Le cose magiche accadono quando si esce dalla propria zona di comfort, dicono. Ho sempre immaginato questa comfort zone come un luogo nella mia mente, l’incarnazione delle mie paure, o le mie (astratte) sicurezze: un lavoro sicuro, l’affetto dei miei cari, la routine quotidiana.
La splendida scrittrice Grazia Gironella, del blog Scrivere è Vivere – che con i suoi articoli mi sta insegnando a scrivere un libro e sporcarmi le mani – ha dato un’altra interessante interpretazione all’uscita da questa simpatica zona di comfort.
DALLA COMFORT ZONE AL SOPRASELLA…
…il passo è breve.
Voi saprete sicuramente cos’è il soprasella, anche perché il termine in sé non lascia molto spazio al mistero, ma ve lo dico ugualmente: il soprasella è quella zona del corpo che si trova – purtroppo, aggiungerei – a contatto con il sellino della bici. In rete si trovano fiumi di disquisizioni sui problemi che questa delicata zona anatomica manifesta quando vogliamo costringerla in una situazione per lei innaturale. Ma non è di questo – non precisamente – che vorrei parlarvi.
Leggo avidamente gli articoli sul web che trattano di crescita personale. Uno degli argomenti che trovo più stimolanti è l’uscita dalla comfort zone come strumento per conoscere se stessi e avere accesso alle proprie risorse nascoste. È vero: se viviamo la vita come un binario, perdiamo di vista che siamo capaci di ben altre grandezze, di ben altra forza; che possiamo ambire ad andare oltre, perché
Negli articoli di Eli trovo sempre questo concetto, espresso o nascosto, ed è un motivo in più per seguirla. Un paio di settimane fa, però, mi sono accorta che nel mio ragionare sull’argomento stavo veleggiando troppo in alto.
È filosofia, l’uscita dalla comfort zone? È misticismo? È spiritualità, oppure self-motivation, tanto per usare un termine che fa davvero figo (oppure innervosisce, a seconda dei gusti)?
In effetti è tutto questo, per me; ma non può essere soltanto questo. Esiste il mondo materiale, esiste una realtà fatta di abitudini, di gesti, di una fisicità spesso troppo facile da ignorare. Il nostro corpo non è l’involucro in cui viviamo, siamo noi!
Tutti interi, anche se la nostra cultura ci ha educati al dualismo piuttosto che all’armonia della fusione.
Questo meraviglioso corpo ci offre modi suoi propri per l’uscita dalla comfort zone.
Altrimenti rischia di ridursi a un affascinante esercizio mentale.
Prendiamo i viaggi in bici.
Ne ho fatti tre, non mille:
– Il giro dell’Isola d’Elba;
– Un tour nel nord della Sardegna;
– Un altro in Scozia.
Sento ronzare i vostri pensieri e preciso: fare un viaggio in bicicletta non è un’impresa per pochi. Basta saper pedalare. Potete credermi, visto che io sono partita proprio da questo livello di base!
Quando sono stata con mio marito all’Elba sapevo sì e no usare i rapporti. A ogni salita smontavo dalla bici, e mio marito mi faceva compagnia, paziente. Mi ero fatta questa strana idea che fosse tutta questione di accelerare al massimo prima del pendio, in modo da avere lo slancio sufficiente a superarlo. Ancora credevo di poter usare stratagemmi per evitare la sofferenza, quella vera, che fa stringere i denti…
Quindi, difficoltà con le salite. Ma anche con le discese. Sarò anche anormale, ma prendere velocità mi turba. Ho bisogno di mantenere un saldo controllo sui miei movimenti… ah, ma allora ricado nelle analogie tra la bici e la vita?
Passiamo oltre.
Che dire dello smarrimento quando abbiamo lasciato la macchina nel parcheggio del porto e ci siamo imbarcati sul traghetto, noi due con le bici (sembravano così fragili!) e i nostri luccicanti set di borse, appena acquistati? Quando ci siamo guardati in faccia, le nostre espressioni parlavano da sole: “cosa diavolo stiamo facendo?”. Ma è andato tutto bene. Faticosamente bene.
Tanto che poi c’è stata la Sardegna.
Da Olbia abbiamo percorso la costa nord per poi ridiscendere lungo la costa ovest, passando per Alghero e terminando il tour a Bosa. Di particolare c’era, in positivo, che avevo imparato a gestire sommariamente i rapporti; in negativo, che avevo mangiato molluschi crudi il giorno prima di partire (furba!), perciò mi sono fatta una settimana in sella pasteggiando a Imodium (noto antidiarroico).
D’estate, in Sardegna, si suda. In bici di più. Con la dissenteria… vi lascio immaginare. All’arrivo ad Alghero, nonostante tutti i rimedi adottati, ero semidisidratata.
Sulla mappa non figuravano località tra Alghero e Bosa. “Beh, mica sarà il deserto! Siamo in Italia, non nella giungla del Borneo.” Siamo partiti con una buona riserva d’acqua. Più che sufficiente, senza dubbio. Infatti in un paio d’ore era già prosciugata, e non si vedeva all’orizzonte un posto dove riempire le borracce, nulla, zero, nada.
I quarantacinque chilometri tra Alghero e Bosa erano davvero intoccati dalla presenza umana. Una meraviglia… per chi non stava soffrendo la sete. All’arrivo a destinazione ho quasi buttato le braccia al collo al barista che chiedeva cosa volessimo ordinare.
E in Scozia? L’ebbrezza di scendere dall’aereo, tirare fuori dalla stiva le bici smontate e rimontarle sotto la pioggia… ah, che ricordi! E quel metti-e-togli la cerata a intermittenza, perché pioveva ogni sette minuti, ma quando non pioveva la cerata super-traspirante-e-tecnologica ci faceva navigare nel sudore? E sempre, in ogni singolo viaggio in bici, il terribile soprasella! Non si abitua mai, quello. Non il mio, almeno.
Pedalare cinque-sei ore al giorno era già faticoso per i nostri muscoli poco allenati, ma questo non era niente al confronto di dovere ogni mattina convincere il soprasella che il viaggio non era ancora finito.
Sembra un racconto di vacanze-tortura, vero? Invece i viaggi in bici sono stati tra le esperienze più fantastiche che ho vissuto. Ho sempre pensato che molte persone verrebbero prese dalla passione per il cicloturismo, se solo decidessero di provare.
Vivere i luoghi a ritmo di pedalata è molto più psichedelico di una droga per i cinque sensi, ma bisogna fermarsi a dormire fuori casa (anche in alberghi a quattro stelle, come abbiamo fatto noi) per apprezzare davvero l’esperienza. I disagi materiali non sono soltanto un prezzo sgradito da pagare, ma fanno parte dei tanti adattamenti che ci permettono di uscire dalla nostra comfort zone per entrare in quella zona di consapevolezza e di intensità che ci lascia ricordi indelebili.
Non voglio mentire: non è stato tutto “una favola bbella”, come diceva il mio amico Sandro. Parte del piacere è stato ricordare i dettagli a posteriori, con il soprasella ben rilassato sul divano.
Ci sono stati anche momenti di sconforto, in cui abbiamo dubitato che l’impresa fosse nelle nostre possibilità. I fatti hanno dimostrato che lo era.
Perché è così: solo uscendo dal regno del pensare ed entrando in quello dell’agire, con le sue scelte e le sue difficoltà pratiche, possiamo intuire quanto sia vasta la gamma delle esperienze alla nostra portata. Alla fine, la mente e il cuore sono molto più vicini al soprasella di quanto si possa immaginare!
Grazia Gironella (Bologna, 1963) vive in provincia di Pordenone e si dedica a tempo pieno alla famiglia e alla scrittura. Ha pubblicato il racconto lungo Tarja dei lupi (Tabula Fati, 2008), il manuale di scrittura Per scrivere bisogna sporcarsi le mani (Eremon, 2011) e il romanzo Due vite possono bastare (IoScrittore, 2013 – ebook). Di recente è uscito nelle librerie La via delle parole (Eremon, 2015), un saggio su creatività e scrittura. È attiva in rete con il blog ScriverÈVivere.
26 Comments
Ely mi hai fatta morire dal ridere con il racconto dei viaggi in bici! Mi immagino al tuo posto e avrei SICURAMENTE mollato dopo 12 secondi, fatico a pedalare in pianura ahahahha ad Aprile proprio per provare ad uscire dalla confort zone proverò ad andare da Amsterdam a qualche paese vicino in bici (ti dirò come è andata!)
PS ma alla fine quante ore siete rimasti senza acqua sotto il sole a pedalare?m
Ciao Danila! Il racconto non è mio ma di Grazia Gironella, l’ospite del mio blog, quindi giro a lei la tua domanda!
Ps. Io non so se sarei in grado di pedalare più di 10 minuti, quindi sarò proprio curiosa di sapere come andrà il tuo giro in bici in quel di Amsterdam 😀
Ciao Danila! E’ passato un po’ troppo tempo per ricordarlo con precisione, ma il tragitto Alghero-Bosa ci ha richiesto circa tre ore. Sembra poco, ma non avere da bere è destabilizzante. Non abbiamo incrociato nemmeno un’auto! I grifoni volteggiavano sulle nostre teste, li guardavamo e dicevamo: “Aspettate, non siamo ancora morti!” 🙂
… e in bocca al lupo per l’Olanda! E’ un luogo adattissimo al cicloturismo, ti divertirai non poco. 🙂
Ciao Graziella 🙂
Ero curiosa proprio perchè la scorsa estate mi sono ritrovata nel bel mezzo della Sardegna senza acqua ma.. In auto! E nonostante questo mi è sembrato lunghissimo il tragitto!!
Ti saprò dire quante volte cadrò dalla bici nel tentativo di guardarmi intorno mentre guido 😀
@Graziella: mi hai fatta ridere immaginando i grifoni volteggire sulle vostre teste! (ma credo che voi ridevate meno) 😀
@Danila: nooo non cadere dalla bici, esci dalla zona di comfort e pedala!! 😀
Faccio eco a Eli: cadute no! Ti sentirai già… ehm… abbastanza contusa. 😉
Me la ridevo tra me e me mentre leggevo… conosco bene quel tratto di Sardegna: è natura incontaminata quindi … niente acqua !!! Ne è valsa comunque la pena, vero?! 😉
Sicuro! La Sardegna, poi, è così bella che vale la pena anche di visitarla in ginocchio. 😉 Però il coro delle cellule che gridavano “acqua!” era terribile.
Dovrò proprio visitarla questa Sardegna, prima o poi… vero Patty? Anche se secondo me sarà più probabile che visiterò prima il Veneto 😉
Cioè…ti giri mari e monti e mi tralasci la Sardegna ?!?! E poi … ecco… mi sa che il giro è largo partendo dal Nord italia… 😉
Infatti: una vergogna! Conosco più il Sud-Est Asiatico dell’Italia :/ Prometto di porre rimedio (e tu sei una buona scusa) 🙂
Io adoro la Scozia, la prima volta l’ho girata con i mezzi pubblici e lo zaino in spalle… Ma in bici! Io, la bici e clima scozzese possiamo convivere tutti e tre insieme! Hai la mia più profonda ammirazione (ma no, non credo ti imiterò…)
So che condividiamo l’amore per la Scozia, Antonella! Invece io quasi quasi mi imiterei da sola, se non fosse per la mia cagnona. 🙂
Grazie. Ely, per avere ospitato questa meravigliosa donna, scrittrice e pedalatrice!
Mi sono “scompisciata” dalle risate leggendoti, Grazia, perché a Milano pedalo, pedalo, pedalo da anni – oltre 30! -, e conosco i problemi del “soprasella” anche se in forma limitata, ovviamente:) Non ho mai pensato di andarmene per il mondo in bici, anche se il mai non abita in me. Chissà! Che voglia di tornare all’Elba e in Sardegna…
Davvero non hai messo alla prova il tuo soprasella almeno con uno weekendino? Secondo me il momento più emozionante è il “rimonto” del secondo giorno! 😀
(Mi prenoto per Elba e Sardegna a maggio, non appena il figliolo si affranca e se l’universo permette…)
Posso dirti che non ci penso nemmeno con il binocolo, Grazia? Per convincermi devi trovare qualcosa di super travolgente: non ho l’età, confesso, pur amando le #dueruote e la bici è il mio mezzo di trasporto ideale in città 🙂 Quindi, perché non Elba e Sardegna via mare, magari con una barca a vela?
Stavo dimenticando il tuo background acquatico! 😉
Prego! Eh sì, è proprio meravigliosa la nostra Grazia 🙂
La bicicletta averla avuta in Sardegna!
Ho camminato molto invece in Gallura nella zona intorno Tempio pausania…
Prossima volta bicicletta! E ancora piu’ all interno di questa isola fantastica
Grazie della lettura! Hai ragione, l’interno della Sardegna merita di essere più conosciuto, mentre la maggior parte delle persone (me inclusa) tende a fermarsi alla costa. Il turchese del mare ipnotizza? 😉
Andre, potresti trasferirti in Sardegna a fare il pane! 🙂 (sempre che tu lo stia facendo ancora…)
Eh. Non mi dispiacerebbe vivere un po’ in Sardegna. L’ho trovata molto ospitale e adatta alle mie corde.
Il pane. Al momento sto ancora ‘studiando’, eh si, non mi dispiacerebbe.
Il fatto è che ci sono giornate in cui vorrei essere qua’ poi essere la’ e poi l’idea del giramondo non mi dispiacerebbe Affatto.
Un caro Saluto Eli e Grazia
In bocca al lupo per le tue “tentazioni”, Andre! 🙂
Grazie Grazia :). Non rispondo crepi perche’ vorrei davvero viverle ste’ tentazioni a costo di navigare fra le fauci di un lupo o nel ventre di una balena che sarebbero tanti sellini scomodi ma di cui ho veramente bisogno.
Cio’ che mi tiene legato sono gli amorosi affetti, e grazie che ci sono. Ma scappero’. Oh si
Quando sarà il momento giusto, scapperai. Lo so. Oh sì 😉