L’ho notata tra i commenti di un’amica. Lei ha notato me. E ci siamo seguite a vicenda. Arrivi nel suo blog – tutto in inglese – e ti chiedi se sei finita nel Medioevo.
Maga molto supponente, ecco riassunta l’essenza di Simona Merlin Chesters:
Hopelessly a fighter, standing up for what I believe in, even I’m the only one standing.
Le ho chiesto di raccontarmi la sua storia d’espatrio (e d’amore): cambiare vita si può, e anche un destino che sembra già segnato. Basta volerlo, con tutta l’ostinazione che solo un’anima in gabbia può tirar fuori.
Nata più di 40 anni fa in un paesino alle porte di Prato, allora provincia di Firenze, la realtà locale toscana mi era sempre andata stretta.
Sin dall’infanzia avevo avuto le mie brave ribellioni, puntualmente punite.
Mia nonna paterna non mancava di ripetermi che le ragazze ‘perbene’ che si volevano ‘accasare’ non viaggiavano, non si mettevano troppo in mostra e non proseguivano gli studi, e mio padre faceva in modo che seguissi i consigli di sua madre.
In fondo, una laurea per pulire i fornelli a che sarebbe servita?
Da ragazzina, la mia ribellione a una società patriarcale che mi voleva costruita in un certo modo non mi portò molto lontano, ma da adulta la mia scelta diventò obbligata… volevo trovare ‘casa’. Non mi ero mai sentita italiana, né parte della società per nulla.
A 14 anni, avendo completato la scuola obbligatoria, fui tolta dal percorso di studi e messa a lavorare, non per volontà mia, né per aumentare il bilancio familiare perché ero semplicemente ‘in parcheggio’, i soldi che risparmiavo dovevano solo servire a prepararmi per trovare… un marito decente!
Così mai fu, perché quei soldi finanziarono i miei corsi e i miei sogni.
Da allora, ho lavorato da part-time o full-time per circa 20 anni in Italia. Sotto sotto non riuscivo a smettere di combattere per i miei sogni, rinunciarci per me era impossibile e una tortura. Non riuscivo neppure a buttare giù l’idea che non potevo proseguire gli studi.
La mia ‘missione’ di sognatrice si rivelò impossibile in Italia.
In ben 20 anni, fui appena capace di fare un triennio delle superiori e corsi di lingue, ma tutto veniva sempre interrotto o per via del lavoro (addirittura sono stata licenziata da un datore di lavoro perché per studiare non facevo abbastanza straordinari, come se fosse obbligo!) o per via delle pressioni dei miei partners, che mai vedevano di buon occhio il fatto che mi volessi erudire.
Avevo anche studiato 6 anni di canto e pianoforte, carriera buttata nel cestino subito dopo gli studi perché senza raccomandazione e/o soldi non ti fa cantare nessuno, hai voglia ad essere la Callas rinata.
Questo è il preludio a una vita che almeno fino a 37 anni era stata di un miserevole assurdo.
Spesso amici e amiche non riuscivano a capire perché mi stavo ‘abbrutendo’. Beh, potrei condensarlo nel fatto che avevo le ali e volevo spiegarle, ma ero in gabbia da sempre.
Nel 1996 ero emigrata a Parigi per quasi un anno ma forse la paura della solitudine o di dover pensare a me stessa senza l’aiuto di nessuno mi aveva spaventato ed ero tornata in Italia. Stessa cosa poco dopo, trovo lavoro in Italia, ho il tanto agognato posto fisso.
Ma sono io che non ci incastro né nella società né nel resto, mollo lavoro fisso e me ne vado negli USA a fare l’au-pair.
Ci vivo quasi un anno, mia mamma ha un incidente e la devono operare, torno. Finisco per rimanere in Italia, ma dopo anni di contratti precari, la recessione arriva e…. L’ultimo contratto precario viene chiuso.
Ho 36 anni a questo punto e praticamente per i datori di lavoro italiani è come se avessi già un piede nella fossa, ho quasi paura che vengano a casa a prendermi le misure per la bara. Mi riqualifico come pizzaiola ed esperta in pasta e panetteria, ma nulla, 200mila curriculum e niente colloqui.
Come donna della mia età è come se fossi un dinosauro, nessuno mi vuole
Prendo la decisione di andarmene e stavolta con la precisa intenzione di non tornare mai più. Vendo tutto (auto, casa che avevo con l’ex, vestiti, roba di valore, ecc.) e parto per la Nuova Zelanda, in cerca di sponsorizzazione per un visto. Cosa che non ottengo e decido di lasciare la nazione e tornare in Europa.
Trovo lavoro in Scozia
Arrivo in un paesino del Perthshire circa 6 anni fa, con solo 200 sterline in tasca.
Da lì in poi è un processo continuo di trovare lavoro e spostarsi dove il lavoro c’è. Praticamente ho quasi girato tutta la Scozia nei trasferimenti, incluso le Highlands.
Intanto, scopro che la Scozia ha un sistema scolastico molto vantaggioso per gli studenti (fino alla laurea specialistica puoi studiare gratis, se sei residente) e io cullo il desiderio di prendermi una laurea. Finisco le superiori in Scozia e vengo ammessa in una università scozzese nella facoltà di Storia ed Archeologia, uno dei miei sogni. Allo stesso tempo faccio un corso di chef per cui ottengo la borsa di studio e prendo il diploma.
Finisco per lavorare come chef in una coffee room, ma non per molto, perché in tutto questo intrecciarsi di lavori e studi, avevo anche conosciuto un ragazzo scozzese che adesso è mio marito da 3 anni.
Dalla Scozia mi trasferisco in Inghilterra
Mi trasferisco nella contea Cumbria, nel 2013 con mio marito perché lui cambia lavoro. Io vengo accettata all’università di Leicester nel corso di Archeologia Classica e Storia Antica e rimango attiva nel volontariato locale, sia nella comunità che negli scavi archeologici (qui siamo vicini al Vallo di Adriano e ci sono vari scavi di forti romani).
E non lavoro, perché mio marito è molto felice di farmi realizzare i miei sogni e di lasciarmi studiare.
Direi che più che essere ‘Too happy to be homesick’, sono sulla linea del ‘Home is where your heart is’.
Per quanto mi riguarda io sono già a casa da sei anni e non lo ero per gli altri 37 😉
“Il vostro tempo è limitato, per cui non lo sprecate vivendo la vita di qualcun altro. Non fatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere seguendo i risultati del pensiero di altre persone. Non lasciate che il rumore delle opinioni altrui offuschi la vostra voce interiore. E, cosa più importante di tutte,
In qualche modo loro sanno che cosa volete realmente diventare.
Tutto il resto è secondario.” – Steve Jobs
Simona Merlin Chesters
38 Comments
Letta tutto d’ un fiato! Che storia fantastica…brava Simona!!
La sua storia dà tantissima forza a chi deve partire o è già in viaggio in cerca di opportunità migliori.
E intanto io sto aspettando che QUALCUNO scriva la seconda parte della Mary-telenovela sul passaggio dalla Cambogia alla Turchia… 🙂
Bellissima storia! Oggi ho fatto una colazione in compagnia del tuo racconto…super!!!
Anche a me piace fare colazione leggendo le storie di coraggio di persone che ce l’hanno fatta!
bella storia ma purtroppo non mi è piaciuta un’affermazione e vorrei esprimere il mio pensiero…ma cosa significa non mi sono mai sentita italiana….?… ho fatto una breve visita al suo blog…e il post che elenca gli stereotipi è fatto solo per spiegare che Simona non è italiana e non si è mai sentita tale perchè non rientra in questi “giudizi”? vorrei sapere cosa cela tutto questo fastidio, questo odio per il nostro Paese,la nostra cultura… gli stereotipi sono appunto stereotipi…neanche io mi ritrovo in tante cose che generalizzando vengono attribuite agli italiani, ho una passione sfrenata per le lingue e le culture diverse dalla mia, adoro viaggiare… ma non per questo mi vergogno di essere italiana…
siamo uno dei pochi popoli a schifare sempre e comunque il nostro paese, parlarne male è molto facile…i giudizi positivi li lasciamo ai milioni di turisti che ogni anno vengono a visitarci e alle moltissime persone che da ogni parte del mondo decidono di trasferirsi a vivere qui da noi.
amare i viaggi, scoprire nuovi paesi e culture, conoscere persone e pensieri diversi è una ricchezza enorme, è vero l’Italia non è il paese più bello del mondo, ce ne sono moltissimi a tutte le latitudini…ma sono comunque fiera per molte cose di essere italiana….nonostante i tanti lati negativi di questo piccolo e martoriato Paese.
Grazie Ely sempre interessanti e ricchi di spunti riflessivi i tuoi post. un abbraccio
@Vittoria
Non sentirsi italiani significa.. Non sentirsi appartenenti a una cultura e società in cui non ci si riconosce. Punto. Se tu sei orgogliosa va bene così. Ma se hai letto bene il mio post sul blog, chiarifico la cosa molto bene. Non mi puoi dire ‘parlo male del mio paese’ quando per me non è il mio paese.
E una difficoltà molto grossa di chi nasce su suolo italico è ‘accettare il diverso’, sia esso gay, ateo o di altro pensiero. Penso che col tuo post (dove esprimi giudizi, non solo le tue opinioni) mi dai ampiamente ragione 😉
Ciao Simona grazie di avermi risposto, non volevo polemizzare anzi…solo capire come mai una persona dopo essere nata e cresciuta in Italia, in una famiglia italiana e averci vissuto per 37 anni dica di non sentirsi italiana…con questo non intendevo che tu non possa sentirti parte di altre culture e paesi…volevo semplicemente capirne meglio le ragioni…
non mi riferivo a te sulla questione di parlare male dell’Italia parlavo in generale….
l’avermi messa tra gli intolleranti, gli omofobi e i razzisti non ha molto senso, in questo caso sei tu a giudicarmi solo in base a un breve commento, sbagliando completamente persona.
In bocca la lupo per tutto e buona giornata 🙂
Non ci sono ragioni per non sentirsi italiani… Come non ci sono ragioni per essere gay, atei, o altro. Esiste la persona diversa o che sente cose diverse e non c’è bisogno di trovare spiegazioni.
Non è una questione di capire (quindi non ti offendere!) ma è una questione di ‘accettare’. E nella mia ultima frase non ti dò di omofoba o altro, sto solo dicendo che la maggior parte di persone di nazionalità italiana sono state cresciute in un ambiente che rigetta il ‘diverso’ a priori. Tu infatti rispondi con delle domande che non hanno risposte. Non ti chiedere perchè, accetta la persona per quello che è.
Che brutto il mondo se fossimo tutti una copia degli altri e se tutti appartenessimo a degli schemi predefiniti dagli altri.
“con questo non intendevo che tu non possa sentirti parte di altre culture e paesi”, io non mi sento parte della cultura britannica, mi sento britannica, questo è il punto. Un giorno non avrò neppure più la cittadinanza italiana, figurati, è una cosa che proprio non mi appartiene.
Io sono arrivata a casa ….o forse la cicogna aveva il navigatore sballato e aveva sbagliato luogo fin dall’inizio!!
Buone cose a te!
Ciao Vittoria, sono felice che ti sia piaciuto anche questo post!
Riguardo al sentirsi italiani o meno, ognuno di noi è diverso dall’altro, e capisco bene te, che senti di appartenere alla terra in cui sei nata, così come comprendo Simona che si sente British a tutti gli effetti.
Forse il fenomeno può essere spiegato – a parte con la teoria della cicogna con il navigatore che non funzionava, quel giorno 😀 – con il fatto che alcuni di noi si sentono più vicini a un’altra cultura, mentalità, cibo e tutto, rispetto a dove sono nati.
Per quanto mi riguarda, dopo alcuni anni vissuti in Albania mi sentivo più albanese che italiana. Cosa che poi è cambiata dopo aver vissuto in Medio Oriente: ci sono stati momenti in cui sono stata felice di provenire da dove provengo, e di aver ricevuto un’educazione di un certo tipo. E questo esula dai problemi legati agli italiani, dagli stereotipi, dalla loro chiusura mentale (vera, purtroppo) e da un certo lassismo.
Comunque il bello della vita è che possiamo viverne tante, cambiare e trovare noi stessi – e magari scoprirci americani o neozelandesi nell’animo -, e Simona ne è la testimonianza.
@Eli
Hai spiegato tutto perfettamente e meglio di me che ho usato tre commenti! 😉
ah ah 😀
Quella tua Simona è una bellissima storia e ti faccio i complimenti per la tua capacità di non demordere e ricominciare sempre… D’altro canto anche quanto detto da Vittoria è vero, siamo forse l’unico popolo al mondo a disprezzare sempre il nostro Paese. Forse dire che non ti senti italiana è una espressione un po’ forte, anche perché quello che sei ora forse lo devi anche al fatto di essere stata italiana per 36 anni… Cmq, è solo la mia opinione, buona continuazione e complimenti ancora!
“siamo forse l’unico popolo al mondo a disprezzare sempre il nostro Paese”
Come sopra, non disprezzo un paese o una cultura che non riconosco come mia. Soprattutto, non la disprezzo dicendo ‘non mi sento italiana’, stabilisco una mia identità personale.
“anche perché quello che sei ora forse lo devi anche al fatto di essere stata italiana per 36 anni”
Quello che siamo è deciso da noi, le nostre idee, come ci sviluppiamo, ecc. Dire che il nostro background culturale ci ‘costruisce’ è sbagliato. Direi che grazie a Dio sono così, dato che mi sono integrata nel paese in cui vivo in maniera ottimale. Come dice l’articolo, ripeto.. ‘Sono arrivata a casa’. Queste sensazioni, concordo, si spiegano male a sconosciuti, ma per me sono reali e vissute.
Come ti senti tu ‘italiano’, per esempio? (al di là degli stereotipi, ovviamente…)
Tra l’altro, conosco diverse persone, anche italiani/italiane espatriati qui in UK, che non si sentono italiani, nè si sono mai sentiti… quindi non sono neppure l’unica.
E’ vero, Christian, la capacità di Simona di non demordere e andare avanti è sorprendente!
Dopo aver ribadito “Sono arrivata a casa”, è evidente che il concetto di Albert Camus “È noto che la patria si riconosce sempre al momento di perderla” non faccia più per lei 🙂
Si però non arrabbiarti, io ti ho fatto pure tanti complimenti! 😀
Scherzi a parte, prendo atto di quello che dici, anche se non sono d’accordo quando dici “il background culturale non ci costruisce” …invece ci costruisce eccome, prova a far crescere un neonato nella giungla, non imparerà neanche a parlare. Cmq prendo atto che la pensiamo diversamente e va benissimo così, e aggiungo che ammiro molto la tua determinazione. Saluto caramente sia te che la padrona di casa Eli, poichè prima maldestramente non l’ho fatto 😀 Bella storia davvero, a presto!
@Christian Innanzitutto, scusami se non ti ho ringraziato per i complimenti prima!! Non ero assolutamente arrabbiata, hai pure il nome di mio fratello. Il background culturale non ci influenza più di tanto. E’ quello familiare a fare la differenza o così lo percepisco io. Mia mamma era una fan di musica e cinema americani, al punto che le canzoni o film italiani che mi piacciono si contano sulle dita di una mano. Entrambi lei e suo padre erano ‘esploratori’ di carattere, e tutti e due vivevano in Italia perchè ci erano nati e non sapevano le lingue, quindi trasferirsi all’estero era un problema. Pensa che mia mamma ha ora 76 anni e vorrebbe vendere tutto e trasferirsi qui. Credo che il mio ‘non sentirmi italiana’ o fuori posto sia più ereditario che frutto di un background culturale. Un saluto e Auguri per il futuro! 🙂
Grazie Christian, con un abbraccio saluto anche te! 🙂
Brava! la penso come te! sono di Firenze, e adesso vivo a Chester. sottoscrivo quello che hai scritto. Non mi sono mai sentita italiana in vita mia. Mi sono sempre sentita un pesce fuor d’acqua. Mi sono sempre interessata a cose che alla maggior parte degli italiani non interessa, e come si sa, in Italia il diverso non piace.
Qui sono tutti ben accetti, c’è posto per tutti.
Mi piace come le persone qui sono propositive invece che distruttive.
Una coppia di signori inglesi (che sto aiutando a conversare in italiano), mi hanno spinto ad aprire il mio blog, per aiutare altri italiani come me soli soletti in Inghilterra.
Mi è piaciuta tanto la tua storia! immagino alla fine i tuoi saranno contenti che ti sei trovata marito! E che marito! brava! sono contenta per te!
un abbraccio!!!!
Katia
Che bello ciò che hai scritto, Katia! “Qui sono tutti ben accetti, c’è posto per tutti.” è ciò che fa la differenza tra l’Italia e tanti paesi più aperti.
Ci sono anche luoghi peggiori del nostro, sia ben chiaro, ma noi le evitiamo, no?
Un abbraccio e la tua storia è bellissima, dovresti raccontarla nel mio blog!! INVITO 😉
“Mi sono sempre interessata a cose che alla maggior parte degli italiani non interessa, e come si sa, in Italia il diverso non piace.” La storia della mia vita in una frase 😀
Sì come dice Ely, i paesi che sono peggio dell’Italia li evitiamo!
In bocca al lupo per tutto a Chester, Katia e grazie del commento! Ho trovato il tuo blog e seguirò le tue avventure! 🙂
Simona
P.S. Mia mamma contentissima, non parlo con mio padre da un decennio (uno di quelli per cui i ‘diversi’ non hanno diritto di esistere!)
Io sono un po come te, legata ai miei sogni e purtroppo faccio fatica a sentirmi italiana… adesso sto studiando e a breve dovrei laurearmi e non vedo l’ora di salpare per altri luoghi, la mia famiglia se ne è ormai fatta una ragione, è da quando sono bambina che ho questo obiettivo e spero di raggiungerlo! Sei un grande esempio, continua così! 🙂
Michelle, in inglese c’è un detto ‘The world is your oyster’, letteralmente “il mondo è la tua ostrica”, il cui significato è che hai la possibilità e la libertà di fare qualsiasi cosa o andare dovunque vuoi. Anche io ero piccolina e volevo viaggiare. Chi ti ama, accetterà chi sei e dove vai, se tu sei felice. La lontananza pesa, vero… ma persino mia madre l’ha accettata. In bocca al lupo!
Michelle, concordo con Simona: il mondo è tuo! Soprattutto se quello è un sogno che hai fin da bambina. I sogni di quando eravamo piccoli sono la nostra essenza.
@Simona: Ma quindi la Oyster Card della metropolitana di Londra significa che con quel pass hai il mondo in mano? 😉
Yes, anche quello! Ho dovuto guardare su wikipedia perchè non lo sapevo! 😀
Anch’io ho guardato, adesso: abbiamo imparato una cosa nuova!
Comprendo cosa significhi sentirsi”non appartenenti” ad un luogo cultura o paese. Puoi anche sforzarti di appartenere cmqur ti sentirai come un corpo esterno. È un immenso dono quello di trovare risposta in un luogo. Il piu delle volte ogni vita è vissuta come fossimo esiliati da un luogo che non è fisico
“È un immenso dono quello di trovare risposta in un luogo” Vero e sono consapevole del regalo che mi è stato fatto 🙂
Grazie Eli e Simona per aver condiviso questa bellissima storia! Ho pianto perché è bellissima questa forza che trasmette! Mi sono rivista in diversi tuoi sogni come l’archeologia e il canto. Continua a cantare e non fermarti mai! Anche se non sarà il tuo lavoro o magari si! Anche io da un bel po’ guardo la Scozia. Hai avuto tanto coraggio e c’è sempre una nuova possibilità ad ogni età! Magari non ti senti italiana semplicemente perché ti senti cittadina del mondo come molte viaggiatrici. 😀 Vai fortissima! un bacione!
@Mary Hai assolutamente ragione! Mi sono sempre sentita cittadina del mondo fin da bambina… Mi affascinano tutte le cose bellissime della natura, della storia, del mondo animale, paesi lontani! Fai un sopralluogo in Scozia prima di decidere, è molto bella da visitare 🙂 In quanto al canto, sto pensando di entrare in un coro locale… tentazione è forte! in bocca al lupo!
Abbiamo tutti gli interessi in comune!!! *.* Certo devo vedere se la Scozia mi colpisce come nelle foto ma immagino già di si! 😀 Beh lasciati tentare!!! ;)))) grazie e buona fortuna anche a te! 😀
Ciao MaryG.C.!
Io lo dico sempre, che prima di decidere di trasferirsi in un posto, è necessario andarci e capire se, a pelle, fa per noi. Ci sono persone che mi scrivono che vorrebbero trasferirsi in Oman, chiedo loro se sono già state in Oman, rispondono “No”. Ecco: meglio che prima facciano una vacanza da quelle parti 😉
Il canto, la danza, il teatro, la scrittura: si riuscisse a vivere delle proprie passioni, sarebbe perfetto.
Storia molto bella, soprattutto per l’ostinazione che contiene, la tenacia di perseguire una verità di sé che forse va anche oltre la comprensione della proprietaria. Estraneità e appartenenza sono sensazioni molto viscerali, che è difficile e spesso inutile spiegare. In bocca al lupo, Simona, e un grazie a Eli! 🙂
Grazie!! 🙂
Ciao Grazia! Sono d’accordo con te 🙂
Penso che quello che siamo veramente prima o poi salta fuori, anche se cerchiamo in tutti i modi di prendere tempo per mantenere il “quiete vivere”.
Complimenti Simona per la tenacia e il tuo reinventarti continuamente.. Ti stimo per questo!
Sono d’accordo, Francesca: più tenti di chiudere il coperchio, più ciò che sei verrà fuori con tutta la sua irruenza. Il quieto vivere è una trappola.
Vero Eli! Grazie Francesca per i complimenti! 🙂