Ciao Eli,
Come stai?
Come ti sarà capitato molte altre volte, stai leggendo il messaggio di una completa sconosciuta che ti segue, legge i tuoi post e ha trovato una affinità elettiva in quello che scrivi.
Ho pensato di scriverti non solo per farti i complimenti, ma anche per condividere la mia storia, allo stesso tempo uguale e diversa da quelle che leggo.
In molti dei post e delle storie che racconti si parla di mollare tutto e iniziare un viaggio: lasciare casa, e la propria zona di comfort per l’ignoto.
Per me, invece, uscire dalla mia zona di comfort vuol dire tornare a casa
In brevissimo, dopo anni in giro per il mondo, sono in procinto di rientrare in Italia.
Ho abbandonato per la prima volta la mia zona di comfort nel 2005, a 27 anni, quando sono partita per Los Angeles: un anno come visiting scholar in una delle città più sorprendenti del pianeta. Un vero shock culturale per chi, come me, non era mai stata negli Stati Uniti.
Sono rientrata da quella esperienza arricchita, ma felice di essere a casa.
Fast-forward al 2009: ho un lavoro come consulente di marketing e branding in una nota agenzia a Milano, ho comprato (e appena ristrutturato) casa, ho un nuovo ragazzo che mi piace tantissimo e poi… BUM, la vita ci ha messo il suo ironico zampino.
Il 2009 è l’anno in cui la crisi colpisce per la prima volta l’Italia. La mia società è americana e l’headquarter minaccia tagli al personale. La via d’uscita per non perdere il lavoro? Il mio capo mi parla di una posizione aperta nell’ufficio di New York. Mi danno una settimana di tempo per decidere se dire sì o no.
Non era mai stata a New York: io che amo tantissimo viaggiare e che (letteralmente) ero stata anche a Timbuctu, non avevo ancora visto la grande mela. Ero terrorizzata, ma quando The City ha bussato alla mia porta, non sono riuscita a dire NO. E così sono partita.
Se vuoi sapere di più di quel primo atterraggio, puoi trovare qualche racconto in questo blog NEW YORK RULES – che poi ho abbandonato perché non era ancora il momento giusto.
Quattro anni sono volati a New York: una palestra per i sensi e per la mente. New York ti marchia, ti cambia e ti rende coraggiosa. O almeno a me è successo così.
Ho scoperto la fondamentale differenza tra viaggiare e trasferirsi
Il viaggio implica una fine e un ritorno: sei il palloncino di elio tenuto stretto in una mano. Invece, trasferirsi a tempo indeterminato ti proietta in una dimensione differente: sei il palloncino di elio che è scappato alla presa della mano, viaggi nell’aria e non si sa di preciso quando toccherai di nuovo terra.
Ma dopo 4 anni ho sentito che New York non era più abbastanza per riempirmi cuore e anima, per distrarmi dalla ricerca della vera me e l’infelicità e l’inquietudine si sono fatte strada.
Sentivo di voler rientrare più vicino “alla terra” e così ho chiesto di essere trasferita in Europa: due porte si sono aperte. Su una era scritto Madrid, sull’altra Parigi.
Scelta difficilissima: conoscevo e amavo Madrid; conoscevo poco e non avevo amato molto Parigi. Il lato razionale ha prevalso: l’offerta di lavoro migliore era su Parigi e così Parigi è stato. Di nuovo sono uscita dalla comfort zone, di nuovo sono atterrata sola in terra straniera (sono single, per cui sposto valige e organizzo traslochi in autonomia).
Da allora è passato un anno splendido in cui Parigi mi ha accolta con amore e mi ha coccolata. La sua bellezza, la sua innocua superbia mi hanno incantato e divertito. Ma di nuovo l’insoddisfazione e l’infelicità sono tornate a cercarmi. Una voce da dentro ha ricominciato a ripetermi “torna a casa, ritrova le tue radici, smettila di essere chi non sei”.
Questa volta ho deciso di ascoltare per intero il messaggio che la mia voce interiore cercava di darmi da qualche tempo
Il mondo delle grandi aziende, la possibilità di entrare in contatto con il top management di alcune delle aziende più importanti del pianeta fanno la felicità di mio padre, più che la mia.
Ora che l’ho capito, e accettato, sto prendendo il rischio più grande della mia vita: quello di fare qualcosa che piaccia e appartenga a me stessa.
E così mi sono licenziata, ho abbandonato il mio buono stipendio e il mio lavoro corporate per rientrare in una Italia in crisi economica e senza certezze.
Ho analizzato le mie passioni e sogni e messo il mirino su quello con più probabilità di diventare realtà: mi sono iscritta ad un corso serale di interior design che inizierò settimana prossima.
Tra qualche giorno lascerò Parigi per rientrare a casa, ma in realtà mi sento come se stessi partendo per il mio viaggio più lontano, come se stessi per saltare da un trampolino ancora più alto di quelli da cui ho mi sono lanciata in passato.
So che sarà dura, so che per far durare i miei risparmi il più possibile dovrò stare attentissima, ma non vedo l’ora di cominciare.
Abbandonare le quotidiane certezze e gli schemi rassicuranti, per diventare ciò che siamo destinati a essere, è il vero viaggio, qualunque sia la propria collocazione geografica.
Inizierò un nuovo blog per raccontare la mia nuova avventura.
Un abbraccio e un in bocca al lupo gigante!
O.
“New York invece, ricorda un calderone magico. Quelli che vi ci sono gettati, nascono un’altra volta”
-Charles Whibley
1859-1930, Journalist
Foto e citazione tratti dal blog di O. New York Rules
A volte bisogna tornare a casa per ritrovare se stessi. Io, ad esempio, sono tornata in Italia la scorsa estate – leggi qui se non sai come e perché – e solo ora capisco di aver fatto la scelta giusta, benchè sofferta. Avevo bisogno di fermarmi e ritrovare stimoli giusti e obiettivi nuovi per ripartire.
Dopo anni all’estero mi ero un po’ persa nel mio girovagare. Troppe emozioni.
Bisogna avere il coraggio di fare un passo indietro, che poi è un passo avanti.
Come scrive Monia Papa, bisogna “saper fare un passo indietro rispetto a un progetto. Perché magari a un bivio la scelta tra le due alternative è stata sbagliata. Perché magari una strada che prima sembrava impraticabile da lontano si è capito essere più che possibile. Più che percorribile: da percorrere senza se e senza ma. Anche per questo è importante tener traccia di dove ci si trova, di dove si era e di dove si vuol andare: siamo il frutto di ciò che abbiamo fatto ma anche di ciò che possiamo scegliere di rifare e di migliorare”.
Io ho ripreso in mano la mia vita, e ora, più serena, sto andando verso una nuova partenza.
E tu, stai correndo il rischio più grande della tua vita, per accontentare non più gli altri, ma te stesso?
23 Comments
Complimenti, ragazze – O. (New York Rules), Eli, Monia -, per questo post che è un puzzle di scelte emozionanti!
Sì, anche io sto correndo il mio rischio più grande, prendere in mano la mia vita e accontentare prima me e poi gli altri. Non c’è limite di età per farlo anche perché, come donne dedite alla cura degli altri, tendiamo inevitabilmente a metterci in secondo piano! Come figlie, mogli, madri… E va bene ma solo fino a un certo punto! #Lascia1commento 🙂
Grazie Gloria! 🙂
È vero: siamo cresciute con mamme che spesso mettevano da parte i loro desideri e aspirazioni, e questo ci ha fatto credere che sia giusto così. O che sia l’unica via percorribile. Invece, ci vuole equilibrio tra le due cose: darsi agli altri, ma senza sfinirsi. E perseguire comunque la propria felicità: per far star bene chi ci sta intorno, dobbiamo in primis essere soddisfatti noi.
Non è facile distinguere il nostro vero percorso da quello che noi stessi abbiamo immaginato per noi, o gli altri hanno immaginato per noi. Si va per prove e aggiustamenti. E’ importante (e per niente ovvio) essere disposti a farli, questi aggiustamenti. 🙂
Concordo: a volte ci si incaponisce sul continuare a percorrere una strada, quando un piccolo aggiustamento (o passo indietro) ci farebbero prendere un percorso migliore e più adatto a noi.
Riuscire a condividere ogni singola parola di un post nonostante il diverso modo di scrivere, le diverse esperienze di vita o le diverse prospettive è difficile, quasi impossibile..ma il tuo articolo ci è riuscito! La mia mente e il mio cuore, in questo momento storico, hanno seguito, approvato e condiviso ogni singola parola!
Sono contenta di aver colpito nel segno, Simona! 😀 Sono appena andata a leggere il tuo blog, il cui nome mi incuriosiva: ma ci devi narrare un po’ di te, di questa donnina di Lego che ti porti appresso in ogni viaggio!
Scoprirete tutto pian piano, promesso! 🙂
Bene! 😉
C’è sempre una tensione continua, partire/restare? Ho vissuto in Scozia per 5 anni, poi è stato necessario tornare a casa, adesso non riuscirei a “mollare tutto” e ripartire, ad immaginare di vivere altrove, di lasciare casa. Però gran parte dei miei sforzi sul lavoro sono tesi a creare tempo per viaggiare di più e più a lungo, ed il sogno nel cassetto quello di un anno sabbatico. Ma casa, temo, è qui dove sono adesso, nonostante gli inevitabili periodici malumori. Ma seguirò le tue avventure Ely per una futura partenza, e quelle di New York Rules (che ha scritto un post fantastico!) che a casa ci torna. E davvero sarà una nuova avventura, perché ad ogni viaggio, si torna ogni volta diversi.
errata corrige “eli”
No problem: eli o ely, sono sempre io 🙂
Ciao Roberta! Evidentemente non è il momento per te per partire di nuovo, e stai bene dove sei. L’esperienza all’estero l’hai fatta e per il momento stai bene lì, in quella che chiami casa. Poi magari si aprirà la possibilità di un anno sabbatico, oppure avrai di nuovo voglia di mollare tutto e andare.
Niente è per sempre: anche le nostre decisioni – e i nostri gusti e desideri – possono cambiare. Così come noi, che come dici bene tu torniamo ogni volta diversi. Un abbraccio a te, compagno e splendido cane 😉
Si sono sempre “possibilista”…, e ad ogni modo la maggior parte del tempo libero (poco) è dedicato a pensare al prossimo viaggio. Il mio ideale di vita al momento? Una coppia di coniugi canadesi conosciuti con lo Scambio Casa che lavorano 6 mesi e gli altri 6 viaggiano il globo 🙂
Ma quello è anche il MIO ideale di vita! 😀 Io me lo pongo come obiettivo, piano piano si costruisce qualcosa, e poi if God will, ci si arriva.
Buona giornata! Anche a Frodo – che nome!! 🙂
Giovanni e Frodo ricambiano il saluto…
ciao Eli Sunday Siyabi , apprezzo molto le tua parole, sono molto profonde mi hanno toccato i tasti per spingermi a risponderti.
Io non ci sto a perdere e anche se è successo tante volte, io sono un vincente e mi considero tale.
Il mio sogno è sempre più riccorrente, guadagnare una grossa somma di denaro, prendermi poi un anno sabbatico di vacanze, fare tutto quello che mi sento di essere portato, io lavoro ormai da troppi anni ed ho capito (tardi) che facendo lavori “comuni” non divento ricco e benestante, tutto questo mi demotiva, per quello che sono alla ricerca della mia felicità interiore, al livello affettivo sono a posto ho una stupenda famiglia che mi ama profondamente. Ma solo con l’amore non puoi spendere ed investire. Oggi ho 51anni, dopo 39 anni di lavoro è arrivato il momento della svolta. Io sono per ” I soldi Fanno la felicità!” come dice Alfio Bardolla nel suo libro.
Ciao Pietro, io penso che i soldi possano fare la felicità, ma senza tutto il contorno che hai (la tua stupenda famiglia e anche la salute), non ci potrebbe essere vera felicità anche se fossi milionario.
Non è facile mettere da parte una grossa somma di denaro e poi partire per un anno sabbatico a viaggiare solamente e rilassarsi: per chi, come noi, ha un lavoro che non farà diventare ricco, è quasi impossibile. Però è possibile andare a piccoli passi, come ad esempio mettere da parte qualcosa e prendersi due-tre mesi di pausa; oppure, partire per un anno sabbatico pensando di trovare poi un lavoro da qualche parte, che permetta di mantenersi un pochino in viaggio.
Se invece sei alla ricerca della tua realizzazione personale, fallo perché vorresti fare qualcosa in cui esprimerti in ciò che sai fare, che ti farebbe stare bene. Non per il fine di guadagnare una grossa somma di denaro, ma per sentirti meglio tu. Infatti scrivi di voler fare tutto quello che ti senti essere portato di fare: questo bellissimo pensiero non ha come fine ultimo un guadagno materiale, bensì spirituale.
La felicità che regala i soldi è temporanea; quella che regala l’amore per se stessi e gli altri no. E dalle tue parole ho proprio captato che tu abbia voglia di dare una bella svolta alla tua vita, che coivolga tutti i tuoi talenti 🙂
Ma che bell’articolo emozionante! Peccato ti abbia ‘scoperto’ solo oggi!
La mia comfort zone non sapevo nemmeno dov’era fino a cinque anni fa… Anch’io avevo viaggiato tanto, ma non ero mai felice, nè in Italia nè altrove…
E poi per caso ho trovato ‘casa’! (Sto nel British countryside adesso). Io ho sempre pensato che le esperienze servono per imparare e capire chi veramente siamo e anche dove ci sentiamo a casa, dovunque quel luogo sia!
A presto globetrotter!
Ciao! Che bel messaggio, trasuda positività! Anche il tuo blog ha una luce particolare, sai?
No dai, sono stata nel British coutryside proprio la scorsa estate, se solo ci fossimo incontrate virtualmente prima… 🙂
Credo sia una bellissima senzazione quella di aver trovato casa, il luogo dove ci sentiamo bene e possiamo essere noi stessi. Io mi ero sentita molto bene quando avevo vissuto a Tirana, ma poi la difficoltà di trovare un lavoro laggiù mi aveva fatta andare altrove. Quindi, al momento, sono ancora nella fase “non sono pienamente felice in nessun posto”. La tua storia personale mi fa pensare che non sono hopeless 😉
A prestissimo allora!
Troppe volte si accontentano gli altri x il famoso quieto vivere
Proprio ciò che non si dovrebbe fare, e tu Laura sei un esempio: hai seguito ciò che sentivi dentro, anche se ti dicevano che stavi facendo una pazzia 😉
A forza di leggere il tuo blog queste sono le conseguenze 😛
Ah ah sono già responsabile di un paio di fughe, mi sa ! 😀