Le sale d’aspetto mi affascinano. Che siano del dottore della mutua, dell’oculista o della stazione, queste anticamere hanno un’anima. Qualcuna, l’anima, l’ha persa (le salette vip delle compagnie ferroviarie), altre sono asettiche (quelle dei dentisti – sarà che si è sempre un po’ tesi pensando a un possibile trapano in bocca), altre ancora silenti (quelle degli oculisti, dove si sta sempre in religioso silenzio a leggere riviste rilasenti all’età di mia bisnonna Petronilla).
Della sala d’aspetto di una ginecologa in Oman ho già parlato; di quella in cui mi trovo stamattina, non ancora. Ma forse farei meglio a star zitta.
Non so nelle grandi città, ma nel paese di tremila anime in cui sono nata, la sala d’aspetto del medico di base è un luogo in cui, ogni santo giorno, trovi il concentrato del paese stesso, nella sua essenza più bieca. Faremmo tutti a meno di ritrovarci lì, uno di fronte all’altro, costretti a sopportare gli sguardi altrui. Ma poiché ogni tanto ci si ammala, ecco che oggi sono qui anch’io, a un paio di mesi dall’ultima visita, costretta a rivedere le stesse facce di allora.
Sì, perché anche a distanza di anni, anche quando vivo all’estero per un anno e poi torno, ogni volta che vado dal medico incontro sempre le stesse persone. Soprattutto quelle che sopporto di meno. Possibile?
Vediamole.
Di fronte a me c’è l’essenza del pettegolezzo, il concentrato di pomodoro delle malelingue. La signora in questione è ormai anziana e quasi non ci sente più, ma la lingua, quella funziona ancora che è una meraviglia. E se non le funzionasse più quella, c’è sempre lo sguardo: a ogni sua occhiata, un giudizio. Si sente ancora Santi Licheri, ma ha perso lo smalto: il meglio di sè l’ha dato da giovane, quando, a ogni ragazza che si sposava in paese, ne segnava sul calendario la data delle nozze. Poi, quando questa rimaneva incinta, calcolava se avesse consumato prima o dopo.
Il castigo, però, arriva sempre: sua figlia rimase incinta a sette mesi dal matrimonio. Alle domande dei curiosi, rispose che la colpa non era della figlia bensì di un chirurgo: quando la operarono di appendice le toccarono le ovaie, per questo era rimasta incinta così presto!
Oggi Santi è venuta a farsi visitare dalla dottoressa perché è qualche giorno che è afona. Chissà come mai.
Alla mia sinistra c’è un’anziana signora austriaca, aperta e simpatica, vedova di un uomo stimato del paese. Negli anni Settanta era stata la novità del paese, quando ancora sposare una straniera era considerata una stranezza, un vezzo, una cosa da alternativi. Con efficienza tutta tedesca, la signora non sta mai dentro allo studio del medico per molto: entra, dice l’essenziale, stringe la mano del dottore ed esce. Sotto lo sguardo torvo di Santi Licheri, che sai quando entra ma mai quando – se – esce.
Alla mia destra si trova invece una signora marocchina con un foulard marrone in testa, una delle prime nordafricane ad aver preso la residenza nel nostro paese di campagna. Guardata con sospetto da Santi, è ignorata invece dai più: al limite lanciano un’occhiata di pena per quel foulard che non viene capito, e poi con gentilezza ognuno va per la sua strada. Piemontesi, falsi e cortesi.
Di fianco alla porta sta La Lamentela Unica, quella che ne ha sempre una, che ha tutti i malanni del mondo, che sa già la diagnosi, il decorso e anche le medicine che dovrà prendere. E non manca di urlarlo ai quattro venti, obbligando tutti a sentire le sue litanie. Mi chiedo: ma se sai già cos’hai e anche che farmaci devi prendere, non puoi startene a casa tranquilla a preparare il pranzo?
La Lamentela, di solito, fa coppia con Santi Licheri: una magra, l’altra grassa, sembrano il Gatto e la Volpe. Versione madama.
Sparsi qua e là ci sono un paio di Giuseppi: la famiglia di paese per eccellenza ha avuto la bella idea di chiamare i vari figli e nipoti tutti con lo stesso nome, che poi si è dovuto inventare nomignoli (stranòm) per distinguerli. Io, però, non ne distinguo uno, per cui quelli in sala d’aspetto non sono sicura se siano Beppe Cit (piccolo), Beppe Grand, Beppe Lung, Beppe d’Beppe o un altro ancora. I Giuseppi Misti, comunque, di solito sono innocui e non si fanno coinvolgere dai pettegolezzi. O almeno, così pare: le orecchie, in questo paese, non smettono mai di fare il loro lavoro.
In piedi, c’è uno dei primi meridionali arrivati in paese da Torino, anni or sono, e prima da chissà dove: di solito sono dotati di grande senso dell’umorismo, parlano in piemontese con accento barese e discorrono sempre di politica. Innocui come i Giuseppi Misti, di solito rallegrano l’attesa con battute simpatiche, alle quali l’unica a non ridere è Santi Licheri. Lei non ride mai: digrigna i denti.
Quando penso di avere il controllo della situazione e sto per rilassarmi, ecco entrare colei che temo come la peste: l’ex compagna di scuola. Quella che è rimasta ferma ai tempi delle elementari, quella che è sempre uguale solo più in carne e con quattro figli, quella che ai tempi era andata con mezzo mondo e oggi è tutta casa, chiesa e santità. La Santi Licheri degli anni a venire. L’Ex Compagna, infatti, non è avvezza a farsi i fatti suoi, e comincia a martellarmi con domande varie, a cui rispondo in maniera vaga: “Ma sei tornata?. “Sì”. “Ma dov’eri, prima?”. “In giro per l’Asia”. “E adesso sei di nuovo a scuola?”. “Sì”. “E allora adesso starai qui, vero?”. “No”. “Ma come, e i tuoi cosa ne pensano?”. “I miei di solito si fanno i fatti loro”. E poi arriva – perché prima o poi arriva – la domanda che avrebbe voluto chiedermi da quando è entrata e mi ha vista seduta sulla sedia, l’unico motivo per cui ha inscenato tutta quella pantomima di domande: “Ma il fidanzato non ce l’hai?”.
No, sono libera.
No, non mi voglio sposare.
No, non voglio avere figli.
Di fidanzati ne ho qualcuno, uno per ogni pae…
La porta del dottore si apre prima che io possa aprire bocca, ed è la mia salvezza. Mi alzo, entro, dico le cose che devo dire, stringo la mano alla dottoressa ed esco.
“Ciao!”, saluto con un ampio sorriso l’Ex Compagna. “Arrivederci!”, rivolgo a Santi, Giuseppi e Lamentela, che mi osserva dall’alto in basso con sguardo sinistro. Poi esco.
Aria!
Non faccio in tempo a raggiungere la macchina che vedo arrivare lui, Il Geometra, quello che sa sempre tutto di tutti, il Gazzettino del Piemonte, l’incubo dei fedifraghi, il figlio maschio che Santi Licheri avrebbe sempre voluto. Quello che sapeva già che sarei ripartita per l’Oman ancora prima che l’avessi deciso.
Non ce la farei a sopportarlo, quindi salto in macchina prima che mi veda, avvio il motore e scappo prima che possa agganciarmi.
Forse non è quella stanza, la sala d’aspetto.
Nascono, crescono, si sposano, muoiono, sempre nello stesso posto. Non si muovono mai.
E aspettano che qualcuno viva al di fuori dei loro schemi, per sentirsi meglio.
Vi ho mai raccontato di quando Hamed è venuto a trovarmi, lo scorso agosto, col turbante e tutto? No?
Dai, questa ve la racconto un’altra volta. Oggi non c’è neanche Il Geometra.
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37 Comments
Mi sa che abbiamo lo stesso dottore, perché i pazienti sono esattamente quelli che descrivi. Stasera mi hai fatto ridere di cuore, quasi quasi che ti perdono le oscenità sulla domenica 🙂
Daiii che cattiva! Non avevo scritto oscenità! Però, se Frodo ama la domenica, potrei cambiare idea. Ma SOLO per lui! 🙂
Sìììì, hai descritto benissimo non solo il tuo, ma tutti i paesini del torinese. OMG quanto ho riso! Ma risate a parte “Nascono, crescono, si sposano, muoiono, sempre nello stesso posto. Non si muovono mai.” è quello che penso quando incrocio gli ex compagni di scuola su FB…
Comunque ora voglio assolutamente leggere di Hamed con il turbante in giro per il paese 😉
Buongiorno Paola, guarda, io i profili degli ex compagni di scuola delle elementari non li guardo neanche perché ci ho provato una volta sola e mi è venuto male!
Riguardo a Hamed, io facevo le cose discretamente, e ovviamente abbiamo incrociato il peggio del peggio delle lingue lunghe. Ce li trovavamo sempre davanti! 😀
Eli, e lo stesso anche da noi, anche se nella citta di 25.000 abitanti e paese straniero. Mi sa che ”nella nostra origine” l’homo sapiens non e poi cosi diverso – può portare lo hijab o girare mezzo nudo la voglia di spettegolare e incontrollabile ! Riguardo invece alla frase: ’’La sala d’aspetto e il paese: tutti aspettano sempre che qualcosa accada, per sentirsi vivi” – sai che un drammatico nostro (S. Grum) ha scritto (1930) un dramma intitolato (hmmm – cerco di tradurre bene): ‘’L’evento nella citta di Gogi’’, che parla proprio degli abitanti di questa citta chiamata Gogi che aspettano tutto il tempo un qualcosa che sta per accadere e non accade mai – a dire la verità e una grotesque .
Amore, torno a lavorare, se no mi licenziano (Magari!!!!! Non avrei più scuse per andarmene – ha, ha). Ti adoro XXX.
P.S. Concordo con Paola – ora voglio assolutamente leggere di Hamed con il turbante in giro per il paese!
Ma dai, anche in Slovenia?? 😀
Questo Grum aveva ragione!
Anch’io penso sempre che se mi licenziassero, almeno non mi sentirei in colpa ad andare via… come siamo complicate! O meglio: ce la complichiamo ben bene noi, la vita.
Oddio, adesso sono proprio OBBLIGATA a raccontare di Hamed nel paese di campagna 😉 Un abbraccio grandeee!
Like 🙂
Eli sei un mito!!!!!! Quando torno nella mia città spesso la prima affermazione, prima ancora di chiedermi come sto, è : “Hai finito di andare in giro?”..,, !!! Mio dio che allergia!!!
A me viene da pensare che i pazzi siano loro a ripetere le stesse azioni perfino gli stessi pensieri da tutta la vita…!!
Vabbè aspetto il racconto di Hamed col turbante…!!!
Grazie! 😀
Hai proprio ragione, Naty: sa un po’ di follia, pensare di spendere tutta la propria vita a compiere sempre le stesse azioni, senza mai cambiare idea, senza mai allargare la mente. Che tristezza!
Hamed col turbante: stay tuned 😉
direi che alcune categorie in particolare sono proprio universali! La compagna di scuola è veramente imprescindibile ad esempio! Bel post 😀
Grazie, SwingingMom!
Ho già ricevuto vari messaggi di solidarietà sull’ex compagna di scuola delle elementari, mi sa che è proprio una figura universalmente riconosciuta come pericolosa!
Che poi, per la legge di murphy, la becchi sempre quando hai naso colante/brufolo a vista/capelli in disordine. E mistero, finché sei single -magari felicemente ma per lei sfigata-ti chiede del fidanzato gongolando. Appena ti fidanzi nessuno chiede niente…..
Ah ah ah è vero!! Sei sempre orrenda quando incontri certe ex compagne (non che loro si siano trasformate in cigni, con gli anni)! Ed è vero che poi quando invece potresti fregarle sul nascere, o non le incontri più, o si sono arrese e non ti chiedono più niente, ah ah!
STRA verissimo!
Eli, mi trovo nella sala d’aspetto del mio medico proprio ora, nel mio paesino di provincia emiliano. Stessi personaggi! Che piacere leggerti! Baci
Ciao Valentina! Noo dai, ma dobbiamo farne un libro allora!
Buona sala d’aspetto 😉
Baci anche a te e grazie! 🙂
Ahahah! Tutto ciò è rinfrancante…mal comune mezzo gaudio!!!! Leggo e rido da sola…che diranno i vicini sul bus? 😉
Diranno che c’è una Blogger impazzita sul bus, ce ne sono tante in giro! 😉
Felice di averti rallegrato la giornata! !
ahahahahah fantastico!!! E non solo non si muovono dal paesello per tutta la vita, vogliono anche elargire perle di saggezza come se avessero girato il mondo. Quella gente con le sue sale d’aspetto ridicole è uno dei motivi per cui ho lasciato il mio paese, prima ancora di lasciare l’Italia. Comunque…adesso voglio leggere della visita di Hamed con turbante ahahahahah!!! Sei mitica!!!
“Le sale d’aspetto ridicole” 🙂 E’ vero, girano per il paese a elargire perle come se avessero ricevuto il dono della saggezza!
Hamed: 😀
I Giuseppi misti, sì! Anche qui, con le nostre seimila anime galline comprese, siamo nella stessa situazione. Secondo me la fauna da sala d’aspetto di paese è un ecosistema autonomo che vive lì. Tu credi che vadano dal medico e poi tornino a casa, ma se ti appostassi di notte ne scopriresti delle belle… 😉
“Seimila anime galline comprese”, ah ah!! Ma soprattutto: mi hai fatta morire dal ridere a immaginarli come ecosistema autonomo che vive lì, ah ah!! 😀
Infatti, dalla mia dottoressa bisogna andare a prendere il numero la mattina alle 8.30 quando apre lo studio, e alle ore 6 c’è già la fila fuori. Ma non di noi che lavoriamo e abbiamo poco tempo e vorremmo passare primi, no: la fila alle 6 la fanno sempre i pensionati, le Santi Licheri o le Lamentele Uniche che non hanno niente da fare.
Hai ragione: secondo me vivono lì dentro!
Mamma come sono tutti uguali i paesini da nord a sud e le persone, identiche!
Comunque é sempre bello leggerti 🙂
Grazie Paola! 🙂 E io che pensavo che certi personaggi esistessero solo nei nostri paesi di campagna del nord…
No no ti assicuro che è così anche al sud, io quando ci vivevo mi sentivo quasi soffocare da questi personaggi, ora rivedendoli di tanto in tanto mi divertono e basta 😀
Grazie per essere passata da me, a presto.
E’ vero: se ci convivi portano a sentirti soffocare, ma quando vivi altrove e torni ogni tanto, riesci a vederli per quello che sono: ridicoli 🙂
Ciao Eli, seguo il tuo blog da pochissimo. Bello il post…leggerlo mi ha fatta sentire meno “strana” e capire che non sono l’unica a interpretare le persone con “certi” occhi. I personaggi di cui parli sono…ahimè…quelli che conosciamo tutti. Continuerò a leggerti, a presto! 😉
Ciao Francesca! Grazie e… ora anch’io ho scoperto te 😉
Tutti uguali davvero questi paesini, allora!
Anche se in generale, a me le sale d’aspetto fanno tristezza un po’ ovunque: ho notato che anche nelle grandi città la gente adora iniziare sempre le solite conversazioni con conosciuti, senza rendersi conto (o forse se ne rendono anche conto!) di quanto sia triste che tutti continuino a parlare seguendo un vero e proprio copione: tutti già sanno le risposte degli altri, ma continuano lo stesso, e sempre con maggiore euforia.
Quando dici che si aspettano quei momenti per sentirsi vivi, è proprio vero: un lato drammatico della realtà…
(Grazie, comunque, per questo tuo modo di scrivere simpatico ma profondo, lo adoro! ;)).
Grazie Antonella!
Ciò che ho scritto è il motivo per cui, dal medico di base, vado sempre con un buon libro o col mio tablet. Purtroppo, però, la mia anima indagatrice poi non riesce a non osservare ciò che le succede intorno. E’ più forte di me: comincio a leggere una riga, o a scrivere la prima riga di un post, e poi mi faccio prendere dalle conversazioni altrui. Anche quando sono banali, ridicole e talvolta offensive. Tanto poi verranno rivedute (e non corrette) sul mio blog, e mi sento meglio 😉
Ora vado a leggermi il tuo articolo sul Bronx! Adoro NYC.
Allora la prossima volta cercherò di non dimenticare il tablet a casa, così da rivederle insieme. 🙂
Grazie mille, comunque, per essere passata sul mio blog. :-*
😀 Grazie a te!
[…] Un blog NON mammesco, ma un post per tutti, troppo troppo divertente […]
ah ah, una meraviglia questo post 😀
E poi da piemontese mi hai fatta ridere con gli stranòm e “Beppe Cìt” 😉
Guarda, nelle sale d’aspetto tutto il mondo è paese: quando mi sono trasferita in città da un paesino, la prima volta che sono stata dal medico sono rimasta stupita da come la sala d’aspetto di Torino non fosse diversa da quella di Buttigliera. Magari non ci si conosce tutti-tutti, ma fra gli habitué il pettegolezzo è d’obbligo, e anche i discorsi del tipo “Eh ma i giovani d’oggi non si vogliono più impegnare… perché poi c’hanno Féisbok, e sono brutte cose quelle… eh… io ai miei tempi mi divertivo, ma il giusto… però, ecco, se fossi giovane oggi penso che nemmeno io mi sposerei più, perché oggi le donne sono tutte russe e rumene e ti vogliono solo fregare i soldi…” 😀
Gli stranòm piemontesi fanno troppo ridere!
Mai avrei pensato ad una lontana somiglianza tra le sale d’aspetto di Buttigliera e quelle di Torino! Bello il dialogo da te riportato: l’ho già sentito… 🙂
troppo comica!!! vivendo in un paese di 5000 abitanti so di cosa parli…eheh. Avanti tutta Eli che gli altri sono solo invidiosi
I paesi dai 5000 abitanti in giù bisognerebbe abolirli 🙂