Spesso mi viene chiesto se tornare in Italia è stata la scelta giusta, o se mi sono pentita.
La mia risposta è: Sì. Ho fatto la scelta giusta.
Chi sceglie di tornare, di solito lo fa dopo sofferenze indicibili. Così fu per me, lo scorso giugno: arrivai a scrivere l’articolo Quando il viaggio è un ritorno a casa dopo aver trascorso un mese di riflessioni, ripensamenti, paure, ansie e orgoglio che ribolliva. Perché decidere di fare un passo indietro rispetto a una scelta fatta non è una passeggiata: è una maratona di New York.
Significa rimangiarsi tutto, dire a se stessi che il piano non è andato come si pensava, che bisogna ricominciare da capo. Oppure, dire a se stessi che si è semplicemente stanchi e si ha bisogno di riprendere fiato.
Se è difficile ammetterlo a se stessi, ancora più difficile è doverlo ammettere di fronte a parenti, ex colleghi e gente che già ai tempi storceva il naso. Non è difficile ammetterlo, invece, agli amici: se sono veri, loro sanno cosa bolle in pentola. Sanno che sarà solo un passo indietro per poi ripartire meglio.
Dice bene Monia Papa di Calamo Scrittorio: “Indietreggiare per avere una visione d’insieme e riservarsi il diritto di ricredersi su qualcosa. Che non significa rinnegare. Ma sapere quando è il caso di cambiare e quando è il caso che cambiare equivalga a ritornare a uno stato precedente.”
Perché “è importante tener traccia di dove ci si trova, di dove si era e di dove si vuol andare. Siamo il frutto di ciò che abbiamo fatto, ma anche di ciò che possiamo scegliere di rifare e di migliorare.”
L’altro giorno rileggevo il blog della mia amica Patty, Bonifici e Sogni, per vedere a che punto fosse lei, una bancaria in aspettativa in Sardegna da un anno e mezzo. Ho scoperto che anch’ella farà un passo indietro, per andare avanti dopo, più forte: tornerà ai bonifici per ripartire coi sogni.
Siamo partite, ci siamo lanciate, abbiamo fatto il primo passo: quello ha fatto la differenza tra chi si lamenta della propria situazione ma non fa nulla, e chi tenta e si butta.
La scelta mia, di Patty e di chi sceglie di fermarsi per un po’ dopo un’esperienza che ha cambiato la vita, porta avanti più di prima. Ora vi spiego il perché.
Da quando sono tornata:
1. Ho ripreso in mano il mio blog
In viaggio non scrivevo quasi più: la mia barca si era arenata in Oman, bloccata da un’ancora interiore che non riuscivo più a levare. Mi ero accorta che le mie passioni – lo scrivere, lo yoga, l’attività fisica – erano state soppiantate da un lavoro bellissimo, ma che non era in realtà il mio sogno. Almeno, non da svolgere a tempo pieno. Ero partita per inseguire un sogno, non un lavoro qualunque, basta espatriare.
2. Ho le idee chiare su ciò che non voglio
Quando partii, lo feci senza un piano preciso. Ricordo che dissi a mio padre: “Mi prendo un anno sabbatico perché io sono una creativa, e la scuola sta uccidendo quella che sono.”
La sua reazione l’avevo già descritta ne Il coming out del sognatore (I creativi muoiono di fame! fu la sua risposta), ma l’importante era partire. Fare quel primo passo che poi cambia la vita. La prima volta che si parte, si parte così: senza un’idea precisa. Il mondo è un labirinto, e si cerca l’uscita un po’ alla cieca. E’ il bello della prima volta: si vive la libertà nel suo concetto più pieno.
La sensazione è come quella che dicono provi il bambino quando esce dal grembo della madre:
In due anni in giro per l’Asia, ho testato varie cose e ho capito ciò che non voglio fare: ad esempio, non voglio più insegnare, e non sono interessata ad aprirmi un tour operator e lavorare come una pazza per diventare ricca (in un paese che non mi rende felice). Queste sono solo due delle cose che ho capito in viaggio.
Inoltre, tornando ho chiarito un dubbio che mi era sorto in Oman. Tra un tour e l’altro avevo cominciato a provare nostalgia dell’Italia, e mi era sorto il dubbio che sarei dovuta tornare a fare l’insegnante di ruolo, e addio tutto. Invece, una volta qui ho compreso che quel pensiero era nato solo dal fatto che non fossi soddisfatta della vita che stavo facendo. La lontananza falsa i ricordi.
Quindi: mi fermo, mi riposo, aggiusto il tiro rimodellandolo su ciò che sono ora, e riparto con un nuovo progetto.
3. Ho le idee chiare su ciò che voglio
Voglio scrivere con più costanza, perché questo mi rende felice. Vorrei provare strade nuove, e non necessariamente che abbiano a che fare con la scrittura. Voglio non fossilizzarmi su un paese solo e lì mettere su casa e lavoro, perché poi so che dopo un paio di anni mi stufo. Ho capito che vorrei tentare la strada del lavoro da nomade digitale – che non deve essere per forza solo sul web.
4. Sono più forte
Lo sono perché ora so che posso scegliere, e che se voglio avrò il coraggio di provarci di nuovo.
Seguire il cuore, fare il primo passo e lanciarmi nel vuoto è stata la cosa più intelligente che potessi fare. Perché anche se sono tornata (per un tempo lungo o breve, chissà), non sono più la ragazza paurosa di prima. Sono una donna che ha imparato a volersi bene.
5. Mi sono venute nuove idee e nuovi sogni
Lo sapevate? I sogni cambiano.
A dodici anni sognavo di fare la missionaria. A quindici anni volevo diventare una ginnasta. A diciannove sognavo di fare la modella. A vent’anni di diventare insegnante di storia dell’arte. A venticinque di lavorare per le Nazioni Unite. A trentacinque di insegnare inglese all’estero. A trentotto la missionaria l’ho fatta davvero. Oggi ho voglia tornare alla mia passione sviluppata dagli anni dell’università in poi: il fitness. Unendolo a nuove passioni nate in viaggio.
Come il nostro corpo cambia, così i nostri sogni. Questi ultimi, cambiano in proporzione a quanto impariamo a conoscerci.
Ha detto bene Nina di Leaving the Old Way: “E se morissi senza sapere di essere la migliore violinista del mondo?”. Ciò significa “fare una scelta non dettata dalle convenzioni sociali, ma semplicemente provare a essere.”
6. Ho capito una cosa fondamentale:
Mi sono accorta che quella sezione è l’unica che negli anni non è quasi mai cambiata. So che volete leggerla, eh? Eccola:
Interessi
Scrittura e fotografia, Viaggiare, Letteratura di genere e di viaggio, Autobiografie di donne, Danza classica, Musica, Fitness, Yoga, Training Autogeno, Meditazione.
Questa è l’unica parte che mostra al datore di lavoro chi ha davvero davanti. E infatti guarda un po’: tutto ciò che sono sempre stata sta tornando a galla. Gira e rigira, mi sto avvicinando a quella che sono.
Dopo aver assaporato la libertà, tornando in “cattività” vengono nuove idee che manco vi immaginate. Queste nuove idee portano a pensare una sola cosa: è ora di provare qualcos’altro.
Cosa ne pensi? Scrivimelo qui sotto: i commenti sono il nutrimento del mio blog.
49 Comments
Questo e’ un articolo che vorrei aver scritto io…bello, fluido e profondo! Anche nella mia vita ci sono stati dei passi indietro (voluti o dettati da necessita’)…e tutte le volte sono ripartita, con uno slancio sempre maggiore, verso nuove avventure. Adoro il cambiamento e tutto cio’ che implica un’evoluzione…
Grazie Roberta! Anch’io adoro il cambiamento, la routine (anche quella interiore) non fa per me. Come scrisse Thomas Mann ne “La morte a Venezia”, Un’evoluzione è un destino.
Fare qualcosa è sempre più fruttuoso di non fare nulla e se poi cambi idea non è mai un tornare indietro ma sempre una evoluzione rispetto al proprio percorso. Infatti poi si può ripartire ma con una maggiore consapevolezza del cammino che si intende fare. Claudio
Ciao Claudio,
sono d’accordo con te: è una evoluzione comunque, che si decida di andare avanti o di fermarsi o fare un passo indietro. Perché non si è più le persone di prima.
Una volta assaporata la libertà se si torna indietro è solo per rivivere il gusto di riassaporarla nuovamente! Condivido con te, in fondo, come anche nello yoga, è dalla posizione apparentemente non confortevole che si può trarre beneficio: al momento non lo percepiamo ma arriverà! Anche io sono intollerante alla vita stabile. Ne ho segnali quasi ogni giorno e non sai quanto ho bisogno di aria nuova. Mi fa quasi paura.. Un abbraccio e spero di incontrarti dal vivo presto in qualche parte del mondo! 😉
Infatti: sto proprio rivivendo le stesse sensazioni di qualche anno fa, quando tutto mi stava stretto. Oggi non mi sta più tutto stretto come un cappio: diciamo come un paio di leggings! Bella la metafora dello yoga. Se hai bisogno di aria nuova – al punto da scriverne spesso – direi che l’ora del cambiamento si sta avvicinando.
Anch’io spero ci incontreremo, prima o poi! Magari in Kenya, dove non spira il vento gelido del nord olandese: così poi ti lego a un baobab e sarai obbligata a restare 😉
Mi piace molto questa tua “svolta” che non e’ assolutamente retrocedere ma tutt’altro stai avanzando versi te stessa
Anche io sto pensando di riaprire un mio vecchio blog e di seguire la sezione “interessi” del mio cv
Ciao
Mauro
Ciao Mauro! Sono proprio felice se seguirai il tuo vero interesse: è lì la chiave della felicità. Fammi poi sapere se riapri il blog, che voglio leggerti.
[…] Francesca ed Eli per avermi ispirata per questa riflessione, è come se questo vento gelido del nord abbia ancora […]
Quanta verità!! Anch’io da quando scrivo sul blog non smetterei più.. e capisco solo ora lati della vera me, di ciò che mi piace fare.. dei miei interessi.. Non è mica semplice capirsi, c’è chi lo fa prima e chi dopo.. l’importante è fare ciò che ci sentiamo di fare !! Continua così:)
Ciao Dany! Non è semplice, ma meglio tardi che mai. E’ raro, comunque, che si abbiano le idee chiarissime già a 20 anni. Meglio quindi fare ciò che ci fa stare bene, un periodo alla volta 😉
grazie Eli,
sei fantastica! grazie x condividere i tuoi pensieri, che mi fanno sentire viva, ma sopratutto mi fanno capire che non sono sola e matta!! 🙂
😀 Siamo tutti matti qui: sei in buonissima compagnia.
Grazie a te!
Mi rispecchio molto nelle numero 4 e 5. Sempre bello leggerti, Eli! baciiiii
Sapevo che dall’Argentina saresti tornata forte e piena di sogni nuovi: un’esperienza all’estero lascia sempre un segno nell’anima.
Baci anche a te!!
è sempre bello leggere queste riflessioni, è come se leggessi i miei stessi pensieri
grazie 🙂
Sono felice per questa empatia! 🙂
Andare, fare, cambiare idea, ritornare, leggere, pensare, scrivere, ripartire.
Ripetere la sequenza.
Dicono che penso solo a me? Il contrario.
Esercito il diritto per la ricerca della felicità.
E se sto bene io stanno bene le persone che mi stanno intorno.
Come sempre: hai ragione. Il diritto per la ricerca della felicità dovrebbe essere il primo di tanti che ci spettano, ma che spesso non esercitiamo mai.
… bello! Sai che lo aspettavo e un pochetto era così che ti vedevo ora in Italia, senza pentimenti ma con nuove prospettive
Speriamo però che questo non implichi rimandare ancora il nostro incontro 🙂
Ah no, ormai l’ho promesso e vengo! Anche perché sono mesi che ho la Birmania che mi gira per la testa, e per tornarci dovrò passare da Bangkok a fare il visto 😉 Conoscendomi, se ho nuove prospettive, non resisterò in Italia oltre l’anno!
Quando ho letto il titolo mi sono detta “Non ci credo che ha trovato 6 buoni motivi per tornare in Italia” ma io sono troppo dalla parte della Eli pre-anno sabbatico.
Anche io sto morendo dalla voglia di fare un’esperienza simile ma per qualche motivo sono un pò bloccata… fatto sta che ho bisogno della mia boccata d’aria e so che prima o poi arriva, più prima che poi perchè sto arrivando al limite.
“Siamo partite, ci siamo lanciate, abbiamo fatto il primo passo: quello ha fatto la differenza tra chi si lamenta della propria situazione ma non fa nulla, e chi tenta e si butta”
Questa frase è bellissima e chi non ha questo desiderio dentro, chi non sente il bisogno di cambiare davvero non può capirlo…
Un abbraccio!!
Non ci avrei creduto neanch’io quand’ero tornata, sei mesi fa! Il fatto è che io, dentro, sono sempre la Eli pre-anno sabbatico: i sei buoni motivi bastano quindi per resistere un anno solo. Poi il sabbatico che è in me prende il sopravvento 🙂
Grazie e un abbraccio anche a te, che sono sicura inizierai il tuo, di anno sabbatico, non appena verrà il momento. Ovvero quando supererai il limite.
Eli cara Eli spero infinitamente tanto di trovare abbastanza coraggio e motivazione per sopportare la banca .Perché coraggio ci vuole, molto più di ora che sono in giro al mare a scattare fotografie d’inverno… Mi fido di te. Torno, perché devo, e conto di riorganizzarmi per riandare. In bocca al lupo a noi !!!
Patty, so cosa provi, e ti dico che il coraggio e la motivazione ti verranno quando sarai là. Una volta ricominciato il lavoro in banca (e superato lo shock iniziale – tanto – di tornare a una vita che non ti appartiene più), tutto scorrerà se avrai un nuovo obiettivo, quello che ti porterà al passaggio successivo della tua vita. Anch’io mi fido di te, e so che partorirai una nuova idea che andrà meglio della seconda. Perché tu ora sei una persona diversa.
Fantastico, ho quasi pianto! E’ bello sapere di non essere l’unica a non riuscire ad adattarsi ad una strada semplice e sicura, ma nemmeno ad un traferimento oltreoceano per tentare la fortuna!
Come dici tu, anche la mia felicità è racchiusa in quelle poche parole che riempiono la casella ‘Interessi’ del mio cv. Mi chiedo solo quando ho intenzione di muovermi a dedicar loro maggiore spazio….
Un abbraccio 🙂
Grazie Antonella! Di solito si aspetta sempre troppo ad andare incontro alla propria felicità, come se non essere felici fosse una condizione così naturale da diventare la normalità. Per questo, spesso, si attende tanto per decidersi. Un abbraccio a che a te!
Cara Eli, é sempre un’emozione leggerti. Credo che la vita sia sempre un po’ cercare tra estremi, fermarsi e sognare di viaggiare, viaggiare ed essere colti da nostalgia e desiderio di fermarsi. Che non significa affatto “essere mai contenti” ma piuttosto che ci sono momenti giusti per ogni cosa: c’è un momento per fermarsi e riflettere e ci sono lunghi momenti di azione in cui non si ha tempo per farsi domande. Sarò curiosissima di scoprire la tua versione di Nomade Digitale. Buona ricerca 🙂
Ciao Roberta, sono d’accordo con te: siamo un continuo oscillare tra ricerca e azione.
Quando avrò finito la mia ricerca, sarà ora di ripartire. E tu, in che momento sei?
Cara Ely… che bello leggere queste tue riflessioni. Chi ha detto che tornare indietro sia una cosa negativa? È un passo in ogni caso. È un nuovo viaggio, come scrivi tu. Dopo l’anno sabbatico dedicato al tuo viaggio interiore sarai più forte di prima e allora potrai ripartire con una carica del tutto diversa. Anche a me è capitato di fare dei passi indietro per poi fare dei balzi in avanti straordinari.
E poi, il fatto che tu ti stia dedicando al tuo blog mi riempie di gioia perché posso leggerti ☺☺☺
Quindi grazie!
Ciao Assunta! Grazie a te, perché il tuo blog tocca temi così affini al mio modo di vivere la vita, che attendo sempre la newsletter settimanale. Abbiamo molte cose in comune, tra cui la volontà di alzarci alle cinque del mattino per non sprecare neanche un minuto dei nostri anni sabbatici 🙂
Eli, il fatto di leggerti ogni volta mi mette gioia. Sono seria eh, giuro! Sono proprio felice che hai ripreso a scrivere. E come sai, anche io ho subito un po’ di cambiamenti, è passato tempo e sto iniziando ad avere ben chiaro cosa voglio e cosa non voglio (ora, perché poi magari cambierà). Noi cambiamo e le strade cambiano con noi, non è mai solo uno il percorso tracciato. E non c’è nulla di male (mi hanno insegnato ed è una delle cose che più tengo stretta al cuore) a tornare indietro, prendere fiato, capire, e riniziare. E cambiare strada magari. Quello che vediamo come “scendere a compromessi” a volte non lo è, ma è solo un modo per darci tempo per raggiungere qualcosa di più alto. Ok, finisco qui. Vorrei tanto incontrarti. A me sembrano 6 ottimi motivi, che condivido uno per uno. 🙂
Ti abbraccio.
Grazie Luci! Eh sì, l’espressione “scendere a compromessi” fa paura, ha spesso un’accezione negativa. Io stessa non scendo quasi mai a compromessi. In questo caso, però, è stato fare un regalo a me stessa, uno scendere a compromessi con me. E io avrei almeno una decina di motivi per cui incontrarti, per cui spero proprio che prima della mia partenza questo desiderio diventi realtà 🙂 Ricambio l’abbraccio di cuore.
“traduttrice volontaria per sito a difesa dei diritti delle donne afghane, appassionata di giornalismo, viaggi e fotografia” questo trafiletto è quello che più mi rappresenta delle tre pagine del mio CV. Solo ora che mi sono fermata a guardare indietro, mi sono resa conto che la mia persona con l’analisi finanziaria c’entra ben poco e trovare un equilibrio è necessario per non snaturarsi. Fermarsi, tornare indietro per poi andare avanti è da coraggiosi, non è mai un fallimento.
Pensa, Franci: tre pagine di curriculum potrebbero essere riassunte in due righe, e invece si sta sempre a scervellarsi per abbellire il CV. Quando invece la bellezza sta già tutta lì!
A volte leggo storie di persone che prima facevano un lavoro, poi hanno dato una svolta alla propria vita e sono diventate tutt’altro, facendo cose che non c’entravano proprio niente con ciò che facevano prima. Sono piccoli miracoli che lasciano intravedere quanto sia possibile tornare a ciò che siamo, se lo vogliamo davvero.
Questo tuo post è bello non solo per le parole che ha scritte dentro ma anche per quelle a cui cambia significato: alla parola “fallimento”, per esempio.
Perché se il “fallimento” è solo una mancanza allora più che una sconfitta è un necessario campanello d’allarme: non possiamo rattoppare i buchi che abbiamo dentro finché li teniamo sigillati con degli scarsi succedanei, salvo poi ritrovarci a perdere tutto perché non siamo stati in grado di colmare le nostra lacune.
Mi piace poi davvero tanto leggere “ho capito ciò che non voglio fare”. Perché mi piace l’idea che ciò che si è e ciò che si vuole diventare sia qualcosa che si può costruire come si farebbe con una statua da un blocco di cemento: per successive eliminazioni.
E mi piace anche leggere “i sogni cambiano” perché quello stesso blocco di marmo può assumere, anche in successione nel tempo, molteplici forme differenti senza che una forma sia migliore dell’altra. Sono solo diverse.
Verissimo pure che “la lontananza falsa i ricordi”. Fortuna che quando diventi “una donna che ha imparato a volersi bene” allora capisci che l’unica verità a cui credere sempre è il tuo sorriso.
Grazie Monia per la bellissima riflessione, a cui non aggiungo nulla perché è tutto scritto lì, tra i tuoi pensieri.
Mi piace molto l’idea del blocco di cemento, che forma la statua per eliminazione: mi sto sentendo davvero così.
Bellissimo post, Eli, grazie!
Quante partenze e quanti ritorni facciamo nella vita, a volte senza rendercene conto, tanto più se pensiamo che la vita è un viaggio continuo, un giorno dopo l’altro, anche per chi non si è mai mosso da casa e dalla città dove è nato. Per me la parola fallimento non esiste, tanto più se collegata al ritorno. Qualsiasi ritorno è compiuto comunque da una persona diversa rispetto a quando sei partito. Gioco di parole? Vita! Scegli tu…
Grazie Gloria!
Hai detto bene: si torna da qualunque viaggio – anche interiore – che si è davvero un’altra persona.
E’ bello sentire che non hai bisogno di rinnegare, osannare o romanzare ciò che hai fatto. Sono proprio curiosa di vedere dove ti porta il tuo “filo”. 😉
Anch’io sono curiosa, Grazia! Al momento non ci penso e vivo alla giornata, il 2015 è un altro anno 😉
Carissima Eli come mi sono ritrovata in cio che scrivi (e quando non succede?) penso anche che bisogna stare lontani per capire cio’ che davvero fondamentalmente ci manca, e non e’ detto che se torniamo poi ne siamo ancora convinti. Ma una cosa e’ certa, non si puo’ fare tutta la vita la stessa cosa, le passioni sono il nostro input alla vita, cambiamo continuamente, siamo spesso incoerenti ma questa non e’ sindrome bipolare come qualcuno afferma, e’ solamente l’essere umano! Anche io ora in India sento voglia di tornare perche’ mi mancano tutti e non so dire quanto…pero’ so che se torno non ho un lavoro,so che sarebbe un modo solo per accontentare qualcuno…momentaneamente. Io ora devo fare questa esperienza, qualcuno la chiama vacanza, io la chiamo viaggio interiore, perche’ ho capito moltissime cose, sono ancora io, ma con qualcosa in piu e molte paure in meno. Conta tutto, come dicevi anche questa esperienza nella missione, perche’ aiuta a capire con chi non voglio avere a che fare un giorno nel mondo del lavoro,credo non ci sia busta paga che tenga quando vieni maltrattata,specialmente sottilmente, quando non puoi sfogarti, quando non puoi evadere,ecco il mio motivo dei perenni brufoli che solo ora stanno andandosene dal mio viso. Rabbie represse, delusioni e frustrazioni. Siamo fatti non x stare sottomessi e stare infelici, siamo fatti x condividere e se qualcuno non ci merita…semplicemente allontanarci perche’ quello non e’ il nostro posto. O tutto e’ in sintonia o qualcosa stona. Comunque questo post lo inoltro a tutti certamente. Grazie di darci forza! e come x tutte le cose importanti…basta poco!
Che bella riflessione, Laura, grazie!
Vacanza, viaggio interiore, anno sabbatico: nomi diversi per indicare esperienze che possono cambiare la vita, le proprie passioni, o le idee che avevamo e ora non abbiamo più. I brufoli, ogni tanto tornano! Io avevo passato un periodaccio in cui il fegato mi si sfogava con brufoletti sulla fronte. Andata in Cambogia, cambiato vita e anche pelle 😉 Hai proprio ragione: o tutto è in sintonia, o qualcosa stona, e quando stona, aria!
Ciao Eli, anche io sono una sognatrice (canzone di the tallest man on earth ‘I am a dreamer’) e stavo cercando su internet esperienze di cambi radicali di vita. Ho trovato siti in cui si parla di italiani che cambiano vita emigrando. Io mi trovo in Belgio da 6 anni, ho 4 figli di cui 2 nati qui, e mi sono talmente radicata che ho paura che la vita mi passi davanti senza che io me ne accorga. Trovo interessante quello che racconti nel tuo blog. Il coraggio di tornare. Sono diventata una burocrate europea, ben pagata e i miei figli sono bilingue. Il mio sogno adesso è tornare in Italia, magari a sud, da dove viene mio marito (compagno) e organizzare un centro di attività e vacanze per stranieri con bambini. Non è un progetto molto razionale, e le paure sono tante, dalla sanità carente, alle tasse, agli orari. Ne varrà la pena?
Ciao Fedek! Sono contenta che tu sia approdata sul mio blog.
Mi ha colpita la tua affermazione “Sono diventata una burocrate europea”: di solito, diciamo “sono una insegnante, sono una bancaria…”. Quel sono diventata mi ha fatto scattare un campanellino, perché è come se tu avessi voluto dire “Ecco, sono diventata questo, la vita mi ha portata fino qui, ma io adesso vorrei fare altro”. Infatti, poi riveli il tuo sogno. Credo non sia facile aprire qualcosa nel sud Italia, anche al nord sia chiaro, ma laggiù credo ci siano ancora più difficoltà. Però, se questo è il tuo (vostro?) sogno, perché non provare? Prima di mollare tutto potreste fare dei giri di ricognizione per vedere com’è il terreno, e vedere se la cosa è fattibile. Poi magari fate il primo passo, e vi verranno altre idee, o il tuo sogno prenderà un’altra piega. L’importante è non rimanere fossilizzata in Belgio, che tanto se stai cercando cose su internet su cambiare vita, vuol dire che è ora di una svolta.
Ciao Eli, ho scoperto il tuo blog da poco, è veramente molto interessante, grazie per condividere le tue esperienze!Quando ti leggo mi sembra di parlare con un amica molto simile a me…..
Anni fa ho fatto la stessa esperienza del ritorno, del indietreggiare per saltare di nuovo. All’epoca il mio sogno era l’italia…sembra strano, ma per me che sono belga è diverso.Sognavo il sole, il mare, le città bellissime e il cibo, un vita a colori fuori dal griggiume del mio paese.Cosi ho fatto l’erasmus, a Roma, e diverse esperienze e tentativi per trasferirmi laggiù.Ma a un certo punto, mi sono trovata bloccata..ero a Roma, la città dei miei sogni, ma facevo una vita assurda, tre lavoretti, sempre senza soldi, stress, un fidanzato lontano e nessuna prospettiva di fare quello che allora mi interessava davvero: lavorare con i migranti e i rifugiati!Allora l’ho fatto, sono tornata a Bruxelles, per 4 anni!Ho iniziato a lavorare con i migranti e fatto esperienze che mi hanno fatto crescere, ma senza dimenticare il mio sogno!E poi ho ricominciato a cercare un lavoro in Italia, con più esperienza, una specializzazione italiana conseguita a distanza dal Belgio e nuove prospettive…alla fine c’è l’ho fatta!Mi sono trasferita a Genova, dove ho trovato lavoro in un centro di accoglienza per rifugiati , ci vivo da ormai 9 anni!E ora? proprio come dici tu, i sogni cambiano, io vivo dentro il mio sogno, ma ora mi sta stretto.Mi sono colpevolizzata molto per questo, pensavo ma come?Ho lasciato il mio paese, un amore e fatto tutti questi sforzi per venire a vivere qui e ora non mi va più..sarà impazzita.ma grazie a te ho capito che va bene cosi, ora voglio un altro sogno:non so ancora esattamente cosa farò…..ma so che ho bisogno di cambiare.Voglio viaggiare, conoscere i paesi di tutte quelle persone che ho conosciuto in anni di lavoro e magari andare in Urugay ad aprire un beershop…..e se si ha un sogno bisogna iniziare da qualche parte.Cosi a primavera andrò in Senegal…in barba alla crisi e alla ragione che mi dice di non spendere risparmi……
Grazie ancora per i tuoi articoli
Ciao Caroline! Innanzitutto benvenuta e sono contenta ti piaccia il mio blog.
La tua storia è davvero molto interessante: non avevo ancora sentito la storia di una ragazza straniera il cui sogno fosse l’Italia: di solito qui si parla di noi italiani che vogliamo andare altrove.
Mi rivedo molto nella tua esperienza di vita e credo proprio che non ci si debba affatto colpevolizzare se i sogni sono cambiati. Si cresce, si matura, si fanno nuove esperienze, e si ha voglia di altro, di andare avanti. Stare fermi non fa per noi. Allora andiamo!
Um abbraccio grande e in bocca al lupo per il tuo nuovo sogno.
Dio santo quanta energia trasmetti!
Grazie Francesco! 😀