduto i mobili della casa in cui ero in affitto, ho risparmiato il più possibile, calcolato il TFR e il fondo integrativo e … mi sono dimesso settimana scorsa! Mi sento stranissimo, come un drogato che ha smesso di drogarsi. Next destination: breve vacanza californiana on the road e poi rientro a Londra e ricerca di un nuovo lavoro, possibilmente quello che piace DAVVERO a me e per il quale ho studiato, l’agente di … viaggio 🙂 Ringrazio la mia ritrovata fede in me stesso, chi mi ha supportato, il tuo blog e il viaggio fai-da-te in Thailandia che ho fatto da solo in Agosto che mi ha levato le ultime paure di torno. Un abbraccio xxx
Ivan! Che bellooo!! La California ti aspetta, insieme alla tua nuova vita: sento positività sprigionare da questo tuo scritto, ed è ciò che ti guiderà verso una vita nuova.
Evviva la Thailandia, i viaggi da soli e le paure che si sono dissolte.
Sei un grande, avanti tutta! 😀
BUON VIAGGIO
Salve a tutti…dopo aver letto tutti i vostri commenti…e arrivato il mio turno.lavoro in un azienda privata da 10 anni a tempo indeterminato.ho 30 anni e spoato da 5 mesi…da anni vorrei tanto cambiare posto di lavoro…che mi porta un malessere generale…ma la paura di rimanere swnza nulla…mi fa tornare con i piedi per terra.ho una casa di propireta…aiutatemi con i vostri consigli…
Ciao Stanco,
purtroppo la situazione lavorativa italiana è molto difficile in questo momento. All’estero ci sono più possibilità, se ci si adatta. Conosci una lingua straniera? Vi piacerebbe trasferirvi? Se sì, potete fare un tentativo.
Potreste affittare la casa di proprietà, se possibile, e cominciare a guardarvi intorno altrove. Non conosco il tuo settore di competenza, ma ingegnandosi qualcosa altrove si può trovare.
Ciao a tutti, complimenti Elisabeth! Ho letto ogni singolo commento tuo e dei lettori, in cerca di conferme, perché parlare con chi non sperimenta la tua stessa situazione non fa che tirare fuori luoghi comuni razionali , altro che spinta e supporto…!
Ho 24 anni, sono uno spiacevole mix di istinto e ragione che 4 anni fa mi ha portata ad iscrivermi a un corso di Laurea che mi avrebbe dato un lavoro più o meno sicuro…ed eccomi qui, infermiera da un anno e insoddisfatta. Gli argomenti studiati erano di mio interesse, almeno in quanto a nozioni…ma il lavoro reale non l’ho mai sentito mio, ho sempre pensato di terminare gli studi per avere un’opportunità lavorativa assicurata e poi riprendere a studiare altro (inizialmente pensavo a Medicina, ora non più)..studiare è stata una delle cose che ho saputo fare meglio, non mi pesa più di tanto e lo rifarei da domani, se potessi. Lavoro da quasi un anno con contratto a tempo determinato, in condizioni non delle più auspicabili (ebbene si, anche in questo campo il lavoro scarseggia) ma neanche tra le peggiori.. Mi sono trovata nel posto giusto al momento giusto, molte mie colleghe sono ancora in cerca di lavoro..
Inizialmente ho avuto periodi in cui l’ansia dominava, ti buttano nella pratica e nel pieno delle responsabilità senza che tu abbia esperienza (in un contesto diverso da quelli affrontati nei tirocini), pensavo fosse troppo per me. Ora ho capito di potercela fare (grande aiuto per l’autostima) ma di non VOLERLO fare…mi sono ambientata, non ho più ansia per quanto potrebbe succedere a lavoro, ma so di non essere nel posto né nell’ambito giusto, e mi spaventa l’idea di una proposta di tempo indeterminato o di vincere un concorso pubblico: come dire di no al posto pubblico?
I miei genitori sono operai, vissuti con tutt’altra mentalità ed aspettative… Non comprendono le mie intenzioni (vorrei lasciare il lavoro e riprendere gli studi, stavolta in campo umanistico) e, come molti, pensano che dovrei ritenermi fortunata… Non sopporto più di sentire gente che “alla tua età avere quello stipendio lì…”, in quanto è uno stipendio che reputo assolutamente meritato (sempre di corsa, responsabilità ben oltre ciò che il mio profilo prevede, non sapere cosa sia un weekend libero da quasi un anno, notti e festivi…)..e neppure di sentire persone che vedono la professione come una vocazione, quindi come può non piacerti essere infermiere?
Semplicemente so che le mie inclinazioni sono diverse, darei il meglio di me in altre situazioni…perché dover attendere anni e sacrificarsi, per qualcosa che comunque non mi appagherebbe al 100%?
Credo che se prendessi la decisione di riprendere a studiare, i miei mi sosterrebbero , forse a malincuore (ho da parte gli stipendi di un anno, pagherei le spese universitarie), e quindi vai con i sensi di colpa…però Credo anche che sia un ‘adesso o mai più’…ma ancora mi manca la forza di oppormi a una vita prestabilita… Nonostante possa essere o sembrare una situazione più semplice di altre qui descritte…
In bocca al lupo a tutti voi!
Ciao “Basta!”
“sono uno spiacevole mix di istinto e ragione” è molto interessante, perché ci porta ad essere sempre con un piede verso i nostri sogni, e l’altro verso ciò che è giusto fare per la società. Un eterno dilemma interiore.
Ti capisco molto bene quando dici “So che le mie inclinazioni sono diverse, darei il meglio di me in altre situazioni”. Anche a me è successo e succede ancora oggi: sono una brava insegnante di inglese alla scuola elementare, il posto è di ruolo, ma so che posso dare il meglio di me in altre situazioni. Come fare?
Hai 24 anni, puoi permetterti di riprendere gli studi, io fossi in te proverei a seguire il cuore e non la ragione, per una volta. Solo per questa volta, e poi vedi come va. I concorsi pubblici non scappano, ma i tuoi talenti hanno urgenza di essere espressi.
In bocca al lupo anche a te!
E fammi poi sapere cos’hai deciso di fare 😉
Per essere coerente con me stessa: compromesso! Ho iniziato a lavorare part time e mi sono iscritta all’università, sperando di riuscire a fare entrambe le cose e di laurearmi in tempo… Il concetto di possibilità,alternativa mi fa già stare meglio… In fondo, tutti sentiamo cosa davvero desideriamo… Si tratta di scegliere, io sono riuscita a non lanciarmi nel vuoto assoluto (ma prima o poi la scelta potrebbe presentarsi…anzi,lo spero) mentre x qualcuno di tratta proprio di fare quel salto… In bocca al lupo!
Ah! Grazie mille all’autrice del blog!!! Sembra niente ma in certi momenti della vita, incontrare persone come te è come trovare l’acqua nel deserto! Grazie!!!
Che bella metafora, grazie! 🙂 Un abbraccio!
Ciao, mi chiamo ivan ho 40 anni nel 2013 la mia azienda chiude sono un grafico, comincio a lavorare per una amica all’inizio tutto bene un contrattino a progetto fino
al 2014 poi anche qua la crisi si è fatta sentire il lavoro diminuiva, contratto a progetto saltato e via di ritenuta d’acconto. Un mese quadagno qualcosina e 2 non porto a casa una mazza,
ho un mutuo da pagare. Fortunatamente ho una moglie d’oro lei lavora posto fisso un ottimo contratto. Arriviamo al 2015 con la bella notizia che è in arrivo nostro figlio
io continuo a lavorare per la mia amica e anche se passo settimane a fare niente e a volte qualche lavoretto di grafica però stavo bene colleghi eccezzionali avevo tempo di dedicarmi allo sport
che amo. Però intanto ho avuto colloqui di lavoro, alcuni assurdi che mi lasciavano nello sconforto totale, è sorto in me un angoscia … mio padre mi diceva “ivan ti trovi bene
li dove sei, per il momento stai li, quando troverai il posto giusto vai via”…sante parole! Nasce il piccolo Simone gioia della mia vita e arriva un nuovo lavoro a contratto
di sostituzione maternità per un auditorium faccio di tutto (grafico, amministrazione, contabilità, segreteria, cassa cinema, ecc.) il lavoro è tantissimo ma il passamano con la ragazza che andava in maternità
è durato 10 giorni!!!!!! da novembre sono da solo a dover fare tutto, all’inizio tutto bene ma poi è cominciata l’angoscia per il lavoro da svolgere, praticamente usco la sera
dal lavoro e già penso al domani arrivo a casa e penso al lavoro … mia moglie mi vede infelice in più probabilmente mi sto ammalando di una forma di ansia, dormo solo 4 ore
dall’1 alle 5…poi è delirio, il corpo freddo tremo mi lamento durante il sonno. E’ un buon stipendio di 1300…sono un pazzo a mollare? Avolte vorrei tornare dove ero
prima la mia amica a sempre li la mia scrivania…ero felice…darò un dispiacere a i miei parenti ma sono pronto per fare il grande balzo e cercare di tornare a stare meglio
…ringrazio il cielo di aver trovato questo blog…grazie di cuore vi farò sapere presto…ivan
Ciao Ivan!
Credo che quando il corpo comincia a dare segni di cedimento, è ora di andare verso strade più adatte ai notri ritmi, soprattutto mentali.
Visto che sei un grafico non riesci a metterti in proprio? A farlo online da casa, per esempio? Ci sono persone che ce l’hanno fatta! Potresti tornare dov’eri prima e nel mentre vedere se riesci a far partire un progetto tutto tuo. E’ fattibile?
Laura Lonighi di http://www.yunikondesign.com/ ce l’ha fatta a mettersi in proprio!
La serenità mentale deve venire prima di tutto, o ti ritroverai uno straccio e non riuscirai a dare più nulla alla tua famiglia, al bimbo che metita un papà sereno.
Fammi sapere!!
Ciao Ely e grazie per la risposta…ti farò sapere anche perché le cose stanno peggiorando…quindi mi sto preparando al grande balzo…grazie mille la tua risposta è stata una boccata di aria fresca…
Prego e in bocca al lupo: la fortuna aiuta gli audaci, no?
ciao .. anche io sto meditando di lasciare il posto fisso e trasferirmi a Madrid… non so nemmeno se riuscirei ad avere l’aspettativa( lavoro in polizia penitenziaria)
la voglia è tanta… vorrei , insieme al mio ragazzo , aprire un ‘attività nostra.. lavorando in un posto mio ,mi sveglierei la mattina più tranquilla , più serena e piena di voglia di fare ( che adesso non ho 🙁
Ciao Vales!
Se non sei più motivata andando al lavoro, e hai perso la serenità, credo che cercare di ottenere un’aspettativa e provare ad andare altrove sia un’ottima soluzione. Prova a chiederla, non si sa mai, magari la ottieni. Forse non sarà facilissimo aprire un’attività in un paese nuovo, ma provarci non costa nulla, al massimo cambiate piani cammin facendo. Fammi sapere e in bocca al lupo!
Complimenti per il bellissimo blog!
Inutile dire che arrivo a questa pagina perché, da un certo punto di vista, “mi sento uno di voi”. La mia situazione è questa: ho studiato esattamente per il lavoro che adesso svolgo ma mi sono reso conto – direttamente sul campo – che non è assolutamente un lavoro adatto al mio modo di essere. In verità, dalle scuole superiori fin l’università, ho fatto delle scelte del tutto pragmatiche, orientandomi a quegli indirizzi che ritenevo mi avrebbero dato accesso sicuro al mondo del lavoro, senza chiedermi veramente cosa volessi fare da grande, in fondo a me piaceva studiare… Ma non ho mai realmente avuto un particolare sogno nel cassetto né ho mai imparato una professione che potesse almeno rendermi autonomo, sicché adesso mi trovo nella situazione che, lasciando, non avrei assolutamente idea di cosa fare.
Ho 31 anni, vivo nella capitale, un lavoro d’ufficio da 5 anni e mezzo presso una multinazionale, tempo indeterminato (che condanna!), responsabilità a pioggia, sempre nuove sfide. Il problema è che ciò che per tutti i miei colleghi è, appunto, “nuove sfide”, per me è ansia da prestazione, repulsione verso questo ambiente, voglia di evadere. In aggiunta a ciò, si sta da mattina a sera davanti al pc, preda di mail e chat/telefono aziendale sempre in agguato.
Lo stipendio non è male vista la situazione attuale, si oscilla intorno ai duemila euro netti, e ciò paradossalmente è parte integrante del problema, giacché non ho la “carta” del cattivo stipendio da usare in famiglia per giustificare un’uscita.
In teoria avrei anche dei buoni fondamentali, circa 80mila euro messi da parte in questi 5 anni e mezzo di lavoro, il tutto reso possibile grazie al disporre dell’appartamento di proprietà e al non avere l’auto nè particolari vizi da gestire. Onestamente, senza affitto e spese per l’auto, si risparmia una marea di soldi. Fortunatamente senza auto vivo benissimo!
Ora, il problema è che non sono felice, neppure sereno, sono spento, apatico, e lo sono praticamente da quando ho iniziato, ma se prima avevo l’ambizione di sperimentare nonché di crearmi una robustezza economica, ora voglio fortissimamente lasciare questo posto che mi sta facendo perdere la salute psicofisica ma non voglio andare in un’altra azienda, vorrei proprio uscire dal mondo del lavoro dipendente e non tornarci mai più, e iniziare a cercare la mia strada scoprendo il mondo, girando.
Ma mi sento solo, non ho nessuno con cui condividere il mio malessere, la famiglia è strafelice che ho ‘sto lavoro, persino su internet leggevo poco fa di qualcuno che – giustamente – si lamentava delle 8 ore che ritiene eccessive e… sùbito in cento ad aggredirlo per questo! Sembra che le persone siano geneticamente nate per farsi sottomettere e schiavizzare!
Al momento mi sento senza via di fuga!!
Ringraziandovi per lo sfogo, ho una domanda per chi abbia avuto un’esperienza di vita all’estero: quanto costa la vita in un paese come la Thailandia o similari? per star tranquilli e vivere dignitosamente, di quanti soldi si dovrebbe disporre al mese? nel mio ideale, immagino un paio di rendite da affitti per almeno non dover vivere sotto i ponti e, con questa sicurezza come precondizione, poter scoprire chi sono e cosa voglio 🙂
Ciao Esse, grazie per esserti sfogato qui: credo che leggerendo la tua storia, molte persone si ritroveranno nel tuo sentirti in gabbia con un lavoro in azienda, nonostante lo stipendio molto buono e i soldi che sei riuscito a metterti da parte (non avere vizi e non pagare mutui aiuta a risparmiare molto – anch’io ho sempre risparmiato grazie a questo). Credo proprio che tu sia nella fase pre-scoppio: sei al limite. Ma credo anche che sarai abbastanza coraggioso da seguire il tuo cuore. Chissà se non potresti prenderti sei mesi o un anno di aspettativa? So però che le aziende private non concedono nulla di solito.
Per il costo della vita in Thailandia puoi leggere questo esauriente articolo di Alessio Fraticcioli, che lì ha vissuto e forse ancora vive: http://www.asiablog.it/2013/06/28/quanto-costa-vivere-in-thailandia/
Anche il sito del mio amico Andrea potrebbe esserti utile: http://andreainthailandia.tumblr.com/post/9409786174/lavorare-in-thailandia-siamo-tutti-alieni
In bocca al lupo!
Grazie Eli, grazie dei suggerimenti e del tempo per avermi letto e risposto, devi essere una splendida persona!
Sei un esempio per me e, credo, per tutti noi
E crepi ‘sto maledetto lupacchiotto! 😉
GRAZIE! 🙂
E che crepi 😀
Ciao Eli, ti avevo scritto qualche mese fa perchè avevo finalmente preso la decisione di lasciare il lavoro per viaggiare ancora, sia per piacere che per acquisire esperienza “on the road” per poter poi fare l’agente di viaggio. Ebbene, le cose non sono andate così e ora sono seduto in un divano “lussoso” a pentirmene amaramente. il viaggio in California è saltato, la mia compagnia mi ha proposto all’ultimissimo minuto una relcation qui in Canada, vicino a Toronto, e alla fine la pressione della “sicurezza” e del “come posso dire di no?” ha vinto ancora. Sono qui da due settimane, odio ogni singolo momento, fondalmentalmente non mi interessa nulla (anche se mi piace interagire con i colleghi, ho già un ottimo rapporto con loro), c’è stata molta confusione anche sul trasferimento (sul ruolo, sui soldi, sulle prospettive di crescita – che ora non mi interessa proprio più – ecc.) e anzichè uscire e farmi due passi ho inviato una application form per un lavoro di Travel Agent a Londra (mi hanno già confermato un colloquio telefonico) e dibattendo con un mio amico americano se mandare tutto all’aria e fare quel famoso round-the-world travel per ripulire cuore, anima e mente. Ok la compagnia ha fatto il solito casino ma l’ho combinata grossa pure io eppure adesso che mi sono spinto ai limiti dei limiti, ho proprio capito che non so dove cavolo sto andando continuando così. Io ho una tremenda paura di mandare tutto all’aria, di rimetterci la faccia, di essere carta straccia al rientro da questo eventuale viaggio. Paradossalmente in questo casino di situazione non proprio felice sto anche facendo carriera sulla carta. Avrei tanto bisogno di un tuo punto di vista. Grazie di cuore, Ivan.
Dimenticavo, sono comunque riuscito a vendere tutti i mobili di casa, chiudere il contratto, vendere l’auto e chiudere l’assicurazione. Mi rimane la casa di proprietà di famiglia dove vive mia mamma. In sostanza ora sono svincolato, tranne per questo lavoro in Canada.
Ciao Ivan, un bel casino, insomma.
Però è evidente che in quel momento non riuscivi proprio a staccarti. E allora hai fatto bene a fare ciò che hai fatto. Vivila come un’esperienza in più, non viverla male o ti diventerà tutto un inferno. Pensa che lo potrai lasciare in un altro momento, sto lavoro, forse il prossimo mese, forse fra tre o fra sei.
Prova a vivere Toronto, la città, i nuovi colori, la cultura, la gente. Pensa che c’è chi sognerebbe di essere lì, e allora vivi questo piccolo sogno altrui prendendo solo ciò che ti bello ha da offrirti. E nel mente, analizza come progettare il tuo viaggio on the road per ripulire anima e mente. Analizza di nuovo tutto.
Sono sicura che rilassandoti, la risposta verrà più chiara , e con lei il coraggio.
Prova a iscriverti a un corso di meditazione Vipassana, c’è sicuramente a Toronto. Dovrebbe aiutarti a prendere in mano la tua vita ma con più calma.
Secondo me, se molli tutto e parti per il roudn-the-world trip che hai sempre sognato, poi potrai sempre trovare altre opportunità lavorative, con la tua esperienza e il tuo CV. Fai tesoro di tutto chiò che hai imparato finora in anni di carriera di cui non ti importa: ti tornerà utile sicuramente, anche in viaggio.
Fammi sapere come stai!
Sei svincolato. Tranne della cosa che ti vincola di più.
Io sono messa come te, in questo momenti, anzi peggio, perché ho ancora l’auto. E il posto fisso.
Lo facciamo questo passo?
Ciao Eli,
Grazie infinite per la tua risposta.
E’ davvero saggia e l’ho riletta almeno tre volte!
La paura parte sempre dalle aspettative che gli altri ripongono su di me e ora mi sento in colpa perchè 1) ho accettato 2) hanno investito soldi e tempo.
Detto questo, hai ragione; devo cercare di vivermela questa esperienza canadese perchè è comunque qualcosa di nuovo e la gente che ho conosciuto è davvero piacevole.
Diciamo che adesso mi è definitivamente chiaro che cosa non mi piace più, che sia in Italia, in UK o in Canada: il mio lavoro e la relativa carriera.
Questo passo lo dobbiamo fare Eli!
Il momento arriverà e secondo me quando meno ce lo aspettiamo.
In fondo la nostra è una scelta in controtendenza e richiede una totale consapevolezza. Che ancora non ho.
Mi sono già informato sul corso.
Grazie e a presto!!! Ivan
Ciao! ho appena letto il tuo bellissimo post di respiro dopo aver digitato “è possibile lasciare un posto di lavoro per rincorrere un sogno?”
Dopo diversi anni di contratti a progetto e tirocini, mia sorella mi ha proposto un contratto a tempo indeterminato per un lavoro che, chiaramente piace a lei, ma diametralmente opposto a quello per cui ho sacrificato anni di studio. Ho questo lavoro da soli sette mesi, ma non c’è stato un giorno in cui io non abbia provato il senso di ansia e di angoscia, e paura di deludere le aspettative. L’ansia per un posto di lavoro che non mi piace, che mi fa stare male, e la paura di deludere il tuo datore che in questo caso non è un estraneo ma una persona che ti ha vista nascere. Le ho parlato varie volte e lei mi da ovviamente carta bianca. Vorrei scappare (non mi piace nemmeno il paese in cui mi sono dovuta trasferire), dedicarmi ad altro. Amo scrivere, studiare, leggere…ho un animo da umanista a tutto tondo e mi occupo di periziare macchiane, barche e impianti fotovoltaici :/
Ho consultato anche una psicologa, che chiaramente mi ha detto di ascoltare la parte razionale ma anche il lato bambino che c’è ognuno di noi. Ma poi mi guardo il conto bancario e dico “dove voglio andare senza soldi? almeno qui ho lo stipendio sicuro”. Purtroppo, ho capito solo ora che i soldi non fanno sempre la felicità, pur avendo un posto fisso e un contratto invidiato da tanti…non sono affatto felice.
Mi rincuora che non sono l’unica a pensarla così!
Grazie
Marina.
Ciao Eli, ti avevo scritto il 05/01 il piccolo balzo sono riuscito a farlo…ho mollato un full allucinante ed ho trovato un lavoro come grafico part time ben retribuito 1100euro un orario stupendo dal lunedì al martedi 9 -13 / 14-16 e dal mercoledì al venerdi dalle 11 – 13 e dalle 14-17 di lavoro fino ..potrò godermi mio figlio andare al parco al mattino o alla sera…ma soprattutto torno a fare il lavoro che mi piace dal 2 maggio….????
Ciao carissimi tutti,
non pensavo che potesse esistere un popolo così interessante e tanto vicino a quello che ossessiona la mia vita. Perchè di ossessione si tratta quando da sempre, sai che il tuo lavoro non fa per te e vorresti scappare e non ci riesci perchè non hai soldi e allora per cercare di alleviare la sofferenza chiedi soldi in prestito alle banche, sperando di poter avviare un tuo progetto ma non ci riesci perchè devi fare i conti con una quotidianità che ti toglie il respiro e ti mangia l’anima. e allora sei costretta a tornare alla tua gabbia perchè devi pagare debiti e così via, con un moto infernale senza fine e senza uscita.Se non si hanno soldi o appoggi o qualcuno che ti aiuta almeno all’inzio, non si va da nessuna parte. Sperimentato.
Io che dovrei insegnare ad altri, che cos’è tenersi in forma, mangiare correttamente, muoversi, essere felici, perchè questa era la professione che ho scelto ormai 30 anni fa, pensando fosse la mia,mi ritrovo ad urlare la mia sofferenza e insofferenza non muovendomi, mangiando per compensarmi e sognando improbabili cambiamenti che da sempre non riesco a realizzare.
Finora pensavo di essere la sola a pensarla così, a non sopportare più il mio posto fisso di insegnante ma ora che so che c’è tutta una comunità come la vostra che si confronta e che non nasconde le difficoltà dell’essere controcorrente,mi pare che possa avere almeno la speranza di poter parlare del dolore che provoca quel non sentirsi dentro la propria vita.
Grazie perchè dando anima al blog con i vostri contributi, donate anima anche a me.
Un abbraccio vero a tutti.
Scrivo dalla mia scrivania/gabbia, ovviamente se sono giunta in questo blog è perché anche io sogno una vita diversa, ma sono troppo lontana dal fare il grande passo anche solo per poterne parlare qui.
Mentre prendo il mio ennesimo okitask per alleviare le mie sofferenze fisiche causate da un lavoro che odio, mi chiedo se poi Patty ce l’abbia fatta e se Ivan dal 2 maggio abbia iniziato la sua nuova avventura.
Ho bisogno di sapere che “si può fare”
Ciao Francesca! Chiedo anch’io a Ivan e Patty: alla fine… ce l’avete fatta? O cos’avete fatto?
Se non rispondono loro, sappi che in tanti mi scrivono che ce l’hanno fatta. Per cui sì, si può fare. Costruisci pian piano la tua fuga dal dolore fisico e psicologico, non è mai troppo tardi per cercare un’alternativa a un lavoro che si odia.
L’Okitask dovrà diventare solo un lontano ricordo.
Ti abbraccio, in attesa di ricevere, prima o poi, una bella notizia da te.
Ho un posto fisso qui in Svezia, il lavoro che sognavo, faccio la forestale nei boschi del Nord :-). Ma ho un piano, mollare tutto, e so che si avvererà :-)!
Forestale nei boschi del nord, che bella professione! Ma non sempre vogliamo essere la stessa cosa tutta la vita, e quando sentiamo forte il bisogno di un cambiamento, l’unica è… mollare tutto e ricominciare da capo. In bocca al lupo per il tuo nuovo sogno!
Voglio lasciare il mio posto fisso. Non perchè ho bisogno di libertà. Ma perchè mi sono innamorata di un ragazzo che abita a 250 km da me. Io Milano. Lui Vicenza. Tra l’altro lui arrivato da qualche mese lì perchè è di Palermo e lavora in un centro commerciale. Io lavoro per un avvocato. Lui tempo determinato. Io posto fisso. Ma sono io che mi voglio spostare perchè vedo la mia vita con lui lì e non nella mia città. Sono terrorizzata al doverlo dire ai miei genitori. Il mio avvocato tra l’altro mi adora. In ufficio siamo solo io e lei e ho piena libertà. Vorrei poi staccarmi da quel cordone ombelicale che mi tiene agganciata ai miei. Sono disposta a qualsiasi lavoro…anche se non fisso…mi basta stare con lui e pian pianino ce la faremo. Consigli su come affrontare il discorso coi miei?
Sia io che lui abbiamo 27 anni.
Ciao Sara,
un bel salto nel buio, ma giustificato dall’amore e poi dal desiderio di staccare il cordone ombelicale dai tuoi genitori, che non è una cosa da poco e prima o poi va fatta. Se l’idea di abbandonare quel posto in cui godi di fiducia e libertà ti fa sentire meglio, allora stai facendo la cosa giusta. Io, con i miei genitori, ho sempre scelto la via della verità, del far vedere con decisione – qualsiasi tentennamento gioverebbe a tuo sfavore – quella che sono.
Con semplicità, li prendi in un momento in cui sono di buonumore, li fai sedere e dici loro “Devo dirvi una cosa importante”.
Io inizierei dicendo loro della tua storia d’amore in cui credi molto, ma non mi soffermerei. Direi loro che quello sarebbe un punto di partenza per te per crescere e provare una nuova esperienza, che Milano ti sta stretta e hai bisogno di sentirti indipendente e di vivere nuove sfide. Che lavorativamente lì ti trovi bene ma senti dentro il desiderio forte di un cambiamento e sei disposta a fare dei sacrifici per ottenerlo. Rassicurali che sai quello che stai facendo, perché all’idea di andare a Vicenza ti senti bene.
Aggiungerei che se non dovesse andare bene, potrai sempre tornare indietro.
Magari non capiranno, ma tu non ti scoraggiare e vai avanti per la tua strada: lo accetteranno più avanti, se vedranno che sei felice.
In bocca al lupo!
Distance is nothing matters in love. So you ll do it and one important thing the true life is that you ll do what you want.
Ciao Elizabeth Sunday Anne!
Grazie per questo splendido blog.. non sai quanto aiuto mi sta dando vedere il tuo sorriso e la tua vitalità!
Su queste pagine mi sono imbattute andando alla ricerca di persone affini alla mia anima, che rischia, in meno di un mese, di essere “imprigionata” in una forma, indeterminatamente..
Sono anche io torinese e lavoro attualmente in una prestigiosa azienda privata, forse, dopo FCA, la più importante del territorio.
La classica azienda che sa e può renderti felice: mensa a bassissimo costo, assicurazione medica, premi di produzione.. e così via.
Sono riuscita ad arrivare qui con le mie sole forze e, sebbene sia in sostituzione di maternità, dopo un anno il premio sta arrivando: il contratto a tempo indeterminato.
In un anno, ho vissuto un disastroso rapporto col resto del team, il quale si è impegnato in maniera più o meno consapevole, ad insegnarmi solo i processi lavorativi routinari, escludendomi da qualsivoglia meeting e decisione, senza perdere occasione di denigrarmi/deridermi alle spalle col resto dell’azienda e col capo.
Il mio silenzio e a mia passività sono stati dovuti a rinnovi di 3 mesi in 3 mesi, che bastano di per sé a privare un individuo di qualsivoglia libertà di parola.
Ora, sono ad un passo dalla scelta: accettazione passiva di una situazione che, mio malgrado, si è cristallizzata per avere in cambio la sicurezza ed il benessere materiale (buttando dalla finestra quello psicofisico) oppure…
Fare di tutto per lavorare nella cooperazione internazionale (campo di mia vocazione)?
Dovrò prendere tutto il mio coraggio tra le mani..
Spero di acquisirne, anche grazie a persone come te!
Un abbraccio
Ciao Arya!
Sono felice che il mio blog ti metta allegria, in un momento di scelte come il tuo.
E’ molto triste leggere di certe meschinità da parte dei colleghi: come si fa ad aver voglia di restare in una azienda con un tale clima amorevole, seppur con i vantaggi che hai elencato a inizio commento?
Per trovare coraggio rileggi queste due tue frasi:
“… per avere in cambio la sicurezza ed il benessere materiale (buttando dalla finestra quello psicofisico)” e “Fare di tutto per lavorare nella cooperazione internazionale (campo di mia vocazione)”.
La risposta è lì. Sei sicura di voler mettere a rischio il tuo benessere psicofisico per avere in cambio un po’ di sicurezza? Cosa te ne farai del benessere materiale e della sicurezza, se poi starai male in quell’ambiente di arpie?
Potresti provare nel campo della cooperazione: la propria vocazione non andrebbe mai messa a tacere. Le volte in cui l’ho fatto, non sono mai stata bene come pensavo.
Un abbraccio anche a te e facci poi sapere che hai poi scelto il benessere psicofisico e la tua vocazione 🙂
Ragazzi come vi capisco. Anch’io ho un caso acuto di paralisi da ‘Should i stay or should i go’:(. In realtà che va avanti da parecchio tempo. Lavoro a Londra, da anni, nei servizi sociali. Un master sudato in loco, carriera relativamente ben avviata ma nonostante un gruppetto di buone amicizie, sono fondamentalmente sola qui. Mi sento sempre in trappola tra due mondi (uk e italia). Continuo a sentire una voce che mi dice di tornare a casa, ho anche fatto (e vinto) il concorso docenti x scuola primaria in Italia e se tutto va bene potrei cominciare col posto fisso a settembre, back home. Ho paura. Di mollare tutto, dopo tanti anni di sacrifici x arrivare dove sono arrivata con le mie sole forze. Ho paura, di sentirmi misplaced anche una volta a casa. Ho paura di restare e perdere l’occasione di rientrare finalmente, vicino ai miei affetti, e con un lavoro. Nella paura, rimango tristemente immobile. E mi rendo conto di quanto sia autodistruttivo, ma sono veramente stuck in limbo. Uno molto doloroso. E non so come uscirne. Un abbraccio a tutte le anime ‘lost’ abroad e in patria.
Ciao Lea,
immagino quanto sia difficile la scelta che devi compiere – perché ne devi compiere una, non puoi stare in questo limbo ancora per molto, ti devi alleggerire, fare il passo in una direzione e non pensarci più.
Io quando ho dovuto fare una scelta lavorativa importante, solo un mese fa, ho preso un foglio di carta e ho scritto Pro e Contro. Tutti i Pro e tutti i Contro di entrambe le scelte. Li ho letti e riletti, prima di andare a dormire, la mattina appena sveglia.
Quale delle due scelte ti dà serenità, ti fa sentire bene quando ci pensi?
Quando ti immagini di essere in Italia a afre l’insegnante di scuola primaria, ti senti bene all’idea? Ti dà un senso di ansia o di pace?
E quando ti immagini di restare a Londra, come ti senti? Ti senti bene, felice?
Da ciò che hai scritto traspare una certa stanchezza per ciò che stai facendo a Londra. Mi colpisce in particolare il senso di solitudine che dici di provare nonostante le amicizie. E mi dà da pensare.
Ricordati che nulla è permanente, definitivo. Se decidessi di andare in Italia e iniziare l’esperienza lavorativa nella scuola, vicino ai tuoi affetti, non è che dovrai starci per forza fino a 65 anni. Potrai sempre provare per un anno (il cosiddetto anno di prova) e poi tornare indietro se capisci che non ti piace. Potresti prenderti un sabbatical dal lavoro londinese? Se no, non credo che se tornassi dopo un anno non troveresti più niente. Sono sicura che troverai altro.
Certo iniziare da capo in Italia non semplice, il nostro è un paese non facile e la scuola lo rispecchia in pieno. Lo stipendio da insegnante è basso e il rapporto – soprattutto con i genitori – e le tante riunioni possono essere sfiancanti. Metti anche questo nel piatto della bilancia. Insegnare è una missione, se ti piace davvero, gli svantaggi non sono un problema.
Fammi poi sapere cos’hai deciso, anche in una email privata!
Buona fortuna: sono sicura che uscirai da questa impasse facendo la scelta di cuore.
Ciao,
da circa un annetto ho lascito il mio vecchio posto fisso dopo 20 anni di onorato servizio. Avevo voglia di mettermi in discussione e provare la mia capacità così ho cambiato semplicemente azienda ma sempre posto fisso è (seppure in Jobs Act… quindi meno fisso). Ho trovato l’inferno. Sto malissimo. Sono in depressione: non dormo la notte, mi sveglio con ansia e angoscia tutte le mattine (quando non si tratta di vera e propria nausea). Dapprima attribuivo il tutto alla mancanza di certezza che la nuova situazione mi aveva provocato. Ora dopo mesi di analisi sono arrivato al punto di pensare e credere che il mio problema sia la VOGLIA DI LIBERTA’ e di libera espressione ancor prima dell’ennesimo posto fisso! Ho paura ovviamente. Ho paura perché a 44 anni, con una moglie, reinventarsi non è per nulla banale. Un pò per via della stratificazione culturale e di abitudini… (fare quello che si è sempre fatto secondo i principi appresi) un pò perché alla mia età non si può fallire. La voglia di liberarsi da questo immenso peso (il lavoro che non piace, l’ambiente per nulla piacevole) in questo momento vince contro ogni altro desiderio. Non c’è mattina che non mi svegli sperando che tutto questo possa finire presto! Non so cosa farò… non ne ho la più pallida idea ma so che ricomincerò da ZERO senza dipendere da altri possibilmente!
Grazie a tutti voi per gli spunti!
Ciao Aldo,
sento dalle tue parole tutta la tristezza che questo nuovo posto fisso ti ha provocato. Passando da una gabbia a un’altra non era quello che volevi, a volte però si fanno degli errori lungo il cammino. Anch’io ne feci uno, accettando un posto “fisso” in Cina, per paura di non trovare lavoro. Quando vidi che era un’altra gabbia, che avevo attacchi di panico e ansia, decisi di lasciarlo. E trovai altre cose più consone alla mia natura, e che mi lasciavano la libertà di cui avevo bisogno.
Certo, con una moglie è più difficile reinventarsi perché non devi pensare solo a te ma per due, però si può fare, ho visto gente mollare tutto e farcela.
Non sono d’accordo che alla tua età non si può fallire: io ho 44 anni come te, ho fallito alcune volte, e sono sempre risalita. L’importante è non perdersi d’animo, tentare, e poi la strada giusta per noi si incrocerà sul nostro cammino. Bisogna avere fiducia, e ascoltare bene ciò che ci rende più sereni.
Un abbraccio e buona nuova vita!
come sono finita qui?… non lo so. Però so bene che ho sempre saputo quale fosse il mio sogno: vivere il teatro e il palco… recitare e cantare… ma ho chiuso con i miei talenti 20 anni fa, quando iniziai ad acccettare le supplenze per costruirmi il posto fisso, che puntualmente arrivò. Ora vorrei lasciare tutto ma non posso per via del mutuo e impegni che garantiscono alle mie figlie una certa stabilità, cmq ho preso a studiare canto per sviluppare il mio talento e soprattutto, per “spenderlo”.
Di solito chi finisce su questo articolo è perché sta cercando di lasciare in posto fisso 😉 Chiudere i propri talenti nel cassetto è una scelta che a lungo andare porta malessere. La tua decisione di tirarne fuori uno dal cassetto è molto saggia: siamo al mondo per mettere a frutto i nostri doni, altrimenti non potremo mai essere pienamente sereni e in pace con noi stessi.
Ciao! sono finita per caso sul tuo blog, proprio oggi che sto per avvisare la mia titolare che ho intenzione di chiedere l’aspettativa per fare l’esperienza di un anno di Servizio Civile Internazionale in Tanzania. Sono giorni che ci medito, giorni che mi chiedo se sto facendo la scelta giusta, giorni che litigo o discuto con chi mi dice “ma sei pazza?”..considera che sono un architetto dipendente, con un ottimo contratto a tempo indeterminato, promossa a secondo livello dopo appena un anno e mezzo di lavoro in azienda..eppure..non sono felice. Questi ultimi mesi, complice forse il poco lavoro, mi svegliavo alla mattina e mi veniva un nodo alla gola a pensare di dover andare in ufficio per 8 ore davanti al pc. La mia formazione e le mie esperienze mi hanno spesso portato all’estero,e ho sempre desiderato e cercato un’opportunità di lavoro che seguisse davvero le mie passioni:finalmente è arrivata!
Quando l’ho detto a casa e alle prime amiche le reazioni sono state molteplici, ma quasi tutte “contrarie”: mi sono quasi sentita in colpa nel voler lasciare il lavoro per seguire il cuore, per tentare, a 28 anni, di realizzare la vita che desidero..o quanto meno provarci!! Ma si può passare 10 ore in un posto che non ami, a fare qualcosa che non senti davvero tuo??Per cosa?per la pensione?per iniziare il lunedì desiderando solo che arrivi il sabato?? Che tristezza. Che tristezza! Per fortuna sono capitata qui, e vedo che non sono sola, forse non sono davvero “pazza” come qualcuno crede. Io non so se “non sono fatta per il posto fisso”..so che sono fatta per essere felice, e finchè la vita me lo consentirà ci proverò in tutti i modi a trovare la mia strada!
Grazie
Ciao, in questi giorni sto valutando seriamente l’idea di lasciare il mio posto fisso, ma sono spaventata dal fatto di deludere i miei genitori. Stavo cercando su internet una spinta per prendere questa decisione e mi sono imbattuta nel tuo blog. Sono buttata in un ufficio di un’azienda che prepara corsi di formazione e quello che faccio tutto il giorno è copia e incolla di powerpoint. La situazione è peggiorata quando mi hanno trasferita in Piemonte, da allora ho capito che la mia vita sarebbe stata: sveglia alle 6, esci da lavoro alle 17 e casa. Ne sono terrorizzata a tal punto che sto perdendo peso (cosa che non è male) e non sorrido nemmeno più. la mia paura è solo: come la prenderanno i miei genitori? ho 36 anni e sono single, quindi per la generazione del posto fisso e della donna sposata e con prole sono una fallita.
Leggere il tuo blog mi ha rincuorato moltissimo, grazie.
Ciao Carmela,
la descrizione che hai fatto di come ti senti è realistica al punto che ho sentito sulla mia pelle tutta la tua tristezza e preoccupazione.
Perdere peso è sinonimo che non stai bene nella scelta che hai fatto, non ingrassi perché è probabile che bruci tutto in preoccupazione. Prima di chiederti come la prenderanno i tuoi genitori, rifletti su un’altra cosa: come la prenderai tu la tua vita, fra qualche anno? Come ti sentirai?
E’ questo ciò che conta. Se loro ti vedranno felice, lo saranno di conseguenza anche loro. Pian piano. A me è successo così: all’inizio mio papà mi ostacolava – e a volte anche mia mamma – ma io sono andata determinata nella direzione dei miei sogni e negli anni sono riuscita a cambiare vita. E alla fine loro, vedendo me più serena, si sono tranquillizzati. Trova il coraggio di dire loro ciò che senti davvero, e non ti fermare di fronte alle loro facce bieche.
La generazione del posto fisso e della donna sposata non appartiene a tutti: siamo tutti diversi, ognuno col suo cammino.
Prova a pensare come potresti cambiare la tua vita, un passo alla volta, finché non riuscirai a liberarti del copia-incolla di powerpoint.
Ti abbraccio!
Mi trovo a quel bivio proprio in questo momento. Parola per parola. Non ho ancora terminato di leggere tutti i commenti ma mio dio quante persone si trovano più o meno nella mia situazione! E ho pensato sapete perchè? Forse perchè c’è il mito pressante del lavoro fisso, e il terrore della flessibilità. Se fosse più semplice cambiare, avremmo meno paura forse? Ad esempio nel mio lavoro è visto male cambiare ufficio, io invece trovo che sia arricchimento, anche per l’azienda. Quando una persona desidera provare un’esperienza nuova….è una tragedia, è visto male, ti prendono per pazza, ti dicono se te ne vai non torni più. A parte il fatto che non voglio tornare, ma se un giovane decidesse di fare un’altra esperienza, che male ci sarebbe a tornare, non porterebbe ricchezza, freschezza, ulteriore conoscenza e capacità? Se il mondo del lavoro fosse più fluido, più aperto, cambieremmo spesso, e porteremmo le nostre competenze con noi e arricchiremmo anche i posti dove lavoriamo di volta in volta. Invece è tutto cristallizzato, e tutti hanno il terrore di lasciare la propria gabbia. Per me è diventata una gabbia, il malessere c’era già prima strisciante, lo sentivo e lo tenevo a bada, da anni. Ma ho viaggiato, mi sono fatta il mutuo, mi sono sposata, vivevo solo per le ore libere, per i week end e per le vacanze, progettando mi svagavo e alleggerivo la prigionia, e tutto sommato quello che facevo prima nell’altro ufficio mi pesava meno. Ma sapevo che a un certo punto sarei crollata. Sono riuscita a resistere per anni. Volevo dei figli e li ho avuti, e ho sfruttato la possibilità di avere una maternità al sicuro, con un’entrata e un lavoro ad attendermi. Ho avuto il part time per 3 anni in un ufficio dove stavo benissimo, con colleghe, il capo (donna) e con le mansioni. Era un equilibrio perfetto, e mi dicevo di tanto in tanto per ora sto bene, ho i bambini piccoli, ma più avanti dovrò affrontare la cosa. Pensavo, quando avevo tempo, ma sapevo che la questione non era imminente. Poi tutto è crollato, nel giro di due mesi mi hanno messa a lavorare in un ufficio orribile, capo orribile, mansioni alienanti, io senza competenze e continuamente sotto pressione, e mi hanno tolto il part time. è un incubo anche solo prendere un permesso, se stai a casa malata un giorno te la fanno pagare. Bossing a non finire, tristezza, hanno tentato perfino di scoraggiarmi a farmi le mie pause caffè da 10 minuti, come è diritto di ogni lavoratore. C’è chi non mangia nemmeno in quell’ufficio. Hanno il terrore di chiedere le ferie. E io ho cominciato a cercare, a mandare curricula ovunque, disperata. E ho cominciato a non vivere. Ansia, in ufficio, a casa, dormire male, incubi, sintomi vari. Mi sento praticamente spegnermi sempre di più ogni giorno e sto diventando una madre triste, spenta, stanchissima e apatica a volte. A volte ho una rabbia estrema. Perciò abbiamo deciso, che il salto lo farò. Tutti mi chiamano pazza. 1600 euro anche io, guardate un po’ il caso. Ma in un’azienda di cui non condivido i valori, che pensa solo al profitto e per cui sei solo un costo, che incoraggia il bossing, con un capo misogino che ha sempre e dico sempre punito le donne che hanno figli, a meno che non siano le sue protette che rientrano dalla maternità un mese dopo il parto e lavorano fino a tardi e anche il sabato. Non è più vita. Ed è proprio vero che più stai male più il corpo urla, il mio inconscio mi manda messaggi potenti e io continuo a ignorarli perchè la ragione mi dice che non è saggio e che è da pazzi. Ormai resisto a malapena. E da quando ho capito che tutto sommato il salto nel buio è fattibile, che mal che vada saprò adattarmi, che se resto nulla di bello potrà accadere ma che se ci provo (e se non ci provo ora che ho 39 anni) ho una possibilità che qualcosa di migliore accada , e che fallire è possibile ma non è detto, e che se fallisco almeno ci ho provato…. detto tutto ciò, quando realizzi che vuoi dare quel taglio e che puoi farlo consapevole di tutti i rischi che riesci a prevedere…. diventa un’urgenza. Un bisogno impellente e fisico. Grazie delle vostre esperienze, ora corro a leggermi il tuo blog 🙂 ps io lavorerò con mio marito…non è una cosa ‘sicura’, è un rischio, meno soldi senza dubbio. e non può essere così per sempre. ma almeno avrò tempo. ho altri progetti (tento di scrivere anche un blog perchè quando sono più lucida so scrivere anche bene e ho molte passioni e cose da condividere) e se tutto andasse male, mi adatterò e ricomincerò, anche se so che non è semplice e che costerà fatica.
Ciao Natascia e benvenuta nel club di quelle che hanno deciso di prendere la propria vita in mano e cambiare le cose che non vanno più.
Non ho molto da aggiungere a tutto ciò che ci hai raccontato – generosamente, e per questo ti ringrazio -, sprigioni una grande energia e sono sicura che, dopo aver fatto il primo passo per liberarti dalla situazione lavorativa impossibile in cui ti ritrovi, tutto andrà meglio, le porte si apriranno.
Ti lascio con una bella citazione di Osho:
“Sei tu, sei sempre tu il fattore decisivo, sei tu che decidi tutto ciò che ti accade. Ricordalo!
La Chiave è questa: se ti senti infelice, è una tua scelta.
Se non vivi nel modo giusto, è una tua scelta.
Se perdi l’occasione, è una tua scelta.
La responsabilità è completamente tua.
Non avere paura di questa responsabilità.
Molti sono terrorizzati da questa responsabilità perché non sono capaci di vedere l’altro lato della medaglia.
Sull’altro lato c’è scritto: Libertà.”
In bocca al lupo!
Ciao. Io sto per lasciare il mio posto fisso, considerato da tutti un buon lavoro e nemmeno stressante ed anche ben ben pagato. Mi considerano un pazzo, ma io non me la sento proprio di fare questa vita senza il giusto tempo di quantomeno provare ad attuare le mie passioni e di provare a fare quello che davvero mi piace. Quanto meno provarci, so che è rischioso e per tanti è da pazzi, ma giorno dopo giorno questa ripetizione inutile delle giornate che mi rendono solo fiacco fino a quando sarò vecchio, mi sembra una cosa patetica, ma come forse sarò patetico io quando dopo pochissimi mesi sarò povero se non troverò quella cosa che mi renderà tranquillo e felice e che mi farà però anche vivere dignitosamente. Non lo so, andrò incontro alla mia famiglia che la prenderà come peggio non si può, ma bisogna pensare che la vita è la nostra, a volte, soprattutto quando ci si avvicina ai 40, bisogna anche passare sopra a certe cose, pur sapendo che forse farai soffrire anche qualcuno e tanto (purtroppo) ma ripeto nessuno può scegliere per te (me) alla fine. Siamo stati abituati a vivere nel comfort e pensando ad ogni passo di non deludere gli altri, di non sembrare “strani”, di restare sul piano omologato di sicurezza. Potrei benissimo farlo, ma la mia vita arriverà alla vecchiaia giornata fiacca dopo giornata fiacca, e io ora invece voglio svegliarmi la mattina e dire: oggi il mio futuro provo a crearmelo io! Rischioso? Si! Sbagliato? No
Voglio aggiungere che non sono stupido da pensare di poter domani ritrovare ad occhi chiusi un buon lavoro come il mio attuale che molto presto lascerò, lo so. Ogni lavoro la fuori è sfruttamento. L’unica è crearselo. Sfruttare le proprie idee. Andrà come andrà.
È facile parlare da privilegiati del mondo occidentale, annoiati, vuoti e insoddisfatti in cerca di un altrove che che è sempre qualche metro più in là.
È facile parlare quando i cosiddetti “paracadute” sono aperti prima ancora che ce ne sia bisogno e ad ogni atterraggio c’è un comodo materasso pronto a parare i colpi.
È facile parlare quando il famoso posto fisso lo si è avuto già da giovanissimi, perché papà ha messo una buona parolina per te… E del resto che avrebbe dovuto fare dopo aver sborsato centinaia di migliaia di euro per 10 anni (a volte più) di studi universitari con i master migliori, e l’erasmus in Europa (non sia mai non farlo! ) , e gli onerosissimi fitti di qualsiasi città universitaria, e la paghetta che la sua bella figliola usava per farsi di cocaina a 22 anni.
Ma certo, FOLLOW YOUR DREAMS!
Più difficile quando a 35 o 40 anni ti ritrovi per l’ennesima volta disoccupato, perché il tuo contratto non è stato rinnovato, con l’umiliazione di dover chiedere di NUOVO i soldi ai tuoi per vivere un giorno in più (figuriamoci la casa, l’autonomia e tante belle cose).
E il terrore di arrivare a 50 o 60 senza che la stabilità arrivi mai dove lo metti?
Anche a me farebbe cagare lavorare in un comune, una provincia o una banca. Ma la dignità violata ha un prezzo molto più alto della noia di un lavoro monotono e che non ci piace.
Siamo persone a tutto tondo, mica dobbiamo per forza identificarci con quello che ci dà da vivere. Fin quando è un lavoro onesto e rispettoso dell’essere umano è oro.
Ho un’amica bulgara, è nata nelle campagne. Sin da piccola ha aiutato la sua famiglia nel lavoro della terra, nell’allevamento degli animali. A 9 anni alle 5 del mattino era in una stalla a dar da mangiare alle vacche. A 14 ha iniziato a lavorare in una fabbrica di scarpe (italiane!!!) 10 12 ore al giorno esposta a tutte le colle e prodotti vari tossici senza alcuna protezione. 200 euro al mese, a nero. A 25 la famiglia le ha chiesto di venire in Italia per fare la badante. Non propriamente il sogno di una vita…
Eppure oggi è una 35 enne serena, che sprizza gioia di vivere, ottimista, solare gentile, sensibile, con un’intelligenza fuori dal comune. È grata, è grata di tutto quello che la vita le ha dato, è grata di avere degli amici, un tetto sulla testa, cibo tutti i giorni, vestiti da indossare, soldi da poter mandare a casa per far godere tutti delle sue “fortune”, grata di avere i soldi per poter tornare una settimana in Bulgaria e poter festeggiare le feste di Natale insieme ai suoi cari.
Forse è questo quello che ci manca. La gratitudine vera e profonda. Siamo tutti ripiegati in un individualismo cieco, ottuso, malsano, arrogante che non si rende conto che si nutre di quello che critica.
Chi cavolo comprerebbe una brutta borsa del cavolo su etsy, magari fatta anche male, se non una tipa che appunto ha il posto fisso?
Chi cavolo si fa il viaggio in Oman con guida turistica annessa, se non l’impiegato con un reddito garantito di 30k annui minimo?
E non è forse un impiegatucolo x che ricorre alle sedute di “life coaching” da 100 euro a botta? Ovviamente, è l’unico che ha la certezza di guadagnare anche il mese successivo e vede tutte le sue necessità primarie già appagate.
Dovremmo tutti abbandonare il narcisismo che ci incolla alle sole nostre immagini riflesse ed alzare un po’ di più lo sguardo sul mondo reale. Tornare al collettivismo, alla società vista come organismo unico, dove il benessere di tutti corrisponde al mio, e non il contrario.