
Poi, prima che lei salisse sul taxi, lui le ha girato il viso e l’ha baciata.
Un bacio breve, poi un altro ancora.
Una mano sui capelli, una sulla schiena.
Un bacio di due sconosciuti.
Lei è salita sul taxi.
Lui si è seduto al suo fianco.
Le ha messo una mano sulla gamba.
Lei gli ha messo la mano sulla sua.
Una mano bianca.
Una mano nera.
Scura, nodosa.
Una mano da pianista.
Lui l’ha baciata di nuovo.
Il taxista che guardava dallo specchio.
Poi l’ha abbracciata.
Lei gli ha appoggiato la testa sulla spalla.
Erano imbarazzati.
Si conoscevano appena.
I semafori.
Il buio.
Le dita intrecciate.
Poi lui è arrivato.
L’altro taxi lo stava aspettando.
Quello collettivo.
Quello con la musica.
Quello dei poveri.
Quello dei neri.
Un altro bacio.
L’ultimo.
Non voleva scendere.
Poi è sceso.
La portiera si è chiusa.
Lui le ha dato un bacio sfiorando la mano sulle labbra.
Labbra grandi, carnose.
Con la mano scura.
Nodosa.
Da pianista.
Poi il taxi è partito.
Lui è stato a guardare.
Lei ha girato la testa.
Gli occhi azzurri di lei.
Gli occhi neri di lui.
Voleva scendere.
Andare con lui.
Sul taxi con la musica.
Quello dei poveri.
Quello dei neri.
Rimarrà un bacio solo.
Questo.
Poi la notte li ha inghiottiti.
Il taxi di lei.
Il furgone di lui.
Poi il taxi è arrivato.
La villa.
Il filo spinato.
Poi una chiamata.
Sì, sono arrivata.
E’ buio.
E’ buio nel ghetto.
Non si videro più.
Forse.
Solo un bacio.
Una mano.
Un taxi.
Quello con la musica.
Quello dei neri.
Johannesburg, in una notte insonne di marzo. Una storia vera.
6 Comments
Oh Eli, sei da brividi…
Realmente successo, mia cara… 😉
Peccato il video non si carica
Mm… Cercalo su YouTube Marvin Gaye “Inner city blues”, è bellissimo
<3<3<3<3
🙂