Non sono fatta per questo grigio. L’avevo dimenticato, e a rinfrescarmi la memoria ci ha pensato questa sosta autunnale in Italia per aiutare mia mamma per quaranta giorni, in attesa di togliere i punti al piede a seguito di un’operazione complessa. Sono nata per stare al sole: sono del mese di agosto e accetto solo qualche temporale breve, seguito da un bell’arcobaleno.
Stare in Italia in inverno è come fare una prova generale della pensione. Non so voi, ma a me i piumini neri, i giacconi grigi e i pantaloni color fumo intristiscono l’anima. Non ho mai capito perché, in autunno, gli italiani amino chiudere nell’armadio tutto il colore sfoggiato d’estate, per tirare fuori cinquanta sfumature di basalto. Per ognuno dei sedici livelli di grigio che l’occhio umano è in grado di distinguere, io individuo solamente sedici livelli di ansia. Ora mi è ancora più chiaro perché, otto inverni fa, decisi che ciò che il mio cuore desiderava era più importante di quello che gli altri si aspettavano da me.

Non c’è nulla di male nel voler condurre la propria vita sempre nello stesso posto; solo, non fa per me. Ognuno di noi ha il dovere di combattere per ottenere ciò che vuole e lo fa stare bene. Se è il posto fisso, ben venga! Se è invece condurre una vita nomade, perché no? Non c’è una verità assoluta: c’è solo il desiderio di essere liberi, ognuno a modo suo.
L’anno in cui presi la mia seconda aspettativa dalla scuola per andare all’estero a cercare la mia strada, una (simpatica) collega disse a qualcuno: “Chissà da cosa sta scappando?”. Se intendeva da problemi miei interiori, l’ex collega si stava sbagliando: non tutti vanno all’estero perché stanno male con se stessi. Ecco, invece, da cosa stavo scappando:
– Da una vita sempre uguale casa-scuola-casa fino a 67 anni in un paese che sentivo stretto;
– Dalla mentalità italiana che non era nelle mie corde;
– Dalle facce giudicanti della gente che va a messa la domenica – o dà addirittura la comunione – e poi guarda come sei vestito, cosa fai, come ti comporti, e ti giudica;
– Dall’assenza di energia e creatività che mi prendeva ogni volta che tornavo da un viaggio.
La gente utilizza la parola “scappare” con troppa faciloneria, senza tenere conto del fatto che non siamo tutti uguali: ognuno è strano a modo suo. Se non è un genitore, non dobbiamo spiegazioni a nessuno: viviamo le nostre scelte in serenità e godiamo delle conseguenze. Scrive Björn Larsson nel suo “Bisogno di libertà”:
C’è un potere intrinseco nella noia della domenica pomeriggio: si può trasformare quella zona grigia, quel vuoto, in un taglio netto. Spesso perdiamo di vista un concetto importante: cadere vittima della volontà altrui è più rischioso che tentare di essere felici. Sono stata vittima anch’io della volontà altrui. Ciò è accaduto ogni volta che sono tornata in Italia e mi sono lasciata sopraffare dal grigiume delle scelte compiute da altri. I mesi passavano e io ero tornata a essere color Torino, nell’abbigliamento come nell’incarnato. Il cuore, però, è più scaltro di noi e trova sempre un modo per farci sussultare: una frase su un libro, un’intervista a una persona libera, la scelta di vita di qualcuno che ha avuto il coraggio di inseguire le sue passioni, ed ecco che torna il mal di pancia. Il Dottor Claudio Bonipozzi lo dice chiaro:
“I problemi del sistema digestivo ci parleranno della nostra difficoltà ad inghiottire, digerire, assimilare già che avviene nella nostra vita. I problemi cominciano a fare sentire il loro peso sullo stomaco quando non ci si riesce più ad esprimere, manifestare le proprie contrarietà. (…) è come se il corpo dicesse giù la maschera esci da quel ruolo finto, stai interpretando una personaggio che non ti appartiene.”
La stanchezza cronica che ti prende potrebbe non essere altro che trovarti nel posto sbagliato, a fare ciò che non vuoi fare. Tutti abbiamo il diritto a voler essere diversi e vederci diversi, a indossare in inverno un giubbotto giallo e le calze rosse, a portare gli occhiali rotondi anche se quest’anno vanno di moda a farfalla, ad esprimere la propria unicità. Noi non lo sappiamo, ma nel mondo c’è qualcuno che ha bisogno della nostra straordinarietà.
Vuoi viaggiare? Viaggia! Vuoi vivere con la macchina fotografica al collo e un biglietto di sola andata? Parti!
Non c’è niente di male a voler vivere libera per le strade di Bangkok, a voler camminare a piedi scalzi per le strade polverose del Kenya, o a desiderare di vivere un’avventura d’amore esotica e lasciarsi andare, per una volta nella vita.
Se senti che la tua vita è diventata una camicia di forza, non pensarci due volte, prendi la macchina, vai in aperta campagna e urla: “Mi sono rotta il cappio!”. E poi gettalo nel primo bidone della spazzatura, come feci io con il botticino dello Xanax anni fa all’aeroporto di Bangkok.
Superato il ponte delle insicurezze c’è sempre una nuova vita che ti aspetta.
8 Comments
Tonalità di grigio? Mai! Colori, colori forever! Incoraggiano anche a cambiare ciò che va cambiato, secondo me. 🙂
Hai ragione, Grazia: colore è cambiamento, allegria, e aiuta la creatività 🙂
Io bene che mi sono rotta il cappio! di bruttoooo!
Leggendo il tuo bel racconto, vedo che “tutto il mondo è paese”, riferendomi al punto della (simpatica) collega giudicante. Io lavoro in un ambiente di (simpaticissime) colleghe giudicanti, e mi sento in gabbia, orari da studi/negozio…e mi sembra di passare la vita qui ed essere in prigione. Se aggiungi che io viaggio (solo le settimane che posso) sono giudicata e sparlata dietro per invidia a più non posso….cerco di far finta di niente ma certe cose danno davvero fastidio. Gente con cui non passerei un minuto nella mia vita, se non lavorassi qui…La spinta non l’ho ancora avuta ma malesseri tanti.
Ti ammiro molto per il tuo essere libera e fregartene degli altri. Per le tue scelte.
Se funziona la storia di andare in campagna e urlarlo, vado ora! : )
grazie
Ciao Denise,
grazie per il tuo commento. Faccio davvero fatica a comprendere il perché si debba sparlare dietro alle persone, soprattutto non capisco cosa ci sia di male a regalarsi dei viaggi. La vita è forse fatta per lavorare e basta? Immagino il fastidio, bisogna lavorare tanto su se stessi per riuscire ad arrivare a provare compassione per questo tipo di persone e non farsi toccare dalla loro cattiveria.
Ti auguro di poterti liberare presto. Un abbraccio grande!
Io invece sono finita in un posto ancora piu’ grigio… 😉
Ciao Elizabeth!
Ciao! Io non potrei vivere nel nord Europa, ho bisogno di sole e di caldo! 😀
Ti seguo da un po’ e solo ora ti scrivo, anche se avrei voluto farlo prima. Leggendo i tuoi post, i tuoi racconti mi perdo completamente e sogno, immagino, vorrei abbandonare parte di quello che mi circonda perché sento che non mi appartiene. Chissà forse prima o poi riuscirò. O forse creerò il mio piccolo paradiso qui dove sono e imparerò a fregarmene del giudizio e dei commenti sterili che arrivano alle spalle. Come si dice, bando alle ciance e spero un giorno di poterti incontrare di persona. Sei una persona solare e positiva. Ti ammiro molto. Un abbraccio virtuale da Verbania.
Ciao Cinzia,
grazie per aver scritto! Se senti che è ora di un cambiamento, puoi davvero iniziare da casa tua. Per esempio, butta via le cose che ingombrano e che non servono; saluta e lascia andare le persone che non ti danno più nulla se non negatività; coltiva un hobbie che ti fa stare bene e ti regala momenti di serenità. Puoi fare yoga, o iniziare uno sport. Piano piano poi le cose iniziano a incanalarsi per la strada giusta.
Ti abbraccio e grazie per i compimenti!
Saluti da Salalah, Oman