Il cellulare è spento, viaggio da sola e nessuno mi può trovare: adoro i miei spostamenti in aereo. Non ho mai fretta di arrivare: scelgo sempre voli che mi permettano lunghe soste in aeroporti che non conosco, in cui mi perdo a osservare chi mi passa accanto, mi collego al wi-fi dell’aeroporto e scrivo in santa pace. Ma soprattutto, lascio che i pensieri fluiscano leggeri: di solito ottengo le risposte che cercavo, o partorisco idee interessanti. Oggi sono all’aeroporto di Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, diretta a Bangkok e poi Phnom Penh.
Come sono arrivata fin qui? Sono passati undici mesi da quando ho depositato la mia domanda di aspettativa presso la segreteria della scuola, con un nodo in gola: starò facendo la cosa giusta a scegliere di cercare la mia felicità?
Avevo tenuto dentro questa pietra per un anno intero, che con la domanda di aspettativa era quasi uscita. Era il 7 giugno, e sei giorni dopo ero su una barella per le scale della scuola, che mi stava portando al pronto soccorso. Il sassolino era quasi sceso; una colica renale dolorosissima mi stava ricordando che dovevo ancora fare un passo per farlo uscire del tutto: dire ai miei che me ne sarei andata per un anno, senza un lavoro, senza un obiettivo preciso se non quello di viaggiare e cominciare a scrivere. Tutto il contrario di ciò che una famiglia benestante di provincia può aspettarsi da una figlia quasi quarantenne e con un posto fisso per il quale ringraziare Iddio.
Con i miei genitori era stato tutto un fingere, o meglio, un tacere: peccato che io di tacere non ne sia capace, e questo si sia poi riflettuto sul fisico. Perchè se uno tiene un’insoddisfazione tutta dentro, poi questa da qualche parte deve pur uscire, no? Era giugno e non potevo più rimandare: avevo già pure acquistato il biglietto aereo di sola andata, Milano-Phnom Penh, Thai Airways, 5 luglio 2012, ore 14.05. E fu così che una domenica l’ho detto a mia madre, la quale ha finalmente disteso (solo momentaneamente, sia chiaro) le rughe di tensione sulla fronte e mi ha risposto: “Almeno hai avuto il coraggio di dirmelo, anche se lo sapevo già” (le mamme sanno sempre tutto in anticipo, anche quando crediamo non sappiano niente). Lo scoglio era mio padre: eccolo lì, seduto a tavola, ignaro e dunque beato di fronte alla pastasciutta e un bicchiere di vino rosso. Ho pensato “Magari glielo dico un’altra volta, perchè turbare questa tranquilla atmosfera familiare della domenica, perchè rovinargli proprio ora l’idea (peraltro falsa) che ha di sua figlia, perchè…”.
“Elizabeth deve dirti una cosa” ha tuonato mia sorella, rompendo l’idillio. Grazie, sorella: tu sai sempre come spronarmi con delicatezza. “Ehm… volevo solo dirti che io per il prossimo anno scolastico avrei deciso di prendermi (la domanda di aspettativa era già stata firmata) un anno di aspettativa per tornare in Cambogia“. Ecco, l’ho detto: apriti cielo. Il cielo si è aperto, lo vedo dal suo tipico gesto di rifiuto: la mano sulla fronte a mo’ di visiera, per non dovermi guardare. Le parole, quelle che temevo: “Non capisco dove abbiamo preso una figlia così! Dove abbiamo sbagliato! Ma non puoi startene tranquilla a casa come fanno tutti! E cosa andresti a fare, in Cambogia?”. “Niente”. “Come niente?”. “Ho risparmiato tutto l’anno come una matta per potermi permettere di non lavorare per almeno sei mesi. Cercherò un lavoro come insegnante di inglese. E comincerò finalmente a scrivere”. “I creativi muoiono di fame!”. E mia sorella “Ma lasciala almeno provare, no? Almeno una volta nella vita, poi se non va bene torna a casa!”. “Se morirai di fame sotto un ponte, non venire poi a chiedere soldi a me, che non te ne darò mai!”. “Tu nella vita ti sei realizzato, no? Hai fatto quello che volevi. Io lo voglio fare adesso. Non posso aspettare di avere novant’anni per coronare un sogno”. “Ecco, brava, io ho smesso di essere un idealista anni fa!”. “Io non ancora: quindi parto”.
E così è stato. Prima, però, ho effettuato l’ultima visita di controllo per vedere a che punto stava il sassolino nei reni: non c’era più. Uscito. Il medico mi ha riferito quanto fosse atipica la velocità con cui era stato espulso, in così pochi giorni. Non sapeva un particolare importante: era bastato essere me stessa. Avere il coraggio di fare coming out e venire allo scoperto.
In tutto questo, mia mamma come ha reagito? Come sempre: da vera stratega militare. Quando me ne stavo andando con le lacrime agli occhi perchè incompresa, ho sentito mio padre in cucina che tuonava insulti, l’ultimo del quale è stato “Io non capisco perchè questa smania di andare all’estero! Ma da chi avrà mai preso quella là!”. La risposta di mia madre è stata, come sempre, serafica e impassibile: “Ha preso da te: da fidanzati mi hai fatto venire una testa così perchè volevi scappare in Venezuela”.
E’ difficile recidere i tentacoli familiari, quando sono distanti chilometri da chi siamo diventati. Bisogna però imparare a fidarsi del nostro istinto, della nostra saggezza interiore. Anche se tutto il mondo vi sta dicendo che siete impazziti, che state sbagliando, che state per fare una cretinata, non lasciatevi influenzare e andate avanti per la vostra strada. Non sempre quello che per gli altri è ragionevole corrisponde al vostro bene. Credete in voi stessi, smettetela di pensare e partite per il vostro progetto di vita. Se gli altri capiranno, bene, senò pazienza: non potete sempre cercare di accontentare tutti, a scapito della vostra, di felicità.
Comunque non c’è da preoccuparsi: i legami non si recideranno mai, al massimo si logoreranno un po’, ma poi tutto tornerà come prima: quando gli altri capiranno che ora state molto, molto meglio.
Durante questi mesi di aspettativa, questa è la citazione, scritta su un taccuino, che mi ha salvata da tanti momenti di scoraggiamento:
“Arriva sempre il momento in cui vorresti sbarazzarti di un grande desiderio. Se ti arrendi, lo rimpiangerai. Ma se tieni duro, riuscirai a realizzarlo” – Massimo Gramellini.
54 Comments
“Smettetela di pensare e partite per il vostro progetto di vita. Se gli altri capiranno, bene, senò pazienza: non potete sempre cercare di accontentare tutti, a scapito della vostra, di felicità.”
Questa sarà la frase nel mio taccuino 🙂
😀
…pensavo la stessa cosa! Una frase che senz’altro mi rimarrà impressa. Stampata come un timbro postale!
wow 🙂
mornin’
still few days and my lovable desk will loses his rider. I hope to find a real horse, if not, patience; I’d can still walking by my legs 🙂
Great! I think you can climb the highest mountains: never lose faith in yourself. Good luck Andre! 😉
lo sapete che esiste il Santo Protettore degli Incoscienti?
Certo: è il Santo Protettore di tutti i lettori di questo blog. Te compresa 😉
Stessa reazione che ha avuto mio padre, quando ho abbozzato l’idea di partire, per fortuna mia madre è più comprensiva; invece appena l’ho detto a mio nonno, che di solito è il più intransigente, si è messo a piangere
Mia nonna già ai tempi dell’università mi chiamava zingara, e quando nel lontano 2000 le dissi che sarei andata a New York, mi rispose:”Brava, vatti a far rapire da Masakela!”.Che era poi l’ultima persona con cui era stata vista Ylenia, la figlia di Albano, a New Orleans: non usciva mai si casa, ma sapeva tutto 🙂
Impareggiabile contributo alle umane anticonformiste aspirazioni, Elizabeth. Davvero grazie per l’ironia, l’onestà e la semplicità con cui ti apri. L’ho letto 2 volte, così come il post sull’ossessione dell’uomo arabo per il sesso, che mi fa ridere appena ci penso. Mi insegni a mettere più ironia e meno “drama” in ciò che mi succede. E poi fattelo dire: scrivi da Dio, vai avanti così, che questa è la tua strada. Ma il bello è che lo sai già. Un abbraccio, ge
Grazie Gess! Credo fortemente nel potere dell’ironia per sdrammatizzare ciò che ci accade, soprattutto per affrontare situazioni spiacevoli. Senza un po’ di humour che vita è?
Eli, sorella mia ti adoro per sempre.
In ogni parola che scrivi io vivo con te.
un abbracio forte 🙂
Grazie!! 😀
Sono pochi purtroppo i genitori che possono capire questa voglia di andare via. Anche i miei, soprattutto mio padre, hanno sempre faticato ad accettare le mie partenze, Prima quella dal nostro piccolo paese alla città, poi quelle per la Cina ed ora per la Thailandia. A questo giro poi ho portato via da loro anche i nipoti. E a questo hanno avuto una reazione ancora peggiore. Chissà se noi viaggiatori incalliti sapremo essere più aperti nei confronti della voglia di libertà dei nostri figli! Sarei curiosa di sapere se fra un mese tornerai in Italia e se sì come ci tornerai…
Mah… forse anche noi saremmo restii all’idea di grandi distanze geografiche,che spaventano sempre chi resta. Perché chi resta è spesso colui che soffre di più.
Tra un mese dovrò tornare per forza: devo firmare la ripresa di servizio. Come torno? Solo le parole “ripresa di servizio” mi danno già un certo (conosciuto) senso di soffocamento. Poi dovrò prendere una decisione. Mica penserai che possa tornare a settembre a fare l’insegnante? Dopo un anno vissuto in giro per il mondo, e dopo aver capito tante cose di me, la vedo molto dura rinchiudermi di nuovo tra le quattro mura di una scuola, lavorare dalle 8 alle 4 e aspettare con ansia il weekend per ricominciare a sognare.
Personalmente l’avere una famiglia disastrata e geograficamente divisa mi ha permesso e mi permette tuttora di prendere decisioni in beata serenità e indipendenza! Ho una vaga idea delle aspettative di mio padre ma mi diverto a disattenderle e dimostrargli che si può vivere anche al contrario ! Una ribelle nell’anima insomma ! Invece a me capita di avvertire sguardi di riprovazione, se non finta contentezza in amici o presunti tali. Mi turbano un po’ ma non ne faccio un gran problema, penso che in fondo il problema è più loro che mio e accolgo la sfida ed il rischio di tornare con le pive nel sacco. Anche se, Sunday, con un’esperienza del genere quale dovrebbe essere la sconfitta? Tornare? Perchè tornare deve essere una sconfitta? Mica abbiamo siglato un patto di non ritorno, no?! Anche nel tuo caso, io a dire il vero non ci vedrei nulla di male se tornassi, lavorassi per un annetto e mettessi via dei soldini per ripartire…è un modo come un altro di vivere. Questo per dire che alla fine la vitaè fatta di cicli, momenti in cui ci si espande e momenti in cui ci si ritrae…fa parte del normale respiro dell’esistenza
Alla fine anche le famiglie disastrate servono a qualcosa 😉
Questi presunti amici sai perchè lanciano sguardi di riprovazione? Perchè loro non hanno coraggio, e ti invidiano. Anche a me è successo. Qui allora cito un’altra frase di Massimo Gramellini: “(…) ti esponi alle critiche di chi trova insopportabile la sincerità perchè ne teme il contagio”. Non sopportano che tu ti ribelli, perchè loro non hanno il coraggio (o le possibilità) per farlo.
Sono d’accordo che tornare non è una sconfitta: la vita è fatta di scelte continue, di andate e ritorni e poi forse di nuovo andate. In fondo, è quello che avevo fatto al ritorno dal mio primo anno in Cambogia: avevo insegnato per un anno, per poi ripartire. Diciamo che stavolta è un po’ diverso, perchè in questo anno ho cercato di costruirmi qualcosa al di fuori della scuola, per lasciarla per sempre perchè proprio non è la mia strada. Di vivere un altro anno infelice non ho proprio voglia: le giornate a volte sono lunghe, ma gli anni sono corti. Preferirei viverli al meglio. Poi, però, tutto è possibile…
Cara Sunday, io continuo ad ammirarti ancora tanto x il tuo coraggio e la tua forza di volonta’ nel portare avanti i tuoi sogni ed in questo momento ti capisco benissimo xke’ da poco ho dovuto tornare sotto lo stesso tetto dei miei in attesa di rifare la stagione estiva ma sto scalpitando e nn vedo l’ora di poter fuggire lontano e vedere facce e posti nuovi, ne ho proprio il bisogno fisico!!…..nel frattempo stringo i denti e cerkero’ di passare l’estate meglio possibile, ti terro’ aggiornata kome tu fai con noi….ti abbraccio forte, buona vita!Sabry74
Ciao Sabry! Per fortuna non dovrò tornare sotto lo stesso tetto dei miei, però ci sto facendo un pensierino: è un anno che mangio cibo non propriamente da chef in giro per l’Asia, 6 mesi che mangio solo pane arabo e hummus, insomma: c’è bisogno delle coccole culinarie della mamma 🙂 La valigia però non la disfo: non voglio che i miei sogni finiscano nel cassetto. Buona estate!
Un bacio in fronte! Sei grandiosa! Sappi che quando uno si mantiene integro portando avanti ciò che veramente ama, la vita si spalanca aprendogli sempre nuove opportunità, ma forse lo sai già, in ogni caso è bene averlo in mente. E poi si condivido anch’io mi piace come scrivi e soprattutto lo spirito che metti, perché non ne fai un libro? Ci sono ancora persone che hanno bisogno delle tue dosi di coraggio ed entusiasmo nella vita. Aspetto nuove dalla Cambogia
Grazie, mi fate arrossire così, però 🙂 Il libro è tutto nella mia testa, pronto per essere scritto: la parte difficile è la ricerca di un editore…
eccolo qua, il coming out del sognatore: mi sa che me lo stampo e me lo appendo in camera! prima il nodo alla gola, ma poi quella sensazione meravigliosa di liberazione…perché si è deciso di fare ciò che è giusto. grande sunday
😀 La sensazione di liberazione non è spiegabile a parole: è troppo forte per essere racchiusa dalle parole. Solo chi la vive può capire. A chi invece non l’ha ancora vissuta, dico: cosa stai aspettando??
io l’ho provata e assomiglia molto a quella che hai quando respiri di nuovo dopo essere stato in apnea. sul perché tentenno a riprovarla, invece, stavo cercando febbrilmente una risposta convincente ma non me ne è venuta in mente nessuna 🙂
Credo che la risposta verrà quando non la cercherai più 🙂
bene ragazza, sappi che alla fine ce l’ho fatta: anche se è un coming out parziale. l’ho detto al mio capo, e a parecchi amici. a gennaio mollo l’ufficio, il mio ruolo, il mio paese e vado a fare la nomade digitale!
ai miei genitori lo dirò domani e quello sì che sarà un parto! ma ho riletto il tuo post e già mi sento meglio..
che fatica!!!!
e che bello, allo stesso tempo..
sappi che un po’ è anche colpa tua 🙂
grazie!!
Grande Simona! Benvenuta nel circolo di chi ha fatto coming out sul cambiare vita 😀 Però ora voglio sapere com’è andata con i tuoi genitori: non puoi farmi mancare questo dettaglio. Sappi che sono contenta che sia anche un po’ colpa mia 😉
A mio avviso il modo migliore per cambiare vita è quello di smettere di credere che gli obiettivi che dobbiamo raggiungere siano legati al denaro e al successo, l’unica cosa che conta nella vita è essere felici, e per essere felici non ci serve un i-phone da 900 euro o vestiti costosi, ma solamente essere amati. Spendere soldi per comprare cose che non ci servono allo scopo di impressionare gli altri, non dona la felicità, questa viene quando si è amati e ben voluti, non invidiati! Per cambiare vita quindi serve semplicemente capire che dobbiamo smettere di lavorare come pazzi per guadagnare, ma solo usare il nostro tempo per coltivare rapporti sinceri e d’amore con il prossimo.
Sono d’accordo, Francesco: la felicità non si ottiene nè col denaro nè col successo. Le molte persone ricchissime ma infelici ne sono la prova. Partendo mi sono liberata di tante cose inutili che utilizzavo per riempire un vuoto nella mia vita: quello di non stare facendo ciò che andava bene per me. Ci si può liberare delle cose inutili anche stando in Italia: è una questione di scelte. Lavorare col solo scopo di guadagnare non è salutare, e spesso porta infelicità. Ho sempre rifuggito una vita vissuta per pagare il mutuo della casa e le rate della macchina: lo trovo oltremodo triste. Più si possiede e più si è infelici. Meglio liberarsi del superfluo e, come dici bene tu, riempire quel vuoto con l’amore.
“Non sempre quello che per gli altri è ragionevole corrisponde al vostro bene”. Vero! Ma server coraggio e non tutti ce la fanno o ce l’hanno. Anche questo è un dono, forse un’attitudine, o semplicemente la tua è una vera passione, un vero sogno, solo quando i sogni sono così viscerali dentro di noi, è impossibile rinunciarci. E non tutti hanno sogni viscerali, anche questo è un dono. Sei felice? Se si, che ti serve di altro? 🙂 Loro capiranno, prima o poi.
Credo che i miei sogni siano viscerali: proprio non riesco a rinunciarci. E i tuoi?
Leggo di un sacco di persone che chiedono l’aspettativa e prendono un anno sabatico, in ultima Simona, il chè è fantastico e quasi quasi provo un pò di invidia benevola :)…ma se uno l’anno sabatico non se lo può prendere e neanche l’aspettativa? 😉 Cioè se non si può tornare indietro? Questa è una variabile, magari non fondamentale, ma importante per decidere di dare una svolta alla propria vita. Può essere un supporto morale, sopratutto all’inizio perchè ci aiuta a pensare che qualsiasi cosa succeda, possiamo tornare indietro. Almeno lavorativamente. La condizione di “o tutto o niente” secondo me è davvero problematica. Senza l’aspettativa che si fa? si molla tutto e, come si dice da noi, “come finisce si cunta”?(come finisce si racconta) 🙂
Magari Erika avessi diritto a un anno di aspettativa! la verità è che io ho partita iva, ma di quelle un po’ finte, con orari in ufficio e tutto il resto. il quasi unico committente che ho mi ha “garantito” qualche mese di collaborazione, ma questo è tutto ciò che ho. diciamo che è un bel salto nel buio! sono anni che aspetto di avere tutte le carte in regola, ma queste non sono mai arrivate e allora un giorno ho pensato che quel salto rischiavo di non farlo mai..
Ciao Simona! beh, allora la nostra situazione è molto simile 🙂 Si, serve molto, ma molto coraggio…sapere di non tornare indietro è una bella responsabilità. Hai fatto un gran passo e questa condivisione, con articoli come questo ci incoraggia un pò tutti!! Grazie Sunday! Sono curiosa, hai già deciso cosa farai?
Sicuramente cercare di cambiare vita mantenendo un posto sicuro alle spalle è comodo e fa meno paura, perché si può sempre tornare indietro. Il mio caso è un po’ particolare: io lo sto mantenendo esclusivamente per non dare una preoccupazione troppo grande ai miei, già disperati per la mia scelta. Per chi, come me, ha un’esigenza forte di libertà, il sapere di avere ancora il legame del posto fisso è però un peso, più che una sicurezza.
Da quando sono partita ho notato che le opportunità di lavoro alla fine (cercandole) vengono fuori, ma avendo ancora un legame in Italia i dubbi si moltiplicano, almeno per me. Lasciare? Buttarmi in certe avventure? Cosa farò, però, tra un anno? A me questo posto fisso pesa. Punto. I miei sanno bene che li sto solo preparando al peggio, ma devo dire che quest’estate mi hanno vista più felice e ora sono più sereni.
Cos’ho deciso di fare? Il 1 agosto ho chiesto l’anno sabbatico. Il 5 settembre ero già su un aereo. Proprio non ce la facevo a scegliere di non essere me.
Ciao Elisabeth, il tuo blog ‘ molto interessante. Io vivo in UK da 10 anni, ma prima ho viaggiato e lavorato in giro per il mondo (Australia, USA, maldive, Spagna, Egitto) per 5 anni avanti e indietro, prove e errori. 15 anni fa la mia famiglia e amici mi consideravano una fallita che “fuggiva ” dalla realta’ (io ho sempre lavorato all’estero, che fuga dalla realta’ e’?): ORA che ho comprato casa in Uk, sono bilingue, lavoro etc etc sono diventata il mito degli amici e familgia, quella che” ce l’ha fatta” a vivere il sogno e poi produrre qualcosa. MHMMMM……. Io non dimentico come mi ha fatto sentire la disapprovazione di coloro di cui avevo piu’ bisogno e che amavo. Guardando indietro pero’ la disapprovazione e’ quella che -paradossalmente- mi ha aiutato nei momenti difficili. sapendo che non volevo tornare “a casa” con la coda tra le gambe, ho tenuto duro sempre e affrontato le difficolta’ da sola. MHMMMMMM…… Non so dove questo commento vuole arrivare. Ti auguro di continuare ad avere le stelle negli occhi per tanto tanto tempo. Io viaggio ancora, ma a soli 40 anni ho una gran voglia di rimanere ferma in un posto . Ok sorry per il commento confuso, ciao x
Ciao Maria! Anche il tuo blog sulla vita a Manchester è interessante. Quello che passasti tu, lo sto passando io ora: anch’io ho alcune persone a me vicine che dicono che stia scappando da qualcosa, come se fosse un reato volersene semplicemente andare alla ricerca di opportunità migliori, o di un paese più caldo. Hai detto una cosa molot giusta: la disapprovazione degli altri è ciò che ti fa tenere duro. E anch’io, soprattutto l’anno scorso, ho lottato duramente per non dover tornare a casa (quale??) con la coda tra le gambe. Anch’io ho 40 anni e a volte mi viene il desiderio di trovare un posto in cui fermarmi per un po’. Al momento non l’ho ancora trovato, quello che mi faccia dire “Resto qui”. E allora sono ancora una nomade.
Il tuo commento è arrivato dove doveva arrivare, ovvero al mio cuore 😉 Grazie!
Complimenti, non sai quanto queste storie sono di conforto per chi come me sta pensando di andare via e cambiare vita. Anche io devo combattere tutti i giorni con chi mi dice che sto per fare una cavolata. Mi dicono che sono vecchio per queste cose ed a 33 anni mi fanno sentire come se ne avessi 70. Tra l’altro in Italia non ho un lavoro quindi anche se vado via non rinuncio a nulla se non agli affetti, ed anche se l’avessi avuto sarei andato comunque via. Intanto per ora ho fatto il biglietto per parigi poi valuterò altre mete. Non voglio avere questo rimpianto perché già ne ho tanti! Giunge sempre un momento in cui nella vita bisogna scegliere ed affrontare le paure! Ciao e continua a raccontarci della tua vita straordinaria!
Ciao Davide! Sono felice che tu abbia trovato il mio blog, e che ti sia d’ispirazione per seguire la strada a te più consona.
Purtroppo le persone che ci circondano tendono a darci consigli e dritte su come vedono la vita. Loro, non noi. Ognuno è fatto a modo suo, noi siamo fatti così, loro cosà 🙂 33 anni? L’età giusta per partire con consapevolezza, ma ancora con un pizzico di follia giovanile: ciò che ci vuole per cominciare una nuova avventura, tantopiù che mi dici di non avere un lavoro. Parigi? Wow! In bocca al lupo nell’inseguimento dei tuoi sogni, che tu possa sempre continuare ad affrontare le tue paure e scegliere: abbiamo il libero arbitrio, usiamolo.
Scrivimi ancora e fammi sapere!
Parole sante! Grazie per i consigli! Per me sei un mito! Ciao 🙂
Ho appena pubblicato un post pensando anche a te: https://www.toohappytobehomesick.com/voglio-lasciare-il-posto-fisso-sono-pazza-no-hai-il-cuore-nomade/
😀
Quando ho detto a mio padre che partivo per un giro del mondo lui ha semplicemente risp: ” Dopo 3 settimane ti vengo a riprendere” Ahahaha….
I genitori.
Posso fregarmene di tutti. Tanto sono sempre stata quella strana.
Posso andare controcorrente.
Posso osare.
Ma non posso andare contro ai genitori. Il senso di colpa è sempre lì pronto ad aggredirmi.
Come fai tu?
Io un giorno mi sono seduta e ho detto ai miei genitori, con calma, quella che sono. Con lucidità, senza sembrare una folle. Mio papà non mi parlò per qualche mese mentre ero in viaggio, poi si calmò e un giorno di colpo rispose al telefono di casa pur sapendo che ero io. Finché non gli dimostrai che avevo trovato un lavoro in giro, e che ero felice. La mia felicità è stato il passaporto per far accettare la mia scelta. Quando torni a trovarli e sprizzi di gioia, come fanno a non esserne contenti? E posso assicurarti che mio padre era un osso duro!
Ma sempre tranquillizzarli che torniamo, che ci siamo per loro.
Grazie Elizabeth! Io continuo a seguirti perchè sei un bell’esempio di autodeterminazione
GRAZIE! 🙂
Ciao Elizabeth! Credo che sia più difficile dirlo a se stessi che è meglio cambiare vita a cui si poi si aggiunge quello di dirlo ai propri genitori, parenti, amici e conoscenti. Per me è arrivato il momento di scegliere se accettare il posto fisso statale o meno, anche se la scelta è già stata fatta, la decisione definitiva è la più sofferta anche se grida a gran voce, perché non si pensa a ciò che ci può far stare bene ma ai doveri e a ciò che ci viene consigliato dai nostri genitori, parenti e amici che ti dicono che stai facendo una pazzia colossale visto il periodo storico.
Ciao Antonella, certo, la parte più difficile è quella in cui prendi la decisione tu stessa. In questo articolo quella difficoltà era già stata superata.
Spero proprio che tu abbia deciso seguendo la tua volontà e non quella delle persone che ti consigliano secondo il loro punto di vista e le loro credenze, e non le tue. Una decisione presa seguendo le voci degli altri e non la propria può solo portare sofferenza, perché nel lungo periodo non sarà quella che ci renderà felici. Per decidere ascoltando solo se stessi bisogna avere coraggio: il coraggio di voler stare bene.
Grazie Elizabeth per avermi risposto! La decisione è stata presa e ho dato la mia risposta. Ora mi sento meglio, anche se per stare proprio bene deve passare un po’ di tempo.
Bene! Cos’hai deciso? (non puoi tenerci sulle spine, ormai ci hai incuriositi!)
Ho rinunciato
Adesso inizia la parte più difficile ma anche la più affascinante: seguire i tuoi sogni. In bocca la lupo Antonella!
Crepi il lupo!